L’Architettura dello Spazio Pubblico
Egregio Lettore. Vorrei attirare l’attenzione del lettore su un libro che forse è sfuggito alla sua attenzione. È stato appena pubblicato (in lingua inglese) per la casa editrice Park Books [Zurigo 2023; 468 p in formato 23×31 cm] il libro “The Architecture of Public Space”. Gli autori sono Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori insieme con Labics, studio di architettura a Roma.
Il libro è di grande interesse per ognuno che si occupi della architettura come architetto, storico, insegnante … o come cittadino sensibile e preoccupato per il futuro della sua città; cittadino che fa ogni giorno l’esperienza di quanto sia importante lo spazio pubblico o comune per il tessuto urbano, ma soprattutto quanto sia difficile conciliare conservazione e rinnovamento urbano.
Analizzare spazi pubblici in Italia, 32 casi in studio, i metodi, i criteri
In 32 casi in studio gli autori analizzano spazi pubblici in varie città storiche italiane. Usando vari tipi di disegni architettonici e foto, gli autori tentano di scoprire i principi generali che agiscono dietro le quinte di queste forme architettoniche. Certamente, si potrebbe dire “sono soltanto 32 casi”, ma lo scopo di questi studi non è un catalogo di tutte le opere che si trovano in Italia, invece è di “identificare alcuni esempi caratteristici dell’assetto tipo-morfologico”.
Per dare una struttura interna, una misura, alla loro analisi di vari luoghi gli autori usano dieci elementi architettonici:
il portico, la loggia, la piazza coperta, il cortile urbano, la galleria, le scale, la terrazza urbana, il ponte, l’architettura come cornice e il City Room (in quest’ultima rubrica si trovano gli Uffizi (Firenze), Piazza Quattro Canti, Palermo [o Piazza Quattro Fontane, Roma] e la meravigliosa Piazza Sant’Ignazio, Roma, insuperabile opera di Filippo Raguzzini).
Perché analizzare spazi pubblici storici
Studiando la vecchia architettura gli autori vogliono estrapolare nuove intuizioni fuori dal contesto storico, e sperano di contribuire ad una “architettura vivente” e all’uso di curiosi designer delle nuove generazioni. Mentre sono molto scettico a riguardo su questo l’ultimo punto, – dato come funzionano, o non funzionano le nostre città e le nostre società, dato come sono incompatibili i diversi interessi -, questo è un libro bello e fatto bene che si può raccomandare. È un aiuto per capire perché e come funzionano vecchie architetture.
Con tutta probabilità la maggior parte dell’architettura urbana moderna rimane sterile, fredda e noiosa. Con la miseria e le sofferenze degli anni del dopoguerra si sono affermate mancanza di rispetto e di stima nei confronti dell’architettura urbana. L’indifferentismo insieme con una ricostruzione precipitosa, il traffico e una rampante speculazione hanno messo l’urbanistica in un ruolo di soccorso architettonico di emergenza, ma in molti casi, il paziente non arriva nemmeno vivo all’ospedale. Si progetta, si costruisce e si demolisce dopo 25 anni, un prodotto “usa e getta” in una età senza memoria. E certamente non si costruisce più per una posterità.