A Garamond Type

“Milkman” di Anna Burns: recensione libro

Ho letto, odiandolo mentre lo amavo, Milkman vincitore del Man Booker Prize, del National Book Critics Circle Award e dell’Orwell Prize for Political Fiction.

Un rigetto attrattivo

Il motivo principale del mio “rigetto attrattivo” è dettato dalla lingua particolarissima e ostica, a tratti letteraria, a tratti infantile, ma sempre ossessiva e ripetitiva, rispettata dall’ottima traduzione di Elvira Grassi: 451 pagine senza pausa, un racconto in prima persona di sorella di mezzo, diciottenne che vive a Belfast in Irlanda del Nord negli anni Settanta, fulcro del conflitto di questo paese con la terra oltre l’acqua.

Sorella di mezzo è  una persona inaccettabile tra la sua gente: in primis perché legge mentre cammina («Nei giorni di lavoro, col bello o col cattivo tempo, scontri a fuoco o bombe, calma piatta o sommosse in corso, io preferivo tornarmene a casa a piedi leggendo uno dei miei libri. Non poteva che essere un libro del Diciannovesimo secolo, perché i libri del Ventesimo secolo non mi piacevano, perché non mi piaceva il Ventesimo secolo»), poi perché tacciata di avere una relazione con un quarantunenne sposato, paramilitare pezzo grosso tra i Rinnegatori dello Stato, il Lattaio (Milkman) del titolo.

«Sapevo bene che quando leggevo-mentre-camminavo perdevo, in un modo cruciale, il contatto con ciò che succedeva nella comunità, con l’immediatezza delle informazioni, e che in effetti era un bel rischio. Era importante essere informati, tenersi al corrente, soprattutto quando le cose si accumulavano una sull’altra con tanta rapidità. D’altra parte, essere aggiornati, essere consapevoli, tenere tutto sotto controllo – sia il pettegolezzo sia la realtà – non impediva alle cose di accadere, tantomeno rendeva possibile un intervento su cose che erano già accadute, né un loro capovolgimento. La conoscenza non garantiva potere, sicurezza o sollievo, anzi, spesso significava proprio l’opposto di potere, sicurezza e sollievo – non lasciando vie di sfogo per tutti gli impellenti stimoli che l’essere aggiornati ti sbatteva di fronte. Non voler sapere, ecco, il mio leggere-camminando era esattamente questo.»

Una storia universale

Anna Burns è stata molto abile nell’avere scritto una storia universale, senza usare alcun nome, senza riferirsi a forze politiche specifiche, creando quasi una distopia con protagonisti la madre, il padre, cognato numero tre, forse-fidanzato, ragazza delle pastiglie e così via.

«Il lattaio può essere una persona, ma anche una comunità, o una situazione che toglie la terra sotto i piedi, che scombussola e lascia addosso un senso di persecuzione: è il condizionamento della società. Non va letto però nell’ottica del #MeToo. Milkman non è un flusso di coscienza, perché la voce narrante ingloba tutto ciò che la circonda», spiega l’autrice.

Ribellarsi

Alla lotta di questa gente stanchissima, che forma una comunità unita dalle perdite dei propri cari e da un conformismo pressoché totale, si ribella sorella di mezzo anche andando a guardare per la prima volta un tramonto con forse-fidanzato, atto che risulta essere più sovversivo dell’uccidere chi ha una bandiera diversa dalla propria.

«Il fatto che io stessa mi trovassi in quel posto a parlare con un uomo sinistro mentre reggevo in mano la testa di un gatto ucciso dai nazisti durante un’esplosione era semmai la prova che l’area-da-dieci-minuti non era fatta per le cose normali.»

Un libro potente, respingente, indimenticabile

«Era diventato faticoso anche dal punto di vista fisico, tutta quella diffidenza e quel tira e molla, quell’aprire il-fuoco-da-cecchino, quel rispondere-al-fuoco-da-controcecchino, quell’eludere le domande e il girarci attorno, quella sensazione che sia io sia la comunità stessimo procedendo a ruota libera verso qualche interfaccia finale. … Aveva il suo prezzo, tutta quella oscurità e quel mutuo giocare, che si portava dietro la concomitanza secondo la quale, nonostante il succo della mia dissimulazione fosse quello di tenermi al margine attraverso la non partecipazione, ora stavo facendo causa comune con loro. Troppo tardi ho capito che avevo sempre ricoperto un ruolo attivo, che ero stata un elemento concorrente, la causa principale della mia stessa rovina.»

(traduzione di Elvira Grassi)

Milkman” di Anna BurnsKeller editore. A Garamond Type.

Laura Busnelli

Commercialista “pentita”, ho maturato anche un’esperienza pluriennale in Sony. Lettrice appassionata e tuttologa, all’alba dei quarant’anni mi sono scoperta scrittrice, dopo essermi occupata di correzione bozze ed editing. Sono stata una libraia indipendente per tre anni, saltuariamente faccio ancora incontrare libri e lettori con grande gioia. Operatrice culturale, modero spesso eventi e racconto il mondo dei libri anche online, tengo una rubrica su libri a tema animali su RadioBau & Co. (web radio del gruppo Mediaset) e collaboro con l'associazione culturale "Librai in corso" nell’organizzazione di eventi e in corsi a tema. La mia rubrica qui si chiama "A Garamond Type" perché il Garamond è il carattere adottato per quasi tutti i libri italiani e Type sta sia per carattere, font, sia per tizio. E la tizia sarei io.

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