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“Un ottimista in America” di Italo Calvino: recensione libro

Immaginate di viaggiare indietro nel tempo, di prendere un aereo, sorvolare l’Atlantico e sbarcare negli Stati Uniti di fine anni ’50. Poi immaginate che accanto a voi, sul sedile del vostro aereo, ci sia un amico. Ma non un amico qualunque, bensì Italo Calvino. Perché leggere “Un ottimista in America” significa esattamente questo: ritrovarsi a girovagare per le strade delle città americane ascoltando le riflessioni dell’autore sanremese, che in questo libro-diario di viaggio raccoglie le sue considerazioni sul contesto sociale, culturale, artistico, economico e politico di un Paese nel pieno del boom economico.

Ed è un Italo Calvino attentissimo quello che sperimenta per la prima volta una società profondamente diversa da quella italiana: scruta tutto ciò che gli gravita intorno, lo vive, lo respira, lo assorbe, immagazzina più informazioni possibili. Riceve volontariamente e involontariamente ogni stimolo esterno che va a sollecitare i suoi sensi: vista, udito, tatto, gusto, olfatto. Ma anche sistema nervoso, perché l’America è la terra delle luci e dei luccichii, ai quali è impossibile sottrarsi.

“Prime definizioni di New York: è una città elettrica, impregnata di elettricità, dove ci si carica di corrente a ogni passo, dove si prendono scosse dovunque si posi la mano. Scendendo da un’auto, all’afferrare la maniglia per chiudere lo sportello si sussulta: una scossa elettrica. In casa non puoi toccare il pomo d’una porta, una ringhiera, un rubinetto, un interruttore senza che il braccio sobbalzi indietro percorso da una scarica. Basta una corsa in taxi, basta entrare dal freddo delle vie al caldo eccessivo delle case, basta attraversare una stanza strascicando le pantofole sul tappeto, e ci si carica come accumulatori”.

L’America dei sogni, l’America delle contraddizioni, l’America anti comunista, l’America politica, l’America delle classi sociali, quella delle migrazioni e dei quartieri ghetto. Ma anche l’America delle fratture sociali, dove l’individuo è sempre più indipendente e al contempo da solo a combattere la sua guerra personale contro gli obiettivi necessariamente da raggiungere: stabilità, famiglia, benessere economico. Una vita programmata, schedulata, perché l’America è la società che ideologicamente non considera la possibilità del fallimento. Che tuttavia esiste, è ben presente e visibile per le strade, nei volti della gente, nell’umore di chi vive città frenetiche e impersonali: le relazioni tra individui sembrano programmate, svuotate del calore e delle emozioni che dovrebbero contraddistinguerle, perché è come se fossero finalizzate a favorire una produttività che deve sempre essere messa al primo posto. Eppure, nonostante queste criticità, sono città magnetiche, che conquistano, rapiscono, inglobano, con la promessa di un futuro migliore costruito sull’idea di un perpetuo e inarrestabile processo di crescita.

“Tutti gli americani sanno dirmi perché odiano New York: città di professioni artificiali, di intellettuali industrializzati, di vita sociale intensissima ma senza approfondimento di rapporti umani, città dove tutti si commercializza, città dal ritmo snervante ma non concretamente produttiva; città non americana, incapace di creare dal crogiolo dei popoli una città propria; città dove si è fermata senza assimilarsi la parte peggiore di tutte le ondate di immigranti; città che più d’ogni altra nega e annulla la natura. Che dire? Hanno ragione, New York è così, ed essere così è male. Però non vedo l’ora di tornarci”.

“È questa la società della fiducia o la società dell’ansia?”, si chiede Italo Calvino mentre esplora gli Stati Uniti, terra in cui non si può evitare di rimanere schiacciati dal consumismo imposto, perché il meccanismo di produzione non deve arrestarsi, in quanto necessario per alimentare quell’ottimismo che illude con la promessa di un futuro migliore. Ma è davvero migliore? si chiede l’autore sanremese nel suo diario di viaggio.

Un ottimista in America è un libro che va assaporato lentamente, perché è un testo denso di appunti, riflessioni e considerazioni su un’ampia molteplicità di tematiche, sulle quali è necessario soffermarsi per capire l’America e i suoi meccanismi, ma anche per conoscere ancora più in profondità Italo Calvino, che in questi diario di viaggio dà ancora una volta dimostrazione di una sensibilità raffinata, di una profondità di pensiero su questioni che, nonostante facciano riferimento agli Stati Uniti di inizi anni ’60, risultano ancora incredibilmente attuali.

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“Un ottimista in America” di Italo Calvino, edizioni Mondadori. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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