Sussurri tra le pagine

“Omero, Iliade” di Alessandro Baricco: recensione libro

Tenendo questo libro tra le mani, la prima domanda che ci si pone è: perché? Perché leggere la riscrittura di uno dei più grandi poemi epici della storia? Perché Alessandro Baricco ha scelto di cimentarsi proprio con un’opera immensa e immortale come l’Iliade? È valsa la pena sacrificare la bellezza e la musicalità del poema originale, per ricavarne una prosa più fruibile? Tutti interrogativi validi, ai quali è difficile dare una risposta che soddisfi tanto gli studiosi, quanto gli appassionati di epica o i meno avvezzi alla poetica.

Frontespizio di un’edizione cinquecentesca dell’Iliade (2006, AndreasPraefcke, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

Certo è che Baricco ha scritto ”Omero, Iliade” non perché sostituisse l’originale e magnifico poema, ma perché si potesse rendere il contenuto più adeguato alle esigenze teatrali di un pubblico moderno. Attraverso una narrazione incantevole, costruita mediante il susseguirsi di appassionati monologhi, l’autore sceglie di eliminare ogni intervento divino al fine di snellire la trama senza alterare la successione degli eventi. Scelta questa, tanto discussa dagli estimatori della forma tradizionale, quanto apprezzata da chi è riuscito a cogliere il fascino dello stesso racconto presentato nella sua versione più antropocentrica, più a misura d’uomo e più attuale, in cui ogni essere umano diventa l’unico artefice delle proprie imprese.

Ripercorrendo l’opera caposaldo dell’antica letteratura greca, tradizionalmente attribuita ad Omero, Baricco narra una storia già ben nota, conducendo il lettore attraverso i 51 giorni dell’ultimo anno della guerra di Troia. Tra onori traditi, donne incantevoli, guerrieri storpi, eserciti uniti solo per un fugace momento, bellezze maledette, una donna premio per il più valoroso, battaglie sanguinarie, un’ira funesta e sacrifici indispensabili, c’è chi urla che “la guerra è un’ossessione dei vecchi, che mandano i giovani a combatterla” mentre un fratello chiama “vile” l’altro, causa della rovina di un padre, di una città, di un popolo tutto.

Alessandro Baricco

Nei cuori stanchi di valorosi guerrieri si leggerà l’ansia per una battaglia non ancora vinta e la paura per una guerra che non vuole estinguersi. Si scorgerà una lacrima fuggiasca, nascosta tra gli occhi degli eroi, cui non è concessa esitazione alcuna, votati alla gloria più che alla vita, alla morte più che alla fuga. Si riconoscerà, in fondo, solo il desiderio di tornare a casa, e metter fine ad una guerra tragica. Finiranno così, anche i più audaci, per travestire i timori con scintillanti armature cercando intorno a sé l’ardire per cimentarsi in combattimenti sanguinari, ancora una volta, forse l’ultima. “Non avevo mai visto la pace così vicina. Allora mi voltai e cercai Nestore, il vecchio e saggio Nestore. Volevo guardarlo negli occhi. E nei suoi occhi vedere morire la guerra, e l’arroganza di chi la vuole, e la follia di chi la combatte.”

Giovani uomini attorniati dalle atrocità di una guerra che ha odore di sangue, di viscere imputridite, di armi ammassate, di pozze di nero sangue e di un male che non si dimentica. Vestiti di bronzo come stelle lucenti, con il fuoco vivo negli occhi e le caviglie immerse nella putrescenza. Costretti a calare le palpebre, ancora, pregando che non sia per sempre. Guerrieri, incapaci di dormire, avvolti da un silenzio che preannuncia solo morte, in attesa che trascorra ancora un istante prima di gettarsi in una bolgia di sudore e sangue, lanciando indietro un’ultima volta uno sguardo bambino, per poi calarsi nelle vesti di valorosi uomini. “Si alzavano le urla intrecciate di gioia e dolore, dei morti e dei vivi, mescolate in un unico immane fragore nel sangue che inondava la terra.”

Omero di Philippe-Laurent Roland (Louvre) (2004, Urban, GNU Free Documentation License, Wikimedia Commons)

Una vecchia guerra, combattuta da vecchi uomini, destinata ad essere vinta in un modo nuovo. Il principio della fine sarà un sacrificio, uno solo dopo tanti, che cambierà le sorti di una guerra infinita, di uno strazio perpetrato per dieci lunghi anni, di un viaggio che non avrà ritorno. Lì dove neanche i più grandi potranno, gli eroi il cui destino è dipanare il filo delle dure battaglie dalla giovinezza fino alla morte, riuscirà un combattente silenzioso, sacrificatosi per l’onore e l’amore di un popolo intero. “Vidi Euripilo, che si trascinava lontano dalla battaglia, con una freccia conficcata in una coscia, il sangue nero che egli rigava la gamba, il capo e le spalle coperte di sudore. Sentii la sua voce dire “Non c’è più scampo, per noi”. E poi, piano “Salvami Patroclo”. E io lo salvai, io li salvai tutti…”

E quando anche i cavalli immortali piangeranno, la bocca di un giovane timoroso pronuncerà parole destinate a spezzare il cuore più impavido, cambiando per sempre, le sorti di una guerra che sembrava destinata a non concludersi. Così l’amore, il più potente motore delle storie e della Storia, sarà in grado di smuovere ancora una volta i cuori, i mari, le armi, l’ira funesta che troverà sfogo su un corpo inerme nel sangue, nella strage, nei lamenti, mentre i piedi cercheranno la via di fuga della morte, che è divoratrice di vita, e le rudi mani di un guerriero diverranno dispensatrici di dolci carezze. “Posò le mani sul petto del suo amato, con dolcezza, quelle mani abituate a uccidere, gliele posò sul petto, e si mise a gemere, senza tregua, come un leone a cui, nel cuore della foresta, un cacciatore abbia rapito cuccioli.”

Cavallo di Troia (Çanakkale, Turchia) (2012, Pmk58, CC BY-SA 4.0,Wikimedia Commons)

Termina così un poema, che nasconde tra le righe di un inno alla guerra, una voce di donna che prega per la pace. Un universo femminile, costretto al di là di un muro di pietra, dove giungono solo gli echi della battaglia che infuria. Tra paura ed incertezza, confinate in uno spazio in cui tutto è ormai morto meno che il desiderio di vita e la voglia di ricostruire la normalità con i cocci delle famiglie infrante dalle troppe morti conosciute.

Ho amato l’Iliade, e la possibilità di sentir narrare una storia eterna attraverso la voce dei suoi leggendari protagonisti, non delude le aspettative. Ho sentito la mancanza delle presenze divine, compensate, però, dall’innegabile semplificazione che ne deriva. E se il tutto risultasse così, troppo banale, di certo, ha il merito di instillare nel lettore il desiderio di approfondire o addirittura di conoscere, la versione autentica del grande poema, riportando alla mente la celebre richiesta alla musa Calliope affinché canti le gesta di Achille e della sua ira apportatrice di dolori e morte. “Certe morti sono dei riti, ma voi non potete capire”.

Erano così giovani che io per loro ero un vecchio. Un maestro, forse un padre. Vederli morire, senza fare nulla, questa è stata la mia guerra. Tutto il resto, chi se lo ricorda più.

“Omero, Iliade” di Alessandro Baricco, edizione Feltrinelli.

Sussurri tra le pagine per The BookAvisor.

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Angela Finelli

Classe 1987. Nata a Napoli, tra i vicoli e l'odore del ragù lasciato a "pappuliare" a fuoco lento già dall'alba. Amante dei libri da sempre, della buona cucina e delle mete insolite. Dipendente dal caffè, dalle risate spontanee e da quella punta di follia che rende la vita imprevedibile. Fiera sostenitrice del potere delle parole e dei sussurri nascosti tra le righe, quelli che lasciano un'impronta nella memoria e i brividi sulla pelle.

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