Libri in pillole

“In un mare senza blu” di Francesco Paolo Oreste: recensione libro

È una Napoli marginale e polverosa lo scenario in cui Francesco Paolo Oreste ambienta il suo ultimo romanzo “In un mare senza blu”, vale a dire quella parte della città dove vivono gli invisibili. Un micro (macro) mondo seminascosto ma abitato da povertà e abbandono, lì dove non esistono i sogni, schiacciati dalle prime necessità e dall’obbligo di agitare continuamente braccia e gambe per non finire risucchiati nelle sabbie mobili della disperazione.

Un contesto arido e oscuro in cui (r)esistono donne e uomini con speranze e ambizioni, alle quali però non si può dare troppo ascolto perché troppo impegnati a confrontarsi quotidianamente con la durezza di una vita che non fa sconti. Spazi abitati anche da bambini, colpevoli di essere nati nella parte “sbagliata” della città, lì dove non c’è poi così tanto margine per l’infanzia, perché la vita deve presto trasformarsi in quella di piccoli grandi uomini obbligati a crescere in fretta, per riuscire quanto meno a respirare e a evitare di rimanere soffocati dalla violenza, dalla povertà, dalla sconfitta.

“Le vie della città del sole sono invase da un caldo asfissiante che ottunde e sfibra. C’è, però, la luce, che le inonda e le illumina. E non è poco, e non è niente. Si suda, l’aria si fa afa e ondeggia sospinta da un timidissimo e impolverante libeccio. Ogni cosa è piena, di sole e di sale. Tranne il vico. […] Il vico è il regno degli odori che non vanno via, del vuoto senza spazio intrappolato nelle case senza finestre, del niente che, immobile, ristagna e macera in disperata attesa del niente che seguirà”.

Ciro, Michele e Mario sono l’emblema di un’esistenza costruita su strada, tra le oscurità e le acidità dei bassi di Vicolo Stella, che ben presto si trasformerà in un buco nero che tritura carne, ossa, desideri, futuro. Eppure anche quella è una Napoli che affaccia sul mare, colorato di quel blu che è sinonimo di calma e serenità, un mare che accoglie e tranquillizza, e verso il quale si cerca di rivolgere lo sguardo quando il nero sovrasta violentemente ogni tipo di colore, anche quello caldo della luce del sole.

In un mare senza blu è un libro che fa respirare la vita altra di Napoli, quella costruita sull’emarginazione sociale, autentica, dura, violenta, nella quale per esistere bisogna quasi obbligatoriamente entrare a far parte di un meccanismo ben preciso, ma dalla quale però quasi tutti hanno l’estrema necessità di fuggire. Perché, alla fine, la speranza, seppur soffocata, continua a illuminare anche i sentieri più bui, e davanti ai bivi può aiutare a inforcare il cammino giusto per riuscire a cambiare ciò che appare inesorabile e a rinascere.

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“In un mare senza blu” di Francesco Paolo Oreste, edizioni i Dobloni del Covo della Ladra. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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