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“Il giudice e il bambino” di Dario Levantino: recensione libro

Le situazioni irrisolte fiaccano l’animo. Lo sfibrano. Sono la spina nel fianco che infastidisce e altera, spesso, l’umore. Avverti, una sorta, di sospensione che ti rabbuia. Vorresti avere i piedi per terra, essere certo di ciò che è successo perché lo comprendi. Hai tutti gli elementi per farlo. Quando sei all’oscuro di cose importanti, che ti riguardano direttamente, annaspi.

Pensi che non ci sia niente che possa rinfrancarti da una sofferenza intima, privata. Anzi, ti convinci che la tua sia l’unica verità, se pur sbagliata. Nessun altro ti ha presentato una versione dei fatti diversa, allora non sfuggi a niente perché quel niente ha fatto presa nella tua mente. A bassa voce ti ripeti la storia che ti sei costruito per salvarti dalla disperazione. Una cosa capisci subito, d’istinto, che devi resistere, anche con tutta la paura che hai in corpo, anche chiuso al buio tra la tua angoscia. L’amore che nutri per chi ti vuole bene è la sola libertà che hai e nessuno può togliertela, neanche chi pensa di aver messo fine alla tua vita. Sarà la tua forza, la sveglia che non addormenta i ricordi. Nell’oscurità tutto rallenta e si amplifica. Non c’è nulla ad indicare il tempo ed esso non può attaccarsi da nessuna parte quando conosci la fine di ogni cosa, per questo motivo ti torturi con le faccende irrisolte.

In Il giudice e il bambino di Dario Levantino finisci in un pezzo di storia d’Italia, brutta e terribile, che fa male solo al pensiero, al ricordo. La storia è quella del giudice Paolo Borsellino e del piccolo Giuseppe Di Matteo, sequestrato, strangolato e sciolto nell’acido, entrambi vittime di mafia. La ferocia di una storia agghiacciante è stata trasformata, dallo scrittore, in una fiaba. I concetti forti sono fruibili a tutti senza sminuire nulla. Anzi, attraverso questa scelta letteraria, Levantino apre dei varchi umani che, in questa storia specifica, pochi riuscirebbero a vederli perché la crudeltà è tanta e forte che ha il sopravvento su tutto il resto. Borsellino, in paradiso, aiuta il giovane Di Matteo a uscire fuori da una sorta di sospensione che lo tiene legato alla sua tragedia. Gli sfugge la cosa più importante, che il padre non gli ha potuto dire. E lo fa Paolo Borsellino, ricordandogli che l’amore è l’unica libertà.

Il libro è delicato. È di una potenza emotiva straordinaria. La sensibilità con cui lo scrittore esplora le emozioni dei due protagonisti è rara. La prosa ti inchioda alla storia che ti resta nel cuore.  

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“Il giudice e il bambino” di Dario Levantino, edizioni Fazi.  Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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