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Di Versi in Versi: “Casa mia non ha le ringhiere” di Lorenzo Mele

Per “Di Versi in Versi”, vi proponiamo la lettura di “Casa mia non ha le ringhiere” di Lorenzo Mele, edito da Ensemble

Per “Di Versi in Versi”, vi proponiamo la lettura di “Casa mia non ha le ringhiere” di Lorenzo Mele, edito da Ensemble

La poesia, l’amore, l’inquietudine

Casa mia non ha le ringhiere, è il titolo. Come a dire senza girare intorno – così come la poesia sempre dovrebbe fare – che davanti alle parole (in versi) ci si deve preparare a precipitare, a scavare, a trovare quel concetto di protezione che nella vita ci è mancato. È questa l’operazione che sembra fare Lorenzo Mele con questo suo nuovo lavoro poetico. Non a caso l’autore offre al lettore, prima ancora della lettura viva e centrale dell’opera, una sua dichiarazione di intenti e intimità:

«…se scrivere è un passo, un sorso d’acqua,

uno schizzo di gioia dopo il terrore,

dopo lo sgomento, allora c’è speranza

anche per gli inquieti, per i dispersi,

per i tormentati come me.

Niente è serrato quando nasce l’amore».

Ed è all’amore che torna sempre la parola di Mele. Perché è dall’amore che sempre nasce questa “messa in scena” della propria intimità; e lo si dice di certo non intendendola nella sua accezione negativa, ma come opera completa, fatta di atti, scene, attori, protagonisti – visibili e invisibili, da creare ognuno con la propria sensibilità e percezione della realtà.

Una continua confessione, che si serve di parole coraggiose

La raccolta è un susseguirsi di confessioni, con al centro il tema familiare, là dove tutto nasce, là dove tutto torna, per poter spiegare le proprie inquietudini, scelte o mancate tali. Mele si serve di una parola coraggiosa, che arriva dritta al centro della tematica:

«…Non sapevo ancora il dolore

di vivere a metà

nel chiaroscuro dell’infanzia.

Non sapevo la fatica dello stare

da solo nell’orto del cortile,

il mio cognome orfano di padre,

quella voce di madre mancata

e il suo casino d’inchiostro,

quella dannata colpa di solitudine».

Lo stile, a tratti, ricorda una certa scuola poetica d’oltreoceano, che si contamina di prosa anche se utilizza il verso. Che parla, narra, senza mai rinunciare all’immagine poetica:

«Casa mia non ha le ringhiere:

è un giardino senza alba,

un ramo che scorre verso il mattino».

Non ha paura, l’autore, di dire, di pronunciare parole come orfanotrofio “l’istituto dei bambini sperduti”. Parla di pianto, ma non si auto-commisera. Dice, incontrovertibilmente, come ogni poeta fa e vuole fare.

Coraggio, è la parola che torna nella lettura di questo testo. Il coraggio di sputare amore, anche di fronte all’immagine della morte.

«Mia madre a un certo punto

ha smesso di camminare;

si è fatta però dei nuovi amici:

il camino, il televisore,

la vaschetta per vomitare».

Se la casa della poesia di Mele non ha le ringhiere, noi accettiamo il rischio di sentire anche oltre la misura delle nostre personali esperienze.

«Mia madre sconsolata

reclusa in quattro mura;

distesa terminale

tra il fumo e la non cura».

Lorenzo Mele

Accarezziamo le parole, leggiamo e capiamo il cuore, nostro e altrui (come si ricordano i versi di Antonia Pozzi: “Leggo le parole dei poeti / per capire il mio cuore / e quello degli altri”). È un buon lavoro, quello di Mele. Una buona parola, diretta, mai barocca, che attanaglia e al tempo stesso ci libera. Mele sa dire e ci rende aperti all’ascolto.

Felicia Buonomo

Felicia Buonomo è nata a Desio (MB) nel 1980. Nel 2007 inizia la carriera giornalistica, occupandosi principalmente di diritti umani. Alcuni dei suoi video-reportage esteri sono stati trasmessi da Rai 3 e RaiNews24. Attualmente è giornalista presso Mediaset ed è nella redazione di Osservatorio Diritti. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste e blog letterari, quali La rosa in più, Atelier poesia, la Repubblica – Bottega della Poesia e altrove. Alcuni suoi versi sono apparti anche su riviste e blog letterari degli Stati Uniti, quali Our Verse Magazine, The Daily Drunk Mag e Unpublishable zine. A dicembre 2020, una poesia – tradotta in francese da Bernard Giusti – verrà pubblicata sulla rivista parigina “L'Ours Blanc”. Altri suoi testi poetici sono stati tradotti in spagnolo dal Centro Cultural Tina Modotti. Cura una rubrica dedicata alla poesia su “Book Advisor”. Pubblica il saggio “Pasolini profeta” (Mucchi Editore, 2011), il libro-reportage “I bambini spaccapietre. L'infanzia negata in Benin” (Aut Aut Edizioni, 2020), la raccolta poetica “Cara catastrofe” (Miraggi Edizioni, 2020) e la raccolta poetica "Sangue corrotto" (Interno Libri, 2021). Dirige la collana di poesia “Récit” per Aut Aut Edizioni.

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