Hermann Broch: la trilogia “I sonnambuli”
Hermann Broch – I Sonnambuli
“È questa la domanda principale: come l’individuo, dato il fatto che la sua ideologia altrimenti si volge davvero su altri temi, sia in grado di afferrare la ideologia e realtà del morire e obbedire loro? Si potrebbe rispondere che la grande massa si opporrebbe ed è solo stata costretta, – potrebbe essere vero in questo momento, quando c’è la stanchezza della guerra, ma c’è stato e ancora oggi c’è un vero entusiasmo per la guerra e lo sparare! Si potrebbe rispondere che la persona comune, la cui vita fa la spola fra mangiatoia e letto, non ha nessuna ideologia e per questo sarebbe stata una facile preda per l’ideologia dell’odio – almeno del più intuitivo -, sia di tipo nazionale sia di quello della classe sociale. Questa vita miserabile messa al servizio di una cosa sopraindividuale, anche se di natura devastante, avrebbe ottenuto l’apparenza di un valore sociale. Ma anche se questo fosse vero, il periodo in un certo modo è stato in possesso di altri più preziosi valori, in cui l’individuo anche nella sua miserabile vita comune ha partecipato. In un certo modo questo periodo era in possesso di una forza vitale per la pura conoscenza, una volontà di creare l’arte, dopo tutto era in possesso di un preciso senso sociale; perché l’uomo, creatore e partecipante di tutte queste meraviglie, può “abbracciare” l’ideologia della guerra, accoglierla e approvarla senza opporsi? Come è stato possibile che abbia preso il fucile, per spostarsi in una trincea a perire oppure tornare da questo posto per continuare il suo lavoro quotidiano?”
[I Sonnambuli, Huguenau XII cap.]
Egregio Lettore.
Claudio Magris scrive sulla letteratura della “nuova piccola Austria tedesca” del dopo Grande Guerra:
“Neonati e insieme sopravvissuti, gli intellettuali austriaci, cui la vecchia humanitas non poteva più dare un punto di appoggio, dovevano esprimersi in un modo diverso, rifiutando le invecchiate categorie e i superati moduli narrativi del romanzo ottocentesco. Il romanzo ideologico o sociologico, il racconto che non è più tale ma solo pretesto allo svolgimento d’una problematica intellettuale, al dispiegamento d’una concezione del mondo, si sostituiva a quello d’ambiente e a quello psicologico. In un modo ancor più radicale, il romanzo si fa romanzo della sua struttura interna, del suo stesso farsi. …l’Austria vi contribuisce con alcune tra le più significative opere europee … e soprattutto i poemi filosofico-narrativi di Hermann Broch. La sua trilogia Die Schlafwandler (1928-1931) [I Sonnambuli] e il sinfoniale Tod des Vergil (1947) [La Morte di Virgilio] infrangono l’ultima parvenza del racconto classico, sviluppando contemporaneamente la narrazione su diversi piani e dissolvendo ogni struttura tradizionale con l’alternare indifferentemente saggi filosofici, squarci lirici, meditazioni religiose e pagine narrative.” (Claudio Magris, Il mito absburgico, 1963)
Karl Kraus, nel 1914, ha chiamato l’Austria “una stazione sperimentale dell’Apocalisse”, ma per i prossimi 20 anni circa è stata anche la culla di una delle letterature più importanti d’Europa del ventesimo secolo. Purtroppo tutto finisce in un inferno da cui l’Europa non si è mai rialzata.
Hermann Broch (Wien 1886 – 1951 New Haven, CT). La pietra della sua tomba nel Connecticut ci informa che qui riposa il ‘Poeta e Filosofo’ Hermann Broch, e chi non si ricorderebbe immediatamente della scritta “Joseph Roth – – Ecrivain Autrichien – Mort a Paris en exil” al cimitero parigino di Thiais, e dell’ancora più lontano eco della tomba di Stefan Zweig a Petrópolis in Brasile. I tedeschi hanno usato un perverso modo di propagare la letteratura della loro lingua nel mondo. Ho citato Magris come una delle poche voci italiane su Hermann Broch. Scrivo questo saggio in occasione della nuova edizione della sua trilogia “I Sonnambuli” che viene pubblicata a cominciare dal 2020 con Adelphi nella traduzione di Ada Vigliani, – lei sapiente e affidabile traduttrice di grande esperienza della letteratura classica in lingua tedesca.
[Tradurre i classici, anzi ritradurre i classici è un problema molto spinoso, cominciando con la questione “cosa è un classico”.] Dopo la prima parte della trilogia, il romanzo “1888 – Pasenow o il Romanticismo”, nel 2023 esce la seconda parte “1903 – Esch o l’anarchia”. Manca ancora la terza parte “1918 – Huguenau o il Realismo” [1918 – Huguenau oder die Sachlichkeit]. I volumi dell’edizione sono corredati da alcuni saggi di Elias Canetti e Milan Kundera. La terza parte senza dubbio sarà la parte più difficile da tradurre per via del suo contenuto filosofico.Non vorrei perdere l’occasione di spingere i lettori in direzione di questo romanzo che è stato pubblicato per la prima volta nel 1931/32 presso l’editore Rhein-Verlag, Monaco – Zurigo. Questa casa editrice nel 1927/28 ha pubblicato le prime edizioni tedesche dell’Ulisse e della Gente di Dublino di James Joyce e dello Zeno Cosini di Italo Svevo.
Come si può derivare facilmente dalle parole di Magris, “I Sonnambuli” non ha i tratti ben delineati di un romanzo ottocentesco. I romanzi della trilogia sono tre opere separate, non si trova nessuna delle “unità aristoteliche”, né nel tempo, né nel luogo, né nell’azione. C’è un filo rosso che lega le tre parti, un legame tematico. In questi trent’anni c’è la guerra e anche un altissimo livello di industrializzazione con nuove tecniche, mezzi di informazione e di trasporto. Ma tutto questo crea anche un gran livello di instabilità a livello politico e privato. Broch mette tutto questo periodo prima della Grande Guerra sotto osservazione: la sua instabilità, la disintegrazione di tutti valori; effetti che creano un desiderio di ordine orientato al passato. La parola che leggiamo spesso nella parte II della trilogia è infatti “anarchia”, un’anarchia, un disordine o confusione sia vissuti che sentiti. Su questi aspetti strutturali Milan Kundera ha offerto alcune riflessioni illuminanti nel contesto della storia del romanzo moderno.
Purtroppo anche oggi una biografia di Hermann Broch in italiano non è disponibile. Una traduzione della magnifica biografia di Paul Michael Lützeler [Suhrkamp] sarebbe di grande importanza. È un libro molto più utile di altri trattati della Brochologia. Infatti io vedo un grande problema per la diffusione di Broch in Italia nella mancanza di una biografia in italiano, che sarebbe in grado di fornire le informazioni più importanti sulla sua vita, il suo modus scribendi, i sui problemi e temi centrali. Penso che un progetto prestigioso come la nuova traduzione di uno dei capolavori del ventesimo secolo meriterebbe ulteriori sforzi di divulgazione, per rispetto nei confronti dell’autore e le sue opere.
La trilogia “I Sonnambuli”: disgregazione dei valori nel primo novecento
1888 – Pasenow o il Romanticismo
I von Pasenow sono una famiglia prussiana della piccola aristocrazia terriera. Il vecchio Pasenow è ancora profondamente radicato nelle vecchie convinzioni del suo ceto sociale. Il primogenito sarà l’erede delle terre, invece il figlio minore, Joachim, dovrà scegliere la carriera militare. Joachim infatti vive completamente in modo militare: i codici d’onore e di comportamento, l’uniforme come seconda pelle, le diffidenze nei confronti del “civile”. Per caso a Berlino Joachim incontra due persone, la ragazza Ruzena dalla Boemia, che lavora in un locale notturno e con la quale inizia una relazione. E c’è Eduard v. Bertrand, ex-compagno militare di Joachim che era diventato imprenditore di successo dopo essersi dimesso dal militare. Lui conosce il mondo, ha proprio un carattere contrario paragonato a quello di Joachim, ma rimane sempre un punto di riferimento per l’indeciso e maldestro Joachim.
Quando all’improvviso arriva il momento nel quale Joachim deve prendere la responsabilità per la proprietà famigliare, cresce la pressione su di lui di lasciare la carriera militare e di sposare l’adorabile giovane figlia dei vicini, Elisabeth.
Questo è il piccolo gruppo di personaggi, e si possono immaginare i conflitti. Il grande fulcro del romanzo, dove tutto confluisce è un dialogo fra Elisabeth e Eduard. In questa conversazione si tratta uno dei problemi centrali di Hermann Broch, il modo casuale delle relazioni sentimentali a confronto di un forte desiderio per l’assolutezza della relazione.
1903 – Esch o l’anarchia
Seguiamo un gruppo di persone che lavorano in ambienti a volte un po’ loschi, seguiamo le loro relazioni professionali e private. Sono persone nelle quali qualche volta si accendono inaspettati segnali di un senso dell’onore; un distorto, rudimentale desiderio di mettere le cose “in ordine”. Assisteremo a progetti confusi e irrealistici, alle bugie quotidiane, alla ingenuità e naïveté. Sono persone a che da un lato mancano di convinzioni e da un altro lato si aggrappano a concetti e risentimenti datati. Alla fine del romanzo sembra che la voce autoriale di Broch – voce di un autore sensibile ed empatica come la voce d’un autore di una ricerca antropologica – intenda dire che adesso dobbiamo dire addio a questo gruppo di persone e ai loro difetti che abbiamo seguito per un po’. Adesso devono trovare da soli le loro strade verso un futuro incerto.
1918 – Huguenau o il Realismo
Questo romanzo è il migliore esempio delle strutture complesse che Broch usa nella sua scrittura per la descrizione di una realtà pluridimensionale, una scrittura che parla anche delle sottostanti strutture della filosofia, storia e sociologia. Una sinossi nel senso stretto quindi sarebbe poco utile.
Siamo nell’ultimo anno della Grande Guerra (1918), e tanti già sentono che la brutta fine sta arrivando, dell’entusiasmo bellico del 1914 è rimasto poco. Il circa trentenne Wilhelm Huguenau, ha disertato l’esercito dell’imperatore tedesco. Come alsaziano, paese qualche volta francese, qualche volta tedesco, la sua “identità nazionale” è di debole natura. In tempo di pace Huguenau era commesso viaggiatore, attività perfettamente adatta a quei tempi dove le strutture economiche, politiche e sociali si sciolgono sempre più velocemente, sempre che la persona abbia le caratteristiche adeguate: agile, senza scrupoli, furbo, calunnioso e non esiti davanti ad un atto criminale. La storia di Huguenau è il principale filone del romanzo, lui è proprio un rappresentante delle caratteristiche di cui sopra, delle azioni e logica di quest’epoca, è il suo fenotipo. Il romanzo comprende altri indipendenti filoni paralleli, filoni che usano prospettive narrative diverse, persone diverse. Il testo contiene soprattutto un saggio filosofico in dieci paragrafi (intitolato Zerfall der Werte o Disgregazione dei valori), in cui Broch, addestrato con e contro la filosofia viennese dell’epoca, abbandona quasi completamente il modo finzionale della scrittura creando invece un trattato filosofico su spazio e tempo, sul vuoto interiore dell’uomo, sulla assurdità d’una filosofia della storia che induce l’uomo a farsi massacrare in una trincea, sulla scadenza del mandato della religione come istanza normativa di consulenza su Sein e Sinn. L’analisi della disgregazione dei valori non è una analisi solo legata all’epoca ma una analisi che rintraccia l’inizio della disgregazione ad un punto molto più nel passato.
Si può riassumere la teoria di Broch sul crollo di sistemi di valori in questo modo: Il crollo è causato da un uso eccessivo della maniera logica. Sistemi di valori nascono con un atto di fissazione di valori, un atto di natura irrazionale. Per questo, non a sorpresa, la creazione di una giustificazione anche razionale diventa un obbiettivo etico per ogni sistema di valori. È proprio questo tentativo che è sempre destinato al fallimento. È il conflitto fra una fondazione irrazionale e i tentativi di renderlo razionale che portano tutto il sistema alla crisi e al crollo. Perdiamo il senso della vita a causa di isolati sistemi di valori, sistemi senza un centrale punto di riferimento. Il punto pericoloso in una situazione così disperata è il desiderio dell’uomo per una guida spirituale, guida di qualsiasi tipo.
Sembra un problema arcano, ma il lettore attento si chiede “chi sta raccontando i diversi filoni del romanzo “1918 – Huguenau oder die Sachlichkeit”? Questa domanda è stata discussa, spesso in modo controverso, dai conoscitori di Broch. Lo scioglimento progressivo delle forme narrative fra prima e terza parte del romanzo non deve essere considerato come inserzione di commenti isolati o interpretazioni di natura filosofica da parte di Broch. In questo senso non costituiscono la voce dell’autore.
Alla fine tutto finisce in fretta. Siamo nel Novembre del 1918. L’influenza spagnola, la fine della guerra, la rivoluzione e il collasso del Kaiserreich mettono fine ai protagonisti del romanzo. Ci si schiera dalla parte dei vincitori, si regolano vecchi conti, si saccheggia, si sfrutta e si uccide. È la persona senza scrupoli, moralmente più “adattabile”, il nostro fenotipo Haguenau, a sopravvivere a tutto, anzi a prosperare, a “tornare da questo posto per continuare il suo lavoro quotidiano”.
Si chiude il cerchio con un epilogo in cui racconto e riflessione filosofica alla fine si intrecciano. L’analisi va oltre la sfera del contemporaneo. È il potere dell’irrazionale che rimane sempre al fianco di ogni pensiero. L’irrazionale è la struttura portante della vita, della coscienza, dei sistemi di valori. Loro (i sistemi di valori), come i sistemi di conoscenze, sono i mezzi per propellere l’uomo, questo “legno così storto di cui è fatto”, fuori da una inevitabile irrazionalità verso un mondo e verso azioni “razionali”, precondizioni per trovare un suo posto nel mondo.
L’enfasi sull’irrazionalità e il Kulturpessimismus di Broch, nati da un’analisi filosofica eseguita senza illusioni, speranza e emozione, hanno sempre attirato critiche da varie fazioni politiche, tradizionalmente in possesso della verità. Purtroppo, sin dal 1918 questa storia si è ripetuta innumerevoli volte e si deve essere un ottimista patologico e incurabile per supporre che non continui a ripetersi.
La grandezza della trilogia “I Sonnambuli” è che non finisce con un verdetto finale e altamente morale del narratore. Alla fine il narratore osserva il suo personaggio Huguenau come uno zoologo, un etologo che, piegato sopra un labirinto, osserva un topo che facendo la spola fra mangiatoia e letto cerca la sua via. Questo povero rodente non ha il “cielo stellato” sopra di sé, solo un freddo universo, né tantomeno “la legge morale” in sé – o in caso ci sia è molto flessibile. Per una vita nel labirinto o per uscire da esso, i mezzi mentali e sensoriali non sono sufficienti. E la vita non durerà abbastanza per arrivare a consapevolezze profonde. Anche il protagonista del romanzo, Huguenau, rientrato nella normalità di una vita post-bellica, percepisce l’irrazionale, l’incertezza della esistenza, la solitudine.
La vita di Broch, – imprenditore poi autore fra Kulturpessimismus e filosofia
Hermann Broch, nato nel 1886 in una famiglia ebrea a Vienna, era destinato ad assumere la responsabilità della ditta di famiglia. Contro i suoi interessi nella letteratura e filosofia dovette studiare ingegneria tessile per diventare industriale. Diventato capo della ditta nel 1914, ha dedicato anni difficili a questi affari. Durante questo periodo lui ha condotto due vite parallele perché era sempre occupato anche negli studi della filosofia e della matematica. Dopo un matrimonio infelice (1909-1923), nel 1926 affrontò anche la rottura con la filosofia, in questi anni principalmente di sfumatura neo-positivista. Broch segue invece la filosofia del fisico e teorico delle scienze Ernst Mach e le convinzioni del filosofo Wittgenstein, entrambi convinti che arte e letteratura siano in grado di avvicinarsi alla realtà umana più che le scienze. Entrambi sostengono che una questione come “il senso della vita” può essere trattata con piena legittimità da arte e letteratura. Nel 1927/28 Broch si ritira in modo definitivo dalla vita di industriale e diventa scrittore a tempo pieno.
Il romanzo di nuovo all’altezza dei tempi
Una faccia di Giano rivolta verso una professione e l’altra faccia verso la letteratura è un fenomeno ben osservabile in questo primo Novecento letterario: per esempio Musil (ingegneria), Schnitzler (medico), Kafka (avvocato amministrativo), Canetti (laurea in chimica) o Svevo (imprenditore).
Le motivazioni di Broch per dedicarsi alla letteratura sono state di natura psicologica e filosofica. Le parti della trilogia sono ambientate nel 1888, 1903 e 1918, ma sono state scritte nel 1928/29 e pubblicate nel 1931/32. In questo periodo il formato del romanzo era di nuovo al centro dell’attenzione letteraria, il romanzo come sismografo della società. Nel romanzo di Robert Musil “L’uomo senza qualità” (ambientato nel 1913 e pubblicato nel 1930 e anni seguenti) il protagonista Ulrich è circondato da una realtà nella quale lui non è più in grado di trovare un senso. Stefan Zweig nella sua autobiografia scrive nel 1944 (Il mondo di ieri) che la generazione del dopoguerra (quella della Repubblica di Weimar) ha voluto un ordine radicalmente nuovo e diverso. Broch dice su I Sonnambuli, che “il romanzo deve occuparsi dei problemi che la scienza ignora o tratta con negligenza, … perché il problema nella sua natura non è accessibile per la scienza, o dei problemi che la scienza, dovuto al suo lento e più esatto progresso, non è ancora in grado di trattare.” Broch vede il romanzo moderno nella sua funzione come erede della filosofia occidentale. Ha sempre avuto l’aspirazione di scrivere romanzi filosofici, attraversati da discorsi e digressioni dell’autore. Broch sente l’incarico di scrivere romanzi su problemi moderni come un filosofo scrive sulla metafisica. È l’antropologo Broch che in queste occasioni riflette sull’amore e il matrimonio, sulla sessualità e l’erotico. Sono descrizioni delle “condizioni quadro”, a cui i protagonisti devono obbedire più o meno inconsciamente. La conditio humana per Broch è sempre definita dalle parole solitudine e morte, salvezza e amore. È per questo che parliamo di Broch e le sue opere come capolavori del primo novecento. Lui sente la progressiva disintegrazione del vecchio sistema di valori, che crolla perché il pensiero culturale perde la sua plausibilità. Nei Sonnambuli lui sceglie tre protagonisti che sono alla ricerca di un senso per le loro vite. Broch con I Sonnambuli non ha trovato la fama mondiale, ma era molto stimato da tanti autori di primo rango. Fra il 1934 e 1938 il cosmo letterario di Broch si stabilizza, ma lui è anche tormentato da forti dubbi sul significato, il senso di arte e letteratura. Nel 1938, dopo un breve arresto politico (l’Austria adesso fa parte del Reich), Hermann Broch lascia l’Austria con un visto inglese, e il 10 Ottobre lascia l’Europa in direzione New York con la nave. La sua vita nell’esilio americano sarà determinata da un’attività ossessiva di scrivere, un’instancabile attività per salvare altri emigranti e un’inarrestabile discesa versa la povertà.
Il 30 Maggio del 1951 a New Haven muore il poeta e filosofo austriaco Hermann Broch. Come è stato per molti altri, il peso dell’esilio era diventato insopportabile.
I libri trattati qui sono:
Hermann Broch: I Sonnambuli, 2020, 2023, Milano, Adelphi (nella traduzione di Ada Vigliani)
Paul Michael Lützeler: Hermann Broch – Eine Biographie. 19862, Frankfurt a.M., Suhrkamp
Claudio Magris: Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna, 2009, Torino, Einaudi
Milan Kundera: L’arte del romanzo, 2023, Milano. Adelphi
(il motto all’inizio è la mia traduzione)