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“La figlia del Vesuvio” di Emanuele Coen: la forza di una Donna

Una vita intensa e avventurosa, la trama ideale per un romanzo che riporta alla luce una personalità originale come quella di Elvira Coda Notari, la prima donna regista del cinema italiano. Una donna coraggiosa e caparbia che non ha avuto paura di muoversi in un mondo tutto coniugato al maschile, riuscendo ad affermarsi e a lasciare un’impronta profonda nel campo del cinema italiano.

“La figlia del Vesuvio” di Emanuele Coen nasce da un accurato lavoro di ricerca dell’autore. Attraverso una storia di finzione e realtà, egli ci fa conoscere la figura di una grande artista dimenticata.

Non è facile, per una donna, avere la possibilità di dar vita ai propri sogni. Ancora più difficile se il destino la fa nascere all’inizio del Novecento e nel Sud Italia. Eppure, le fondamenta per un futuro diverso le getta già suo padre alla sua nascita quando si ripromette di regalarle un percorso di vita alternativo. Di sicuro, non quello del faticoso lavoro in fabbrica, sotto padroni sfruttatori e maschilisti, come accadeva a tante ragazze di quell’epoca prima di andare in moglie, molto probabilmente, a uomini egoisti e violenti.

Elvira studia, si appassiona al disegno e a sposarsi proprio non pensa, dimostrando sin da subito il suo anticonformismo. Lei ha altri ideali, altre vocazioni, altre passioni. Il suo modello di riferimento è Matilde Serao, la prima donna a dirigere un giornale. Una lavoratrice instancabile, determinata. Una scrittrice dalla parte delle donne con il coraggio di affermare il proprio pensiero.

Nata a Salerno, Elvira vede la sua vita cambiare decisamente rotta quando il padre decide di trasferirsi, con tutta la famiglia, a Napoli. La giovane donna odia la nuova città: la miseria, gli odori forti, le chiacchiere assordanti delle vicine e gli schiamazzi dei bambini. Ma anche le strade e le mura, le occhiate degli uomini e la loro sfacciataggine. Eppure, sarà proprio Napoli e i suoi mille volti a permetterle di raggiungere fama e successo. Qui conoscerà Nicola Notari, il futuro marito, e con lui creerà un laboratorio per la stampa, titolatura e coloritura delle pellicole. Ma la giovane imprenditrice non si ferma. Fonderà la Dora Film, una casa di produzione cinematografica con la quale produrrà oltre sessanta lungometraggi e centinaia di cortometraggi (si salverà pochissimo materiale), sempre sostenuta in tutte le scelte dal marito.

Nicola riconosce il ruolo della moglie, la sua statura artistica e imprenditoriale, non litiga mai per una scena, è complice e mai rivale, la spalleggia quando c’è bisogno di rintuzzare un attore o di mercanteggiare con un fornitore. Cresciuto in un’epoca in cui le donne restano a casa per accudire i figli, Nicola ha fatto un passo indietro per favorire l’ascesa di Elvira, senza complessi di inferiorità.

Sempre attenta a ciò che la circonda, Elvira comincia a realizzare film e documentari che raccontano la vera Napoli, proprio quella da lei rifiutata in un primo momento. La città passionale, carnale, con i suoi drammi, il sangue, l’amore e le vendette perché è questo che piace al pubblico. E il pubblico la adora, la celebra, riempiendo le sale dei cinema a ogni proiezione di un suo titolo.

Minore entusiasmo lo dimostra la censura che pone divieti e ostacoli ai suoi film. Al governo non piace l’immagine di Napoli che la regista mette nelle sue pellicole. Preferisce toni più morbidi, romanticismo, bellezza artistica. Tutto quello che ama il pubblico è osteggiato dalla critica attraverso una censura sempre più serrata, fino ad arrivare all’inasprimento totale con l’ascesa del fascismo.

I tempi diventano sempre più duri e difficili, i film devono essere riveduti, tagliati, edulcorati ma Elvira non ci sta e tenta ogni carta per arginare il problema. Sogna l’America, dove i suoi film sono apprezzati senza l’ostacolo della censura e che fa fatica, ogni volta, a esportare. E, mentre sogna, i rimpianti affollano la sua mente, le occasioni perdute la rendono costantemente insoddisfatta, mai del tutto realizzata. Si perde nel ricordo di occasioni mancate e di scelte non fatte, lasciandosi andare ad amare riflessioni.

Nella sua grande lungimiranza, Elvira capisce quando è il momento di calare il sipario e uscire dalla scena con dignità. Decide di tornare a Salerno, la terra di origine dove i suoi sogni sono nati e hanno preso forma. Il saluto alla città che l’ha consacrata con tutti gli onori è struggente e carico di emozione.

Per dire addio a Napoli, Elvira ha voluto salire qui da sola, senza Nicola né i figli rimasti a casa, lontana dal brulichio agitato dei Quartieri Spagnoli e dal traffico incessante del porto. Desidera abbracciare tutta la città fino all’estremità del golfo e alla cima del Vesuvio, stringere idealmente i suoi abitanti uno per uno, il pubblico caloroso che prima l’ha portata al trionfo, poi le ha voltato le spalle e adesso, di sicuro, la dimenticherà in fretta.

“La figlia del Vesuvio” di Emanuele Coen è la testimonianza di una donna che ha fatto la differenza, diventando la protagonista tenace e impavida di uno spazio riservato agli uomini. Donne come Elvira sono l’esempio di cui, ancora oggi, si ha bisogno. Costanza, determinazione, sicurezza di sé possono fare la differenza. Dimostrano che tutte le donne possono riuscire a realizzare i propri sogni. E che uomini pronti a sostenerle esistono, in un cammino fianco a fianco, fino al consolidamento di diritti ancora, per tante donne, lontani da ottenere e sempre facili da perdere.

Venuta dal nulla, Elvira ha vinto la propria sfida in un mondo di uomini.

Emanuele Coen è scrittore e giornalista de L’Espresso e ha realizzato inchieste, reportage, interviste per numerose testate. “La figlia del Vesuvio” è il suo primo romanzo.

 

 

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“La figlia del Vesuvio” di Emanuele Coen, SEM Società Editrice Milanese Vivere leggendo

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