Libri in pillole

“La valle dell’Eden” di John Steinbeck: recensione libro

Mentre scorrevo le pagine di questo libro, che ho letto senza fretta prendendomi tutto il tempo del mondo, ho pensato parecchio. Ho pensato a cosa significhi leggere un romanzo potente, al tipo di vibrazioni che può trasmettere la letteratura quando tocca picchi altissimi, avvolgendo, coinvolgendo e quasi strattonando fisicamente il lettore fino a trascinarlo all’interno di una storia che conquista, rapisce e non ti lascia più.

Onestamente, posto che Steinbeck continua a essere il mio scrittore preferito in assoluto, dunque la mia considerazione è ai massimi livelli, non credevo potesse esistere un romanzo più perfetto di Furore, che ho amato e che amerò per sempre. Eppure mi sono dovuto ricredere. Perché La valle dell’Eden oltrepassa la perfezione per andare a sistemarsi su un gradino ancora più alto, lì dove c’è posto solo per ciò che è immortale, inscalfibile dal tempo, lì dove si custodisce tutto ciò che è più caro. Quel gradino si chiama cuore, che Steinbeck fa suo con un romanzo semplicemente strepitoso.

“Nelle questioni umane che implicano pericoli e tatto una conclusione soddisfacente è fortemente limitata dalla fretta. Chi va di corsa rischia di inciampare. Chi vuole mettere correttamente in pratica qualcosa di difficile e sottile, dovrebbe prima di tutto studiare il fine da raggiungere; appurato che si tratta di un obiettivo auspicabile, dovrà poi dimenticarlo e concentrarsi esclusivamente sui mezzi. Seguendo questo metodo non si è indotti in errore dall’ansia, dalla fretta o dal panico. Ma questo lo imparano in pochi”.

Se leggere un libro è un’esperienza che può essere paragonata a un viaggio, qui siamo davanti a un interrail della durata di vent’anni, perché in questo romanzo Steinbeck racconta la storia di quasi tre generazioni di due famiglie californiane: gli Hamilton e i Trask. Racchiudere la trama in una rapida recensione significherebbe svilire, e offendere, questo capolavoro, ma c’è un termine che può essere preso come simbolo dell’intero romanzo: la parola ebraica timshel, che tradotta significa “tu puoi”. Perché ciò su cui Steinbeck insiste nell’arco di tutto il romanzo è la possibilità di scelta che l’uomo ha a disposizione: il libero arbitrio che determina quale strada intraprendere, se quella del bene o quella del male, se quella della bontà o quella della cattiveria, se quella della carità o quella della vendetta. Ed è una scelta, questa, che viene raccontata da diverse prospettive, perché tanti e diversi sono i protagonisti che nel romanzo si ritrovano schierati in due fazioni opposte: quella di Caino e quella di Abele. Fazioni che tuttavia diventano tre in quei momenti in cui ci si ritrova a camminare in bilico sulla linea che separa ciò che è bene da ciò che è male.

“E ora che non devi essere perfetta, puoi essere buona”, dice Lee ad Arbra. Una frase che a mio avviso si propone come una delle più belle della letteratura mondiale. Perché con poche parole riesce a trasmettere un messaggio diretto, semplice, incisivo e vincente. Ed è proprio grazie a personaggi straordinari che Steinbeck scrive e ci regala un romanzo straordinario: Lee, Samuel, la stessa Cathy, impersonificazione del male, sono simboli, modelli rappresentativi delle diverse modalità di espressione dell’animo umano.

La valle dell’Eden è un libro che va gustato con lentezza, per assaporare ogni dialogo, ogni descrizione, ogni passaggio nei quali è racchiusa tutta la bellezza di una letteratura che non ricorre a particolari invenzioni narrative, ma che trova la sua massima espressione nella meravigliosa, e mai banale, semplicità.

“La valle dell’Eden” di John Steinbeck, edizioni Bompiani. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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