Dinanzi a certi libri ti fai piccolo piccolo. Comprendi appieno come la maestria dello scrittore sia un talento. Una bravura che viene dalla mente esercitata al pensiero. che poi si trasferisce tra le dita. Mani che sanno scrivere. Non è assolutamente facile riuscirci.
In La morte della romanziera di Marcella Formenti entri in una storia incredibile. Palermo, 1949. Tindara Persichini, la guaritrice, è morta. La gente è incredula. Il suo decesso per il fratello Bernardo, deputato del Partito Socialista, è da addebitarsi ad un omicidio. Per il popolo Tindara, la romanziera, è una santa. La sua storia è fatta da miracoli che la Chiesa ha approfondito senza venire a capo di nessuna furbata da parte della guaritrice. Rosario Granata, ispettore capo di Palermo, avvia le indagini sollecitate dall’onorevole. Il caso non è semplice. Quando arriva ad un punto se ne sgretolano altri. Lui, cagasotto, si è impelagato in una situazione torbida, intricata di guai. Attorno alla romanziera ruotano pezzi grossi della società. Persino il famoso bandito, Salvatore Giuliano, ha a che fare con la guaritrice.
Il romanzo è straordinario. La storia è avvincente, cattura il lettore da subito. La scrittura ha un peso formidabile in ogni sua pagina. Il lettore vede e sente tutto, anche i sospiri. L’autrice lo guida con incredibile maestria in un racconto che fa male.
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“La morte della romanziera” di Marcella Formenti, edizioni Morellini. Dream Book.