Un libro tra le mani

“Cose che non si raccontano” di Antonella Lattanzi, recensione: Un libro tra le mani

COSE CHE NON SI RACCONTANO, di Antonella Lattanzi.

Mentre leggevo questo libro mi sono sentita “esposta per procura“, nuda, scorticata, immersa in una strana forma di disagio per l’intimità, la profondità e la ferocia del suo contenuto, pur non appartenendomi l’esperienza narrata.

Ma non occorre affatto aver vissuto situazioni simili a quelle della scrittrice/protagonista per sentirsi “dentro” i fatti, per provare quel dolore, per lottare, sognare, commuoversi, incazzarsi, soffrire e sperare fino all’ultimo istante.

É tutto così forte, così esposto, così maledettamente lucido che hai quasi timore di non farcela tu, tu che stai leggendo, che pensavi di essere al sicuro, con il libro in mano, sul divano… ed invece precipiti.

Le parole della Lattanzi possono risultare brutali, quasi violente, e non (solo) perché intrise di sangue, di dolore straziante, fisico ed emotivo, ma perché raccontano l’indicibile, quello che non si deve dire, cose che troppo spesso pensiamo e dobbiamo tenerci dentro perché non socialmente accettate.

E, come se non bastasse, ci riteniamo anche responsabili delle cose negative, delle tragedie che ci accadono, come “punizione” per quei pensieri. 

Un bel “me lo sono meritato” insomma, perché certe cose non va bene neanche pensarle.

Ed invece io ho trovato tutto terribilmente umano!

Anche i sentimenti negativi per antonomasia, come l’invidia, l’egoismo, la rabbia…

Questo libro è il racconto di un desiderio di maternità che diventa ossessione, e questa ossessione diventa un calvario.

É il racconto di una donna e di tre bambine.

E di un libro.

Ci sono visite mediche, referti, Medici con la M maiuscola e medici di merda, c’è la vita e c’è la morte, c’è il sangue. Tanto sangue.

Ma non è, a dispetto di quello che potrebbe sembrare, un romanzo triste, né vittimista, è piuttosto un libro in cui l’autrice sceglie di usare tutte le parole giuste, senza avere pietà, soprattutto di se stessa.

Quello che diventi, certamente, lo scegli tu. Quello che ti accade, spesso, no. Per sapere chi diventerai davvero, devi aspettare che il futuro accada. Solo quando il futuro accade sai se sei una delusione per te. Se sei proprio chi speravi di non essere. Io lo sono stata.

Una donna che non esce piú dall’unico pensiero di fare un figlio. Una donna che guarda le donne incinte con invidia. (Sii sincera quando scrivi). Va bene, sono sincera. Io le guardo con odio.”

Se non lo dico, non è successo…

Nel momento in cui parli di qualcosa, questo qualcosa diventa reale, non puoi più fingere che non sia successo, e credo che sia stata esattamente questa la motivazione, la spinta che ha portato alla stesura di questo libro autobiografico.

Un bisogno personale, certo, ma che, man mano, ha assunto un valore universale perché ritrovarsi in una qualsiasi delle emozioni descritte può aiutare a sentirsi un po’ meno “sbagliate“.

“Ce l’avevo sulle labbra e stava sempre per venir fuori. Ma poi non potevo. Se consegni a un’altra persona una parte cosí grande di te, come fai a proteggerti? Se consegni le tue cose piú profonde a qualcuno, poi fanno piú male. Perché da quel momento esistono.”

La scrittura è lo specchio del contenuto: è spezzata, piena di incisi, di affermazioni messe nero su bianco e poco dopo messe in discussione, come se fosse in atto un dialogo interiore della scrittrice con se stessa e lei non si curi di presentarci un prodotto “ripulito”, ma proprio quel marasma di emozioni contrastanti che l’hanno accompagnata in un momento terribile (e paradossalmente bellissimo!) della sua vita personale e del mondo intero (siamo in pieno lockdown da Covid).

E poi ci sono i tanti spazi bianchi. Le pause, i silenzi necessari per raccontare quello che non si può raccontare.

Risorgere sottoforma di parole

Leggendolo, io mi sono sentita un po’ in colpa per tutte quelle cose che nella mia vita ho dato per scontate, ma nello stesso tempo ho provato un grandissimo rispetto e tanta ammirazione per chi ha la tenacia di lottare, con le unghie e con i denti, fino a consumarseli, per realizzare un sogno, e poi… quando si ritrova immersa nelle macerie di una battaglia persa, ha la capacità di risorgere sotto altra forma.

Questa. La forma piu alta.

“Dopo tutto quello che mi ha abbandonata, questo resta. Questa testardaggine. Non si tratta di salvare. Non si tratta di redimere. Non si tratta di urgenza, né di necessità. Si tratta di cercare di creare qualcosa che abbia ancora un valore per me, di provarci con tutte le forze. Si tratta alla fine di esistere.”

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“Cose che non si raccontano” di Antonella Lattanzi, Einaudi editore . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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