A voice from apart

“L’amore degli uomini soli” di Victor Heringer: recensione libro

È proprio vero: come avverte Victor Heringer all’inizio de “L’amore degli uomini soli”, nelle Informazioni metereologiche, «la temperatura di questo romanzo è sempre superiore ai 31 °C. L’umidità relativa dell’aria non scende mai sotto il 59%». Ma l’autore tace il fatto che la “temperatura” di cui parla, più che riferirsi a quella metereologica, inerisce soprattutto a quella emotiva…

“L’amore degli uomini soli”: preludio, ovvero l’arrivo di Cosme 

Tutto inizia in un’afosa vacanza del 1976, quando ancora l’estate brasiliana ha appena dato i suoi primi segnali e già infuoca e spossa il corpo. Nel quartiere carioca di Queím, Camilo, adolescente con «una gamba deforme», e Joana, la sorella, più piccola di lui, trascorrono una giornata di assoluto relax: lui a bordo della piscina della grande villa familiare, impossibilitato a entrarvi – non sa nuotare –, lei rinfrescandosi, facendo dei tuffi, e gettando ogni tanto acqua sulle gambe di lui per rendergli più sopportabili le scottature. A vigilare su di loro, una vicina, che assume il ruolo di babysitter quando la mamma di Camilo e Joana glielo chiede: Maria Aína, fonte di racconti le cui origini si perdono nel tempo. Alla libertà di Joana, Camilo, a cui è proibito uscire dalla villa a causa della sua condizione fisica, contrappone quella della fantasia: è l’immaginazione, influenzata anche dai racconti di Maria Aína, che gli consente di vivere esperienze che altrimenti non potrebbe vivere. Tutto, dunque, procede come al solito. È un’altra giornata di caldo umido, di quell’umidità che consente al calore di appiccicartisi addosso senza ch’esso possa essere scacciato, come la povertà, sembra, delle persone che popolano quel quartiere, o i dintorni di quella villa.

Ma quella vacanza del 1976, quel giorno di assoluto relax non saranno come altre vacanze e altri giorni di pieno relax vissuti prima; rappresenteranno invece l’inizio di qualcosa di inaspettato e imprevedibile:

«Ci sorprese il rumore dell’auto di papà. La luce avrebbe invaso il nostro nascondiglio. Brum brrrum, la Ford Corcel stava girando l’angolo. Si fermò davanti al cancello e ruggì di nuovo, vroom vroom, reclamando di entrare. Nessuno andò ad aprirgli. La mamma apparve sulla veranda, scambiò poche parole con Maria Aína, fu lì lì per restare, ma poi rientrò in casa. Papà, che stava varcando il cancello di ferro, non la vide. Parcheggiò davanti alla piscina, suonò il clacson e il sole colpì in pieno la carrozzeria giallo-moccio dell’auto, proprio sotto i nostri occhi. Maria Aína si alzò disfatta, sderenata e cascante, guardando dall’alto. Joana mi portò il bastone e mi aiutò a rimettermi in piedi. Il suo sorriso sdentato voleva sapere che regalo ci aveva portato papà, perché lui tornava sempre dai viaggi con un regalo. Scese dalla macchina, sbatté la portiera, sbuffò sistemandosi i pantaloni. Caldo. Il motore continuava a ronzare anche da spento, asmatico, prima di addormentarsi del tutto.
«Solo allora vidi la testa di qualcuno, incorniciata dal finestrino posteriore. La testa rasata di un ragazzo, un ragazzo come me.»

In questo modo compare, nella vita di Camilo, Cosme, un ragazzo mulatto che produce in Camilo, di primo acchito, l’istinto di odiarlo, un odio come quello dei bambini, senza «ragione né scopo», in grado di dissolversi come una parola sussurrata, e con la stessa rapidità.

Ne “L’amore degli uomini soli” si racconta dello sboccio del primo amore tra Camilo e Cosme nel Brasile degli anni ’70

In “L’amore degli uomini soli” si racconta, dunque, in forma diaristica, dello sboccio, lento, progressivo, del primo amore tra Camilo e Cosme, un amore che nasce e cresce in un ambiente in cui l’uomo pare essere «allo stato brado», in cui «non c’è legge una volta attraversato il ponte di Manguinhos dell’Avenida Brasil, porta d’entrata dei suburbi»; e in cui anche solo il tenersi per mano, da parte di due maschi, e il loro primo bacio, dato così naturalmente e innocentemente, possono portare con sé il timore della reazione dei pari: «Immaginai tutto il calderone di orrori di un tempo, nel quale galleggiavano teste mozzate e carne di culattone arso sul rogo. La solita minestra riscaldata e ritirata fuori da ogni generazione di ragazzi, da quando il primo imperatore di Roma decise che un uomo, per essere retto, doveva essere vergine di donna e doppiamente immondo era il maschio che andasse a letto con un altro maschio».

La “profezia” di Maria Aína e il “destino” di Camilo, che si riflette nel suo racconto

Maria Aína ricordava spesso a Camilo che, come lei, lui era nato «impiccato al cordone ombelicale» e che «chi nasce segnato così ci ha sempre una minaccia sulla testa», sta «sempre sull’orlo del pericolo». Il racconto che viene fatto in questo romanzo riflette il concretarsi di questa “profezia”: è infatti nostalgico e sofferto, melanconico e commovente. C’è rabbia, in Camilo, che trasuda dal suo resoconto di fatti accaduti quarant’anni prima, e c’è un profondo senso di solitudine, un tale oblio doloroso nel petto, tanto che verrebbe voglia di abbracciare Camilo, di dirgli che c’è qualcuno lì pronto ad ascoltarlo, disposto a confortarlo: che non è solo…

Come si presenta un’esistenza inconsolabile (anzi, due)?

Victor Heringer
(Fonte: https://veja.abril.com.br)

Eppure quell’oblio, che mano a mano è venuto formandosi proprio al centro, lì dove il cuore pulsante di Camilo batteva, e batteva più forte alla vista di Cosme, agisce implacabilmente nella direzione di rendere inconsolabile la sua esistenza: «Hai presente quando sei influenzato, quando hai la gola infiammata?», dirà ancora, «Quando hai la febbre e sei pieno di catarro e ti senti fiacco e le medicine da banco della farmacia non funzionano? Quando cominci a dubitare che non si tratti di un semplice raffreddore o di un virus, ma che forse è qualcosa di peggio? Immagina di vivere tutta la vita così, sempre due o tre toni sotto agli uomini sani, sempre sospettando il peggio. Il peggio, nel mio caso, è molto peggio che nel tuo. Due o tre toni sotto».

Mi sono chiesto sovente, leggendo “L’amore degli uomini soli”, quanto Heringer ci fosse dentro, quanto Heringer, più esattamente, ci fosse in Camilo; mi sono chiesto se, come il protagonista del suo romanzo, si sarà sentito così anche Victor… E poi Camilo scrive: «Per quel che mi riguarda, può anche venire la fine del mondo. Tra non molto andrò a ingrossare il brodo dei morti». E questa frase, quasi postasi in rilievo sulla pagina rispetto a tutte le altre, non ha potuto non farmi pensare allora al gesto estremo compiuto da Victor, e più ha avuto senso, così, il pormi quell’interrogativo: la risposta mi è stata subito chiara.

“L’amore degli uomini soli”, ovvero «Ogni idillio finisce con una tempesta…»

«Ogni idillio finisce con una tempesta e dalla tempesta all’alluvione il passo è breve», affermerà a un certo punto Camilo in questo suo diario.

Ebbene, in fondo, si può dire che “L’amore degli uomini soli”, grazie al singolare e originale stile narrativo di Victor Heringer, non fa che parlarci (e ricordarci) del rischio (e dei suoi effetti, una volta realizzatosi) che segue a quell’«idillio», del rischio cioè che qualcuno non si riprenda più dall’«alluvione», o che, straziandoci il cuore, qualcun altro da noi non faccia più ritorno…

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“L’amore degli uomini soli” di Victor Heringer, edizioni Safarà Editore. A voice from apart.

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