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“Le notti al Santa Caterina” di Sarah Dunant: le sacre prigioni

“Le notti al Santa Caterina”, di Sarah Dunant, è un romanzo che descrive benissimo ciò che avveniva nella seconda metà del 1500 in Italia e in Europa. In quel periodo, infatti, era prassi comune, da parte delle nobili famiglie, chiudere le proprie figlie in convento quando non potevano permettersi la costosa dote per farle sposare. Mandare le ragazze in un monastero, infatti, comportava un onere assai meno pesante di quello di un matrimonio. Tante furono le fanciulle costrette a indossare l’abito monacale contro la propria volontà, non avendo altra scelta che quella di piegarsi al volere di genitori egoisti e insensibili.

La vita nei conventi, però, non era affatto semplice. Rinunce, regole severe da rispettare, giornate scandite dalla preghiera e dal lavoro, una quotidianità segnata dalla fatica e dalla monotonia. Tutto ciò minava gli animi delle ragazze più fragili e non tutte si adattavano a quel tipo di vita. Sovente nei monasteri si compivano ingiustizie nei confronti di chi si ribellava e non mancavano violenze e soprusi.

La storia narrata da Sarah Dunant nel suo romanzo “Le notti al Santa Caterina”, è una vicenda che nasce dall’immaginazione della scrittrice ma che trova riscontro in tante analoghe storie di quel tempo.

È il 1570, l’ambientazione è la città di Ferrara, convento di Santa Caterina. Qui, la badessa Chiara, donna potente e ambiziosa, tiene le redini di un piccolo gruppo di donne. Sono suore di vecchia data e novizie che affrontano le difficoltà quotidiane con fede e sacrificio ma anche con rabbia e sofferenza. Come Serafina, una fanciulla appena arrivata la quale segue la stessa sorte di tante altre. L’aristocratico padre, infatti, ha deciso di farla entrare in convento non potendo affrontare le spese per la dote necessaria al suo matrimonio. Il dolore di Serafina è straziante e, giorno dopo giorno, la ragazza si rende conto che il suo destino è segnato, anche se adattarsi, per il suo spirito ribelle, è difficile.

Nel perimetro invalicabile del convento, la vita scorre quieta e turbolenta allo stesso tempo. La fanciulla stringe un particolare rapporto con suor Zuana, la monaca speziale, figura di rilievo del romanzo. Figlia di un medico, rimasta sola alla morte dell’amato padre, è stata costretta a entrare in convento non avendo nessuno e non potendo vivere sola, cosa sconveniente per una donna a quei tempi. Suor Zuana ama dedicarsi allo studio di malattie e di erbe mediche, oltre che alla preghiera. Curare e studiare le piante che le serviranno in spezieria è la sua occupazione principale, quella che le regala le soddisfazioni più grandi.

Terra, luce, acqua e sole. Nascita, morte, putrefazione e rinascita. In natura non c’è bisogno di confessione o perdono, e neppure di redenzione. La vita senz’anima, semplice e trasparente.

All’interno del Santa Caterina, si intrecciano i sentimenti contrastanti che albergano negli animi delle suore. Ognuna con la propria visione della fede e del modo di affrontare la vita monacale, esse si ritrovano a condividere uno spazio fatto di ristrettezze e di malumori, di sacrificio imposto o desiderato in nome della redenzione. 

Suor Benedicta ama la musica e le note danzano freneticamente nella sua testa mentre suor Perseveranza ama un’altra melodia, quella della sofferenza causatale dai chiodi che le penetrano nella carne. Lo studio di rimedi contro le malattie è la passione di suor Zuana, la rinuncia e le privazioni alimentano l’animo di suor Umiliana. La novizia Serafina, invece, piange e si dispera per l’amore perduto e le sue urla turbano la quiete dell’intero convento.

“Le notti al Santa Caterina” è un romanzo tutto al femminile, di una bellezza straordinaria, scritto meravigliosamente bene. Nell’affrontare un tema così delicato, l’autrice dimostra elevate competenze e professionalità, facendoci entrare in un mondo nascosto di cui si sa sempre troppo poco. La narrazione è scorrevole e analizza l’animo e i sentimenti delle donne che vissero una condizione il più delle volte imposta.

Il romanzo è caratterizzato da una scrittura potente e lieve allo stesso tempo, con descrizioni della vita monastica dettagliate e molto interessanti. I dialoghi, i pensieri, le preghiere sussurrate: ogni pagina di questo libro è ricca e profonda e rende la storia suggestiva e intensa. Chi legge si ritroverà a far parte della vita conventuale, guardandosi intorno con stupore, paura, senso di soffocamento ma anche di pace e di sollievo.

Tra le mura dei conventi si pregava e si piangeva in silenzio, si lavorava e si pativano sofferenze a volte cercate, nel desiderio di un’elevazione al cielo che fosse salvezza per sé e per le proprie compagne. Si chiedeva perdono per peccati a volte insignificanti, si annullavano desideri terreni i quali, non di rado, covavano in silenzio il proprio rancore. Soffocarlo o farlo esplodere significava cambiare il corso di un’intera vita.

 

Sarah Dunant ha studiato a Cambridge e insegna Storia del Rinascimento. Ha lavorato a lungo per la BBC. Vive tra Londra e Firenze. Autrice di “La Cortigiana” (2013), “Sangue e onore. I Borgia” (2013), “La nascita di Venere” (2014) 

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“Le notti al Santa Caterina” di Sarah Dunant, Neri Pozza  Vivere leggendo

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