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“Grande era onirica” di Marta Zura-Puntaroni: recensione libro

“Potremmo dire di nascere interi e che l’incedere del tempo depositi sulla nostra esistenza le sedimentazioni del suo passaggio?

Così come la terra attraversata da ere geologiche, così noi, inesorabilmente trasformati, alterati, segnati da eventi e/o elementi, diventiamo esseri stratificati?

“[…] Siamo soltanto una diretta conseguenza di quello che c’è stato”?

Marta fa con se stessa ciò che un geologo fa con la terra. Seziona, studia, individua le sue ere, ne scandisce i passaggi.

Minuziosa, precisa, tagliente nel raccontarci ogni effetto, ogni variazione, le reazioni dominate dagli agenti modificanti, porta con sé la naturale sostanza della fragilità, i traumi, le speranze infrante, la continua ricerca di una felicità che sembra non arrivare mai, i desideri di morte e annullamento. Non nasconde niente, soprattutto ciò che normalmente è taciuto per pudore, ci regala un biglietto di ingresso omaggio nelle sue stanze segrete, anticamere di riflessioni sul nostro tempo, sempre più onirico, sempre più stratificato, immerso in un liquido amniotico che isola e non protegge.

Sfrontata, irriverente, irrequieta, implacabile. Questo animo indomito è brutalmente coinvolgente, non cerca approvazione, ci convince con la forza a scavalcare le apparenze e i luoghi comuni, a scavare tra gli strati sedimentati per trovare una storia, non soltanto sua.

Come in psicanalisi, in cui il lavoro onirico è l’insieme delle operazioni psichiche utilizzate da chi sogna per trasformare il “contenuto latente” del sogno in “contenuto manifesto”, ovvero in qualcosa di più comprensibile nello stato di veglia, così questo libro è un grande lavoro di traduzione delle ere che hanno attraversato Marta. Un lavoro di accettazione, di ricordo, di analisi. Un lavoro che richiede molta fatica, parecchio coraggio ed estrema lucidità. E noi? Noi siamo completamente assorbiti dai suoi strati senza rendercene conto. Partecipi, silenti, riflessivi e con il respiro tirato perché riconosceremo in quegli strati qualcosa di simile ai nostri, anche se diversi saranno i colori e le forme di queste sedimentazioni.

 

CITAZIONI:

“Mi chiedo se dovrei iniziare a classificare le mie ere con maggiore precisione, come fanno i geologi. Un’era rappresenta centinaia di milioni di anni. È un’unità di misura che non appartiene all’uomo, impossibile da accettare o anche solo da comprendere. È un’unità di misura che forse soltanto alcuni microrganismi, certe spugne o alghe dei mari artici hanno potuto apprezzare. L’unica unità di misura superiore è l’eone, che rappresenta miliardi di anni. L’essere umano come lo conosciamo ora, l’homo sapiens, è una specie vecchia soli duecentomila anni. I dinosauri comparvero 230 duecentotrenta milioni di anni fa e dominarono la terra fino alla loro estinzione, avvenuta centosessanta milioni di anni dopo. La superbia è quella che permette alla mia specie di sopravvivere, di andare avanti senza paura. Le mie grandi ere oniriche.”

“Forse hai ragione: percepisco – sotto le dita il cordolo che t’attraversa e rattrappisce il fianco, la vena che si gonfia e pulsa al centro della tua fronte immensa, il dilatarsi degli occhi grigi e inspiegabili mentre guardi il soffitto – la stratificazione della tua sofferenza, il suo compattarsi pressarsi farsi cristallina, invisibile, nascosta e sconosciuta agli altri. Ci passo le dita, vedo le ere e le glaciazioni e i disgeli, gli esseri umani che hanno abitato, che si sono evoluti e si sono estinti sulla superficie di un’esistenza che è quasi il doppio della mia, alla quale sono per gran parte estranea: cammino in gole modellate dal vento attorno al vuoto, luoghi inospitali dove non è più possibile la vita: non so quando troverò acqua, o rifugio: mi manda avanti soltanto la fede, l’idea che questo pianeta ci sia stato affidato, l’indifferenza curiosa e superba di fronte ai resti fossili di animali preistorici.”

“Forse è tutto già previsto, l’avvicendarsi delle ere, le glaciazioni, la maniera in cui il ghiaccio si ritirerà, come modellerà la mia crosta cerebrale.”

“La vita è tutta livelli, appena impari i trucchi per superarne uno ecco che ti mandano a quello dopo, con prove più difficili, trabocchetti incomprensibili, la perenne sensazione di non essere mai all’altezza se non per quell’infinitesimale secondo in cui ecco, lo superi, passi oltre. E poi di nuovo, da capo, ansia e difficoltà. Io invece ho hackerato il sistema, ingannato il programma, me ne resto qua incastrata per mia volontà in un livello bonus di cui conosco ogni trucco ogni scorciatoia ogni stanza segreta, tra gli studenti senza essere una di loro.”

“Grande era onirica” di Marta Zura-Puntaroni, Minimum Fax Editore. S(qui)libri.                                                           

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