Egregio Lettore

Variazioni su un tema di Melania Mazzucco

Variazioni su un tema di Melania Mazzucco, cioè una recensione di un libro, e poi una riflessione in tempo andante sostenuto sulla “Storia”, sul tempo che passa, sulla memoria e sul dimenticare.
La scrittura, il tempo, la memoria sono i termini portanti che formano uno dei più imponenti miti del pensiero umano:

“Jedes Menschenleben ist zugleich einzigartig und repräsentativ; in jedem persönlichen Schicksal, jedem individuellen Drama spiegelt und variiert sich das Drama einer Generation, einer Klasse, eines Volkes und einer Zeit.”

“Ogni vita umana è al contempo unica ed esemplare; in ogni destino individuale, in ogni dramma personale si riflette e si modula il dramma di una generazione, di una classe, di un popolo e di un’epoca.”

Klaus Mann, La Svolta [1942] [voce sotto la data dell’11 agosto 1941]

O più strettamente legato all’individuale, al personale e allo stesso tempo più scettico:

“… si scriva per lottare contro l’oblio, nel desiderio – forse patetico ma appassionato – di fermare, di salvare le cose e soprattutto i volti amati dall’abrasione del tempo, dalla morte. Scrivere è anche un tentativo di costruire un’arca di Noè per salvare tutto ciò che si ama, per salvare – desiderio vano e impossibile, donchisciottesco ma inestirpabile – ogni vita. Desiderio vano e impossibile perché quell’arca è una barchetta fragile e sconquassata e presto affonderà, eppure non si smette di scrivere.”

Claudio Magris, nel dialogo con Paolo Di Paolo recentemente pubblicato con La Nave di Teseo

Invece Shakespeare con ottimismo afferma che la parola scritta supererà anche il tempo e la morte. Giovanni 1,1 dice “In principio era il verbo”, e in modo quasi biblico per Shakespeare alle fine rimane il verbo. 

Shall I compare thee to a summer’s day?
Thou art more lovely and more temperate:
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer’s lease hath all too short a date:
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimmed;
And every fair from fair sometime declines,
By chance, or nature’s changing course, untrimmed:
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou ow’st;
Nor shall Death brag thou wander’st in his shade
When in eternal lines to time thou grow’st:
So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this, and this gives life to thee.

William Shakespeare, Sonnet XVIII

Una biografia come “obbligo e responsabilità d’un autore”: Melania Mazzucco e la vita di Annemarie Schwarzenbach [1908-1942]

Le strade di un autore sono diverse delle strade di un lettore, tutti e due arrivano forse allo stesso punto, un libro particolare, ma spesso da diverse direzioni. Vorrei parlare del romanzo «Lei cosí amata» di Melania Mazzucco pubblicato nel 2000. I lettori conoscono la Mazzucco come scrittrice di romanzi, o forse sarebbe meglio dire biografie in forma di romanzo, ambientate nel mondo dell’Arte, dell’architettura, spesso centrate su un personaggio femminile. Più precisamente si può dire anche che il tema della Mazzucco è il ricordare, la memoria. «Lei cosí amata» è il romanzo biografico della vita di Annemarie Schwarzenbach [1908-1942], “scrittrice, archeologa, fotografa, giornalista, una donna colta, raffinata e bellissima che sembrava incarnare tutta la storia d’Europa”.

Mazzucco comincia il libro con la morte assurda di Annemarie Schwarzenbach nel 1942 a causa di una caduta con la bicicletta nell’Engadina, quando il mondo è in piena Seconda Guerra Mondiale e gli amici degli anni trenta della Schwarzenbach sono già tutti in esilio. Una morte “domestica” dopo che lei ha superato pericoli immensi durante i suoi viaggi in tutto il mondo negli anni precedenti.

Che c’entra Annemarie Schwarzenbach, affascinante figlia di una delle al tempo più ricche famiglie di Zurigo e della Svizzera? Certo, si conosce bene il suo nome come fotografa nell’ ambiente della famiglia di Thomas Mann. Melania Mazzucco comincia il suo libro con un prologo finissimo e stupendo, in cui dà spiegazioni proprio su questo punto, spiegazioni sul perché lei per più di dieci anni ha sentito il dovere di scrivere un libro su Annemarie Schwarzenbach. Melania Mazzucco nella introduzione parla del lavoro, dell’obbligo e della responsabilità di un autore, – in particolare di un biografo -, nei confronti del soggetto della biografia. La Mazzucco considera la sua eroina Annemarie Schwarzenbach “un simbolo più luminoso” dei dimenticati. Il personaggio della Schwarzenbach, la sua apparizione, hanno spinto l’autrice a scrivere questa biografia, quasi come un obbligo morale, insomma scrivere con le intenzioni e convinzioni del sonetto XVIII di Shakespeare.

Consultiamo il lemma “ricordare” nella Treccani:
ricordare. v.tr. [lat. recordari, der., col pref. re-, di cor cordis “cuore”, perché il cuore era ritenuto la sede della memoria] 1. Richiamare alla propria memoria

Tutto inizia al Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma

Il prologo stesso adotta la struttura narrativa del “racconto al anello”. Comincia con una visita, nel 1986, al Museo Nazionale d’Arte Orientale Giuseppe Tucci, che fino a pochi anni fa era collocato nel Palazzo Brancaccio a Roma, in via Merulana. [Il museo è stato sciolto nel 2016 e trasferito alla zona EUR, purtroppo frazione “siberiana” di Roma, in una operazione poco trasparente.] Nel museo, l’autrice vede un reperto persiano, un piatto talismano con un fregio che augura una vita felice al proprietario. Il piatto proviene da un sito che si chiama Rhages.

Mazzucco nel 1988 per la prima volta legge il nome di Annemarie Schwarzenbach nella autobiografia di Klaus Mann, «La Svolta» [Der Wendepunkt]. Klaus Mann [1906-1949], – secondo figlio (di sei) di Thomas Mann, Premio Nobel per la letteratura 1929 – , e sua sorella maggiore Erika [1905-1969] sono stati autori come il padre. Klaus e Erika erano gli inseparabili “gemelli”. «La Svolta» che descrive il mondo e la vita di Klaus Mann fine all’anno 1942 è stato pubblicato per la prima volta (in inglese) nel 1942. Klaus Mann fa una traduzione tedesca del libro che uscirà soltanto nel 1952, dopo il suo suicido avvenuto nel 1949.

L’effetto Annemarie Schwarzenbach – una apparizione

Qualche anno dopo la Mazzucco legge del viaggio della Schwarzenbach in Persia nel 1934, dove lavora come archeologa proprio in un sito con il vecchio nome Rhages. E così, passo per passo, anno dopo anno per la Mazzucco prendono forma le vite di un gruppo di espatriati e in particolare la “vita spericolata” della Schwarzenbach, l’affascinante personaggio che piaceva a tutti; una bellezza androgina, magnetica che desiderava le donne ma era incapace di amare o di vivere insieme con gli altri, una donna che però ha lasciato dietro di sé tanti cuori spezzati durante la sua vita movimentatissima. Questo fascino personale è un dono o una maledizione? Mazzucco scrive:”[Annemarie] … non era mai stata capace di spegnere passioni né di ricambiarle, solo di accenderle, perché per accenderle non doveva fare nulla – come diceva con sarcasmo Margot: solo mostrarsi, apparire, come una specie di visione.” È anche per questo che il mio testo contiene alcune fotografie di Annemarie.

Vite del Novecento: I Schwarzenbach e i Mann

Annemarie, Klaus ed Erika, si sono conosciuti già nel 1930 a Monaco di Baviera e sono diventati amici a Berlino nel periodo 1931-33, dove i “gemelli” da anni vivono nel mezzo del teatro, del cinema, della letteratura, dell’eros, del divertimento. Annemarie è di ricca famiglia e anche questo fatto le apre tutte le porte. Tutti e tre preferiscono le relazioni omosessuali. Questa è la generazione dei figli. Ma le loro famiglie non potrebbero essere più diverse. Il conservatore Thomas Mann, premio Nobel per la letteratura, con le sue opere è stato sempre un monumento (se non IL monumento) della letteratura tedesca del Novecento. Questa immagine è stata affermata e consolidata anche grazie alla sua forte difesa della Repubblica di Weimar e al suo ruolo di Leitfigur della resistenza intellettuale contro il nazismo durante l’esilio. Negli anni venti per i figli Erika e Klaus il nome Mann sicuramente è stato un vantaggio per le loro attività culturali. Ma le fonti non erano illimitate, nonostante il fatto che il papà pagasse i loro debiti. Certamente, Thomas Mann non è stato un padre facile per tutti i figli, – troppo remoto, assorbito nel suo lavoro e nel suo impegno letterario e politico. Come diventare uno scrittore con un padre così?

Dall’altra parte troviamo la famiglia di Alfred Schwarzenbach, ricco industriale nel settore della produzione di seta a Zurigo. Lui e la moglie Renée abitano nella enorme casa della loro tenuta a Bocken vicino Zurigo. Annemarie è la terza di cinque figli. La famiglia è ricca ma senza un particolare scopo culturale; una variegata vita sociale con ospiti illustri, sì, e inoltre erano bravi imprenditori che facevano parte di una noiosa ricca borghesia ultra-conservatrice.

Durante l’ascesa di Hitler al potere i genitori sono decisamente filonazisti. Non sopportano lo stile di vita di Annemarie a Berlino, città “malata, immorale e perversa”. Sua madre è stata sempre preoccupata del fatto che ” la gente parla.” Tutto questo è molto sorprendente, dato che perfino Renée Schwarzenbach per lungo tempo ha una relazione lesbica con la cantante tedesca Emmy Krüger. Renée è una donna dominante, maschile, “con l’aspetto teutonico”. Il legame fra Annemarie e sua madre Renée è di natura molto complessa. Annemarie è la amatissima figlia prediletta, ma c’è un’affettività esasperata, il loro legame “diventa sempre più invasivo e vincolante”.

Nel corso della storia della vita di Annemarie Schwarzenbach non si potrà perdere di vista l’innegabile fatto che la base finanziaria del suo stile di vita, – per quanto insopportabile possa essere stata questa vita -, sia stata per un lungo tempo l’industria della famiglia.

Annemarie Schwarzenbach ama le poesie e la prosa di Rainer Maria Rilke. Le persone che la conoscevano spesso la descrivono come “Angelo inconsolabile” o “Angelo devastato” (Thomas Mann “verödeter Engel”). “Angelo” è una osservazione molto pertinente, che punta ad angelo delle Elegie Duinesi di Rilke. [C’è un’interessante digressione: infatti alla fine degli anni trenta Annemarie Schwarzenbach visse con Anita Forrer [1901-1996], ammiratrice di Rilke, che nel 1919 entra in corrispondenza con lui fine alla sua morte nel 1926; una corrispondenza su “che insegna l’amore a pensare e a compiere”. (cfr. l’articolo «Secondo la propria innocenza” su Pangea, 28 Febbraio 2023). [Questo articolo su Rilke e Forrer è stato per me la strada per arrivare alla Schwarzenbach e al libro della Mazzucco su di lei]. Anita Forrer, dopo la morte di Annemarie, avrà un ruolo cruciale nel preservare l’eredità di Annemarie. Non per caso Mazzucco per il suo romanzo su Schwarzenbach ha scelto il titolo «Lei cosí amata». Queste parole si trovano in una poesia di Rilke, «Orfeo.Euridice.Ermete», scritta nel 1904 a Roma dopo aver visto il bassorilievo su questo tema al Museo Archeologico di Napoli.

Lei cosí amata che piú pianto trasse
da una lira che mai da donne in lutto;
cosí che un mondo fu lamento in cui
tutto ancora appariva: bosco e valle
villaggio e strada, campo e fiume e belva;
e sul mondo di pianto ardeva un sole
come sopra la terra, e si volgeva
coi suoi pianeti un silenzioso cielo,
un cielo in pianto di deformi stelle –
lei cosí amata.

Con questa biografia l’autrice spera di riuscire, a differenza di Orfeo, a riportare una morta alla vita; quanta vita la letteratura può dare? Con le seguenti parole Mazzucco nella introduzione ritorna al motivo del piatto persiano del museo in via Merulana e così chiude l’anello.

“Il piatto talismano d’oro di via Merulana parlava dunque anche di noi. Dell’amicizia impossibile che unisce il biografo e l’oggetto della sua ricerca, lo scrittore e il suo personaggio – o due donne nate in epoche diverse, che parlano lingue diverse e che mai si incontreranno se non nelle parole e nell’utopia della scrittura. Le prime parole dell’iscrizione dicevano, e dicono sempre: “Alla fine | non diresti che c’era un amico per me? | che avevo qualcosa a che fare con te? | Alla fine, non diresti che fra te e me | c’era un legame?”

All’inizio del mio testo ho messo il diciottesimo sonetto di Shakespeare, massima espressione dell’aspirazione e della speranza della letteratura di essere l’unico modo per dare memoria e anche eternità alla nostra effimera esistenza. È proprio questa la strana sensazione, quando entriamo in una biblioteca o un archivio.

È stato Gian Luigi Beccaria che ha dato una meravigliosa espressione a questa sensazione:

“Tutto ciò che l’umanità ha pensato, concretizzato, fantasticato, sentito e intuito sta nei libri. La finzione della poesia o della narrativa ci fa percepire il mondo presente e ricostruire il passato. E simulazione potente di vita vera e di emozioni. Grande consolazione è il sapere che tutto sta nei libri, nella loro presenza fisica. L’edificio che raccoglie i libri, la biblioteca, è veramente il luogo dove i morti aprono gli occhi ai vivi. Una biblioteca è la vittoria della memoria sull’oblio.”

Annemarie Schwarzenbach ½: 1937 3: 1935 4: 1937 5: 1931
Klaus e Erika Mann 6: ~1930
(Le foto sono dal libro di Alexis Schwarzenbach)

Una vita in fuga – viaggiatrice ossessiva

Dal 1931, Annemarie, dopo la sua laurea e un primo libro pubblicato, vive a Berlino dove ha conosciuto Klaus ed Erika. Annemarie è in fuga dalla famiglia, dalla Bocken, dalla Svizzera e adora l’intelletto, il libero e ironico spirito di Erika, già nota attrice, scrittrice, viaggiatrice. Ma Erika non ha mai ricambiato quei sentimenti di Annemarie. E questo è stato per Annemarie un grande trauma che dura tutta la sua vita. A differenza di Klaus e Erika, Annemarie è ancora una “avventuriera inesperta”. Nel 1932, – il nazismo soltanto ad un passo dal pieno potere -, i tre stanno pianificando un viaggio in Persia, – per Annemarie una fuga in un luogo lontano e la speranza di stabilire un rapporto duraturo con i “gemelli”. Annemarie a questo punto della sua vita già soffre della piaga di una dipendenza alla morfina, piaga che la perseguiterà per il resto della vita. Il piano del viaggio fallisce. Il 30 gennaio 1933 Hitler diventa Cancelliere del Reich. Il 10 maggio in Germania i libri bruciano sul rogo. Comincia l’esilio della famiglia Mann, prima in Francia, dopo in Svizzera e negli Stati Uniti.

Per Annemarie Schwarzenbach comincia un periodo frenetico di viaggi, un movimento continuo per dimenticare il passato. Nel 1933/34 da sola fa un viaggio in Medio Oriente con ogni mezzo di trasporto: dopo Istanbul, Ankara, Teheran, Shiraz, Isfahan, Bagdad, Damasco, Beirut, Cairo, ritorna attraverso la Russia. In questi anni il medio oriente è già una terra in rovina, intrappolata fra vecchie strutture interne, influenze di potenze straniere, sbagliati o rifiutati tentativi di riforme, e tutto questo in un mondo al bivio. Già John DosPassos trova la zona in queste condizioni durante il suo viaggio nel 1921, descritto nel suo libro «Orient Express» (pubblicato nel 1927). Oggi un tale viaggio sarebbe quasi impossibile.

Nel 1935, Annemarie Schwarzenbach è di nuovo in Persia. E qui sposa il Console Francese a Teheran, Achille-Claude Clarac [1903-1999]. Questo matrimonio è veramente difficile da spiegare. Anche lui omosessuale, è un matrimonio per comodità di due esiliati ai fini di “mantenere il decoro” e ai fini di sopravvivenza in un ambiente ostile. Dalle opinioni politiche della famiglia Schwarzenbach e dal matrimonio di Annemarie, considerato come un tradimento da parte dei “gemelli”, risulta un allontanamento fra loro e Annemarie. La situazione in Persia diventa insostenibile. Il paese si trova in uno sconvolgimento politico e sociale, il milieu diplomatico è avvelenato. Anche la sua dipendenza dalla morfina si aggrava. È una vita senza passato e senza futuro. Alla fine dell’anno 1935 Annemarie scappa via da Teheran e ritorna in una casa presa in affitto a Sils in Engadina, che diventa la sua base per gli anni seguenti.

Il ricco materiale fotografico di suoi viaggi è consultabile sul sito [https://ead.nb.admin.ch/html/schwarzenbach.html] della Schweizerische Nationalbibliothek, che ospita il lascito di Annemarie Schwarzenbach.

Quando la Seconda Guerra Mondiale comincia nel 1939 con l’assalto della Germania alla Polonia dopo il patto Hitler-Stalin e il suo Protocollo segreto, Annemarie Schwarzenbach è in viaggio in Afghanistan. L’anno dopo arriva negli Stati Uniti. È stata in questo paese già in precedenza per fare reportage fotografici. Questa volta segue Erika Mann, in esilio qui già sin dal 1936, e spera di stabilire un nuovo contatto. Annemarie arriva già in pessime condizioni e questo viaggio segnerà la sua disfatta. Dopo una rissa violenta con un’amica tedesca a New York e la morte del padre Alfred Schwarzenbach a Zurigo nel novembre 1940, Annemarie tenta di suicidarsi nel gennaio 1941. La fabbrica degli Schwarzenbach è già in disperate condizioni economiche. Quasi tutti gli amici, anche i “gemelli” Klaus e Erika non sono disponibili per aiutarla. Per Annemarie comincia un calvario che la porta in diverse strutture psichiatriche americane. Prima in Connecticut da dove riesce a scappare a New York. L’unico supporto che riceve è da parte della sua amica, la giovane scrittrice americana Carson McCullers. Vorrei ricordare un articolo di Bettina Augustin pubblicato il 2 Luglio 2005 nella Neue Zürcher Zeitung: Spiegelbild im Auge der Anderen. Annemarie Schwarzenbach und Carson McCullers. [Riflessioni nell’occhio degli altri. AS e CM]. Questo articolo raccoglie i fatti più importanti della relazione fra Schwarzenbach e la più giovane scrittrice americana Carson McCullers negli anni 1940-42, – molto dolorosa per Carson -, una relazione che quasi inverte i ruoli della relazione tra la giovane Schwarzenberg e Erika Mann.

In seguito Annemarie viene confinata in un vero e proprio inferno dantesco, il Bellevue Hospital, dove la mente degli esseri umani è spezzata e annullata. Dopo tre giorni, grazie all’intervento di suo fratello, nel gennaio 1941 viene trasferita alla clinica White Plains. Qui Annemarie riceve l’ultima offerta della amministrazione americana, deportazione a Lisbona, Portogallo o isolamento in psichiatria. Per Annemarie questa è la sconfitta finale, perde tutto, e deve ritornare a casa a Bocken dove adesso è “persona non grata” per la vedova madre. Le scelte di vita fra le due sono troppo diverse e le fratture restano inconciliabili. Annemarie sarà di nuovo “espulsa e deportata”, sua madre paga il viaggio verso Léopoldville, Congo Belga, Africa. Nel 1941 il Congo è il saccheggiato “Heart of Darkness” dell’Africa. In Europa e nel mondo c’è la guerra mondiale, qui non c’è guerra, ma i paesi europei qui danno il colpo di grazia a un continente già devastato dal colonialismo. A Léopoldville (oggi Kinshasa), nel quartiere degli occidentali vivono 3500 povere anime europee in limbo, in una sorte di pace, con le loro madrepatrie occupate dai tedeschi. Sono circondati da un mare di miseria e abbandono, sono persone diventate stantie e piene di odio, sfiducia e disfatta, che per Annemarie diventano il simbolo della spregevolezza della specie umana. «Questo paese era l’Inferno: qui si scontavano i peccati di una vita precedente», dice un conoscente di Annemarie. Lei è arrivata in Congo sperando di avere la possibilità di lavorare contro il nazismo come fanno gli amici Erika e Klaus Mann in altre parti del mondo. Invece le autorità non le hanno mai permesso di lavorare lí, perché è troppo grande la diffidenza verso una donna svizzera che parla la lingua del nemico. Dopo un anno, nel marzo 1942, Annemarie Schwarzenbach da Luanda lascia l’Africa con direzione Lisbona. Durante quest’anno vive non solo a Léopoldville, ma fa viaggi straordinari con il battello o in machina attraverso la giungla del Congo fino alle pianure dell’Africa dell’est. Ha scritto lettere, articoli, un altro romanzo, ha fatto innumerevoli fotografie, tutto consultabile online nell’archivio della Schweizerische Nationalbibliothek. [Per quanto riguarda la storia infernale nel Congo belga (anche questa quasi dimenticata) vorrei fare riferimento a una recensione di Francesco Remotti (Maggio 2015, sul sito [https://www.lindiceonline.com/geografie/itinerari-letterari/david-van-reybrouck-congo/]), del libro di David Van Reybrouck «Congo» (Feltrinelli, 2015)].

Nell’estate 1942 Annemarie Schwarzenbach ritorna via Marocco in Svizzera. È felice di tornare e comincia a scrivere. Il 6 settembre subisce una caduta dalla bicicletta con gravi ferite alla testa, è trasferita in psichiatria, poi a Sils, dove muore dopo due mesi di agonia il 15 novembre 1942, con tutta probabilità vittima della incapacità e incompetenza dei medici.

Ho parlato a lungo su un libro pubblicato più di vent’anni fa, un romanzo biografico su un personaggio oggi più o meno dimenticato, nonostante il fatto che circa venticinque anni fa ci sia stato un vero e proprio boom di pubblicazioni su Annemarie Schwarzenbach. È un libro anche molto politico, la “politica come destino” dell’uomo. Dopo la morte di Annemarie, sua madre e la nonna Clara Wille, in modo ignobile hanno distrutto una parte importante del lascito scritto dalla figlia/nipote. La famiglia Schwarzenbach, dopo la morte di Annemarie, impedisce per circa cinquant’anni ogni tentativo di avvicinarsi alla sua vita e alle sue opere da parte del pubblico. Solo nella seconda metà degli anni ’80 le opere di Annemarie Schwarzenbach sono di nuovo disponibili (per i dettagli cfr. il libro di Alexis Schwarzenbach).

Il resoconto del ventesimo secolo

Il ventesimo secolo è stato testimone di alcuni dei momenti più bui dell’umanità, e non sembra che la storia stia cambiando. Non ho fiducia in questo così spesso invocato “non dimenticare mai” o “mai più”. Purtroppo ci si dimentica sempre. Il romanzo della Mazzucco copre più di trent’anni della vita di Annemarie, la prima metà del novecento. Neanche dieci anni dopo gli eventi di cui parla questo libro, siamo già nel pieno “miracolo economico” del secondo dopoguerra, ed è come se niente fosse successo. La seconda metà del novecento non è stata mai in grado di restituirci ciò che abbiamo perso: troppi dolori, troppi morti, la disgregazione di ogni valore. E il 21o secolo è già cominciato malissimo.

Cito ancora una volta Gian Luigi Beccaria: “Si deve innanzitutto aver tanto letto prima di decidere di scrivere. Non lo si può fare se non si conoscono i precursori. La letteratura è fatta di precursori.” Melania Mazzucco ha aderito a questa regola, il suo romanzo è frutto di una enorme ricerca. Anche lei non riuscirà ad eliminare l’oblio dal mondo, ma l’uno o l’altro lettore troverà questo libro e per lui sarà un dono. E per Annemarie Schwarzenbach è stata fatta giustizia.  

I libri citati qui:

Klaus Mann: La Svolta. Il Saggiatore 2016 [No so se questa sia una edizione integrale; La Svolta è uno dei più importanti libri di memorie della prima metà del novecento.]

Alexis Schwarzenbach: Auf der Schwelle des Fremden. Das Leben der Annemarie Schwarzenbach. München, Collection Rolf Heyne 2008 [Questo è lo straordinario libro del pronipote di Annemarie Schwarzenbach sulla vita ed i tempi di Annemarie con ricchissimo materiale fotografico e documentario.] Il libro di Alexis Schwarzenberg e il romanzo di Melania Mazzucco insieme costituiscono la ideale unione delle forze. Non a sorpresa Alexis Schwarzenbach ha dedicato il suo libro a Melania Mazzucco con le parole “l’incontro con lei è stata il più bel regalo che Annemarie mi abbia mai portato”.

Un altro libro di Alexis Schwarzenbach sulla madre di Annemarie, Renée Schwarzenbach-Wille “Die Geborene”, 2004 Zürich, Scheidegger&Spiess, illumina un aspetto poco conosciuto della storia svizzera e delle relazioni svizzero-tedesche.

Gian Luigi Beccaria: In contrattempo. Einaudi 2022 [Uno dei migliori libri degli ultimi anni sull’importanza dei libri e della lettura per la mente, per la memoria individuale e collettiva. Beccaria scrive: “Il libro è il pensiero vivente di una persona, separata da noi dallo spazio del tempo, e ci parla. Alla memoria personale aggiungiamo una memoria collettiva, e l’intrico delle due «allunga la nostra vita, sia pure all’indietro» (U. Eco)”.   

Epilogo fra le tombe

I membri della famiglia di Thomas Mann sono uniti al cimitero di Kilchberg-Zurigo (Klaus Mann invece riposa a Cannes). Annemarie Schwarzenbach riposa al cimitero di Horgen-Zurigo, a pochi chilometri di distanza da Kilchberg, circondata anche lei dalle tombe della famiglia. 

Nel novecento, per molto tempo è stato quasi un privilegio avere una tomba con nome, una storia personale, essere ricordato. Milioni di morti non hanno nemmeno questo. È soltanto la letteratura, che può fornire nome e memoria, è questo il messaggio del sonetto XVIII. Il nostro discorso pubblico spesso non ricorda in modo onesto, – spesso si ricorda senza empatia e soltanto alla caccia di un “ostensorio”, – è un ricordo strumentalizzato al servizio di interessi egoistici e parziali. Ricordarsi in modo onesto è un compito difficile, triste e doloroso. Milan Kundera fa dire a uno dei suoi personaggi del romanzo “La festa dell’insignificanza”:

Il tempo vola. Grazie a lui, anzitutto siamo vivi, il che significa: accusati e giudicati. Poi moriamo, restiamo ancora qualche anno con chi ci ha conosciuto, ma ben presto si verifica un altro cambiamento: i morti invecchiano, nessuno se ne ricorda più e spariscono nel nulla; solo alcuni, pochissimi, lasciano i loro nomi incisi nella memoria ma, privi di una testimonianza autentica, di un ricordo reale, si trasformano in marionette…”

Ho cominciato con le righe del sonetto di Shakespeare, forse troppo ottimistiche. Certo, descrivono la grande aspirazione e speranza della letteratura di ogni vero autore, “ricordare per sempre” e “riuscire nella lotta contro il tempo che passa”. Melania Mazzucco è riuscita di avvicinarsi molto a questo obiettivo.

Io temo che infine forse è l’assassino Macbeth a comprendere meglio la storia della vita, di ogni vita:

“Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow,
Creeps in this petty pace from day to day
To the last syllable of recorded time,
And all our yesterdays have lighted fools
The way to dusty death. Out, out, brief candle!
Life’s but a walking shadow, a poor player
That struts and frets his hour upon the stage
And then is heard no more: it is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing.”

E così ritorno alla mia introduzione e chiudo il cerchio anch’io.

Egregio lettore

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio