I libri di Riccardo

“I giusti” di Jan Brokken: recensione libro

Inn questo momento, proprio mentre vi sto scrivendo, al mondo esistono almeno trentasei Giusti, e quando mi leggerete, foss’anche tra trentasei anni, al mondo esisteranno ancora almeno trentasei giusti. Ve lo posso assicurare.

Se così non fosse, io non potrei scrivere e voi non potreste leggermi, perché, come insegna il Talmud, il mondo smetterebbe di esistere se al mondo non ci fossero almeno trentasei Giusti.

I Giusti tra le Nazioni.

A Kaunas, in Lituania, nel 1940 esisteva un mondo, poco simile a un mondo e molto simile a una bolgia infernale, abitata da poveri peccatori innocenti in fuga dai diavoli con la coda uncinata, ma per fortuna, esistevano anche Mr. Philips e Mr. Sugihara, e giusto un’altra manciata di Giusti. Unica differenza, Mr. Philips di cognome non faceva Philips, mentre Mr. Sugihara di cognome faceva proprio Sughiara.

I Giusti scrivevano, scrivevano, scrivevano e timbravano, a Kaunas, e si leggevano a Kaunas, ma non s’incontravano, anche se vivevano giusto a una manciata di strade di distanza… a Kaunas, in Lituania.

E come si riconoscevano i Giusti?

Una fila di Giusti

i giusti jan brokkenDalla coda: c’è sempre una fila di persone in attesa davanti alla porta dei giusti, una fila che magari scorre lentamente, ma avanza ostinata verso la salvezza, mica come quella folla prigioniera di un transatlantico, il St. Louis, prigioniera e disperata di fronte alle coste di quelli che pensavamo giusti, e magari pensiamo ancora giusti, eppure rispedirono al mittente quasi mille topolini innocenti. E, mentre Hitler ringraziava Franklin Delano Roosevelt, si leccava soddisfatto i ridicoli baffetti e ne inchiodava duecentotrentasette per la coda ( Ogni riferimento allo straordinario “Maus” di Art Spiegelman è ostinatamente voluto), i Giapponesi, quelli cattivi, quelli che giusti non erano, accoglievano quelle persone, al massimo lamentandosi per i vetri che si appannavano per le tante domande dei profughi ammassati agli sportelli del porto di Tsuruga, dopo aver attraversato la Russia sulla Transiberiana e il mar del Giappone in tempesta. Proprio quella Siberia, che già vent’anni prima, nel 1920, era stata algida testimone del dramma degli ebrei polacchi, venuti per completare la ferrovia e trovatisi, dopo la rivoluzione, in mezzo alle parti in conflitto. Erano stati massacrati senza pietà, i loro bambini si erano dati al vagabondaggio nelle foreste, fino a quando erano stati soccorsi, ormai inselvatichiti, da Anna Bielkiewicz, una Giusta tra i Giusti, trovando la salvezza proprio a Tsuruga.

Brokken, cantore olandese delle storie baltiche

Ho vagabondato anch’io, qua e là tra le pagine, per rubare spizzichi e bocconi delle meravigliose, e terribili, vicende che Brokken, cantore olandese delle storie baltiche, ha narrato in questo imperdibile libro, un volume da appoggiare, come il famoso sassolino della tradizione ebraica, sulla lapide del console dei Paesi Bassi in Lituania, Jan Zwartendijk. Un onore negatogli in vita, i testimoni spariti nelle nebbie del tempo e della diaspora, lui stesso dubbioso in merito ai suoi meriti, ma non i suoi figli, ostinati nel reclamare giustizia per un Giusto. Questo c’incanta in Brokken: il talento nel scegliere le storie e la cura per mantenerle nell’alveo della Storia.

Un libro lungo, a volte doloroso, a volte delicato come una nevicata di petali di ciliegio, un libro che, come pochi altri, ci può dare l’esatta dimensione del dramma che ha cancellato e disperso la comunità ebraica dell’Europa Centrale.

Avrei voluto usare trentasei volte il lemma “giusto” nella recensione, ma purtroppo sono arrivato giusto alla metà… del resto si sa, e queste pagine di Storia ce lo ricordano, che le opere dell’uomo, sia nel male che nel bene, quasi sempre sono destinate a rimanere incomplete.

“I giusti” di Jan Brokken, edizioni Iperborea. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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