“Strade di pozzanghere” di Nadia Campanelli: viaggio nei ricordi
La memoria è la custode dei nostri ricordi. È la confessora alla quale affidiamo i segreti di famiglia, le storie raccontate attorno al fuoco, i giochi dell’infanzia, i sogni non più realizzati. La memoria è la scatola nascosta in fondo al baule, da aprire nei lunghi pomeriggi invernali, quando le nostalgie si fanno struggenti e la strada da percorrere diventa più corta.
Compiere un viaggio nel passato, fissare su carta aneddoti, racconti e volti è l’unico modo per non dimenticare. Quando la testa comincerà a giocare e a fare strani scherzi, riprendere in mano il quaderno dei ricordi ci aiuterà a rivivere quei momenti. A sorridere ancora di quel giorno particolare, ad annusare come fosse ora il fiore che conservammo in un libro, a desiderare la minestra calda della quale eravamo ormai stanche/i e che ora gusteremmo con rinnovato piacere.
Con dolcezza e lucidità, Nadia Campanelli ci apre la sua scatola dei ricordi, permettendoci di guardare dentro attraverso una narrazione lucida e tenerissima del suo passato e avvalendosi di una prosa scorrevole che non di rado assume sfumature poetiche. Un passato fatto di vita semplice, di sacrifici, di rinunce, quello dell’autrice. Dalla descrizione della casa a quella della sua famiglia fino a comprendere vicini di casa, strani personaggi del paese, azioni quotidiane e legate al ritmo delle stagioni: la vita di Nadia scorre lenta e pulita, come un ruscello dalle acque limpide e fresche.
Il racconto dell’autrice non si ferma in superficie, non si limita a una cronologia dei fatti né a descrizioni apparenti. Il suo narrare esplora l’animo umano, le scelte che hanno condizionato la vita delle persone, le conseguenze a volte non felici. Agli occhi di Nadia bambina, spesso le cose appaiono deformate, ingigantite negli aspetti negativi. Oggi, la sua maturità la porta a un racconto fedele grazie a una nuova consapevolezza. E capisce che ciò che era brutto non necessariamente significava cattivo e che ignoranza, in realtà, era semplice ingenuità.
A fare da sfondo ai racconti, ci sono i paesaggi di campagna che Nadia Campanelli descrive con l’accuratezza di un pittore. E le parole diventano colori, i capitoli lunghe e armoniose pennellate che dipingono case, prati, alberi, frutti. Le stagioni si succedono e il lungo inverno cede il passo a un’esuberante primavera la quale esplode di bellezza e di profumi fino a stendere un tappeto gioioso per l’ingresso dell’estate, la stagione amata dall’autrice. Estate significava, infatti, pomeriggi infiniti a giocare all’aria aperta, fresche fette di anguria e pane caldo a colazione, odore umido di erba e lunghe corse nei campi.
La mia infanzia l’ho vissuta in gran parte correndo e cadendo, avevo spesso le ginocchia macchiate di croste grosse e nere. Quando un giorno mi accorsi che le ferite non avevano lasciato più traccia, capii che il tempo dei giochi era finito e non sarebbe più tornato.
Dopo l’estate, puntuale, arrivava l’autunno. E con esso l’inizio della scuola, le foglie secche che scricchiolavano sotto le scarpe, i nuovi profumi della natura: le castagne, le minestre calde. E ancora, il sole pallido, i pomeriggi in casa, la stufa accesa, la nebbia. Ogni autunno era lì a ricordare all’autrice che qualcosa cambiava, che ella stessa cambiava, come anche chi le stava intorno. La bambina cresceva e si avviava a diventare donna. Una piccola donna desiderosa di conservare il ricordo dei bei momenti, delle storie ascoltate dalla nonna, dei giochi con gli altri bambini.
In questo presente che mi appare piatto e incolore, sento il bisogno di aggrapparmi al passato, di ritrovare le radici del mio essere e con esso mi illudo di ridare un senso ai miei giorni.
Nadia Campanelli è nata a Brescia, città in cui vive e lavora. Ha insegnato per circa vent’anni nella scuola media per poi diventare docente di italiano e storia presso un istituto. L’opera proposta rappresenta la sua prima pubblicazione.
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“Strade di pozzanghere” di Nadia Campanelli, Marco Serra Tarantola Editore Vivere leggendo