Esiste la lingua della pelle, delle origini. Quella che non puoi mai dissociare dal tuo sangue, dalla tua nascita. A volte non la conosci neanche veramente. Sai che ti appartiene, eppure ignori la tua storia famigliare. La cerchi e vuoi scoprirla per fare pace con le mancanze affettive che creano dei vuoti profondi. Le assenze, generate dall’abbandono, segnano e piegano il carattere.
In Figlia di due mondi di Dido Michielsen conosci il tormento di Louisa che vuole rintracciare la madre naturale che non ha mai conosciuto. Nessuno vuole parlarle di lei, si aprirebbero vecchi scandali e antiche ferite. Louisa non si è mai sentita a casa nella famiglia olandese che l’ha adottata subito dopo la nascita. È stata educata come un’europea per nascondere le sue origini giavanesi. È stata data anche in sposa a tredici anni a un uomo che lei non ama. In lei viveva sempre un senso di smarrimento interiore. Era europea, indigena e cosa voleva essere? Per scoprirlo deve prendere in mano il filo delle sue origini, cercarlo.
Il romanzo è accogliente. La storia commuove. All’inizio la narrazione è un po’ stanca, ma poi prende il ritmo giusto. Il racconto è fatto di riscatto e di speranza. La scrittura è efficace, emotiva ed evocativa.
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“Figlia di due mondi” di Dido Michielsen, edizioni Nord. Dream Book.