Appena ho cominciato a leggere la storia de “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” di Jonas Jonasson una delle prime domande che mi sono posto è: dove mi porterà questo romanzo? Perché nelle prime pagine del libro viene praticamente sviluppata la storia del titolo, ovvero un centenario che, nel giorno del suo compleanno, decide di evadere dalla casa di riposo in cui risiede perché noiosa.
Bene, ho pensato, ma ora? La mia immaginazione vedeva un corridoio lungo, alquanto buio, al termine del quale lampeggiava un grande punto interrogativo. Corridoio che, ammetto, non mi ha esaltato particolarmente mentre lo percorrevo, ed ero quasi pronto a catalogare il romanzo nello scaffale dei “romanzi tanto chiacchierati che non mi sono piaciuti”.
Tuttavia, arrivato alla fine del corridoio, non ho trovato un imbuto come superficialmente pensavo, bensì uno slargo con due porte, dalle quali partivano altrettanti corridoi questa volta luminosi. E ho scoperto che il primo era il corridoio della contemporaneità, cioè della storia del centenario che scappa, il secondo, invece, una narrazione a ritroso che ripercorre la lunga vita dell’anziano in questione. E, benché così raccontato non credo che animi più di tanto il lettore a intraprendere questo cammino, specifico subito: due storie che camminano parallele, entrambe stra-ordinarie, entrambe stra-divertenti, entrambe stra-assurde.
Perché il centenario non è un uomo qualunque, bensì uno che ha vissuto l’intero XX secolo, attraversando praticamente la storia fatta di crisi politiche, guerre, ribellioni, invenzioni stupefacenti, tutto legato non a un solo Paese ma a svariati Paesi del mondo: eccolo quindi che si ritrova a dialogare con Franco, dittatore spagnolo degli anni ’40, poi al tavolo coi presidenti statunitensi Roosevelt e Truman, successivamente in una cena con Mao Tse Tung e così via. Storia con la S maiuscola che, dunque, viene ripercorsa ma in modo sbilenco, sbadato, caotico, ironico, maldestro, tutte caratteristiche che ben descrivono l’artefice di questo super viaggio: Allan Karson, assoluto mattatore e protagonista del romanzo di Jonas Jonasson.
Ecco se vi state chiedendo per quale motivo questo romanzo abbia avuto così tanto successo la risposta è facile: perché è tremendamente geniale, sagacemente ironico, estremamente sorprendente.
Qui una rapida dimostrazione:
“[…] Fu così che Allan finì nella casa di riposo di Malmköping, dove si era liberata la camera numero 1. Venne accolto dall’infermiera Alice, che sorrise in modo apparentemente gentile ma gli smorzò immediatamente la voglia di vivere leggendogli le regole dell’istituto. L’infermiera Alice lo mise al corrente del divieto di fumo, del divieto di bere alcolici e del divieto di vedere la televisione dopo le undici di sera. Gli comunicò quindi che la colazione era servita alle 06:45 nei giorni feriali e un’ora dopo nel fine settimana. Il pranzo era alle 11:15, la merenda alle 15:15 e la cena alle 18:15. Chi non rispettava gli orari e si presentava tardi rischiava di rimanere senza cibo. L’infermiera Alice passò in rassegna anche le tegole riguardanti l’uso della doccia e la pulizia dei denti, le visite esterne e quelle tra gli ospiti della struttura, l’orario in cui venivano distribuite le medicine e il lasso di tempo in cui era permesso infastidire l’infermiera Alice o qualcuno dei suoi colleghi a meno che non si trattasse di una situazione di emergenza, fatto molto raro visto che, aggiunse, gli ospiti non facevano altro che piagnucolare e lamentarsi tutti i giorni.
«È possibile cacare quando si vuole?» domandò Allan”.
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“Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” di Jonas Jonasson, edizioni Bompiani. Libri in Pillole.