Libri in pillole

“Il filo dell’orizzonte” di Antonio Tabucchi: recensione libro

C’è una caratteristica che, a mio avviso, fa da filo conduttore a tutti i romanzi di Antonio Tabucchi: la pacatezza. E risulta quasi un ossimoro dato che una buona parte della produzione letteraria dell’autore nato a Pisa è dedicata alla ricerca del significato dell’esistenza umana.

Ricerca perpetua che, di conseguenza, porta a uno stato di inquietudine di base, poiché rispondere ai quesiti esistenziali non sempre risulta possibile. Eppure, malgrado gli squilibri causati dalla difficoltà di risalire alla pura essenza di ciò che si trova al di là dello scibile umano, tale ricerca viene condotta quasi con naturalezza, come fosse qualcosa di inevitabile, di improcrastinabile: perché capire, o cercare di farlo, è un atto dovuto, necessario, irrimandabile.

“E così eccolo di nuovo a vagare in cerca di niente, i muri di queste viuzze sembrano promettergli un premio che non riesce a raggiungere, come se costituissero il percorso di un gioco dell’oca fatto di caselle vuote e di trucchi nel quale lui continua a girare sperando che a un certo punto la ruota si fermi e la pallina cada su un numero che dia significato a tutto. E intanto là c’è il mare, che lui guarda. Su di esso passano sagome di navi, qualche gabbiano, nuvole”.

Il filo dell’orizzonte di Antonio Tabucchi è un romanzo di poche pagine, sufficienti però per far emergere l’affanno di Spino, il protagonista, che si ritrova a indagare sulla misteriosa morte di un uomo, la cui identità è sconosciuta. Ed è a partire dagli oggetti posseduti da quest’uomo che Spino tenta di ricostruire le dinamiche che hanno portato quel corpo a essere lì dentro a una cella frigorifera. Coincidenze, incontri, attimi, casualità, improvvisazione: è davvero possibile risalire al principio di ogni evento e riuscire a toccare il filo dell’orizzonte? Forse no, in quanto linea che si muove insieme a noi, insieme ai nostri programmi, alle nostre scelte, in base alle strade che decidiamo di intraprendere per costruire la nostra vita, unica, impossibile da replicare. Ma tendere verso quella linea diventa una necessità, benché sia irraggiungibile perché in continuo movimento, ma è proprio quel movimento ad attrarre come un magnete, perché mezzo attraverso il quale si costruisce ogni singola esistenza.

“E ha pensato che c’è un ordine delle cose e che niente succede per caso; e il caso è proprio questo: la nostra impossibilità di cogliere i veri nessi delle cose che sono, e ha sentito la volgarità e la superbia con cui uniamo le cose che ci circondano”.

Eleganza, pacatezza, controllo: così Antonio Tabucchi riesce a tradurre su carta l’inquietudine, attraverso una prosa misurata, ricercata, in cui ogni parola è accuratamente sistemata accanto all’altra, in un’operazione artistica che tratta la letteratura con grande attenzione. Perché le parole, quando ben calibrate, sanno spegnere incendi e attenuare ansie e turbamenti, che non possono essere totalmente eliminati dall’esperienza materiale umana, ed è per questo che devono essere gestiti, controllati, dominati, anche mediante l’equilibrato utilizzo delle parole.

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“Il filo dell’orizzonte” di Antonio Tabucchi, edizioni Feltrinelli. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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