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“La prova della mia innocenza” di Jonathan Coe: una storia, tanti generi

“LA PROVA DELLA MIA INNOCENZA di Jonathan Coe onora quella meravigliosa promessa che, da oltre trent’anni, l’autore ha tacitamente fatto con i suoi lettori: non deluderli (quasi) mai. Perché se l’elenco di scrittori, cantanti, gruppi che ho amato e che negli anni è uscito dal pantheon delle mie personali divinità a causa di prodotti non all’altezza delle mie aspettative è lunghissimo, Coe è fra i pochi che riesce ancora a stupirmi in positivo.

“Attuale”, “limpido”, “spietatamente diretto” potrebbero essere ottime etichette da appiccicare sulla copertina di questo romanzo, che però merita molte parole in più.

Phyl si è laureata, è tornata a vivere a casa coi genitori e ha un lavoro che nulla c’entra con i suoi studi. Poi un giorno la sua routine fatta di scaramucce con viaggiatori impazienti, sushi che scorre su un nastro trasportatore e incomprensioni viene scossa dall’arrivo di un vecchio amico della madre. Un uomo eccentrico, con opinioni ben chiare sulla scena politica del momento e una vita non comune. Questa piccola novità, unita alla fantasia di Phyl, dà il via a una serie di eventi che spaziano dai toni più ruffiani del cozy crime alle cupe atmosfere dark academia, fino a generare un dialogo a due voci in stile autofiction.

Se di questa frase non avete capito il senso è perché Coe mischia le carte in tavola, rende finta la finzione e narrante la narrazione, in un gioco di livelli che vanno a sovrapporsi mettendo però straordinariamente a fuoco la pericolosità dei tempi che stiamo vivendo. Il tutto senza il paternalismo di chi ha superato i sessanta ma non perde di vista l’oggi.

La voce indignata di Phyl rispetto alla generazione precedente è quanto mai credibile e, in passato, quando invece Coe si è allineato con la mia di generazione, non mi sono sentita derubata di un’identità da chi guarda da un piedistallo, ma anzi, capita da qualcuno che non ha perso il contatto con il mondo. Coe maneggia da sempre mezzi contemporanei, che siano SMS, e-mail, post sui social. Lo fa perché guarda in modo chirurgico la realtà, la fa a brandelli, scava e, con la lucidità di un medico che riporta l’esito di un’operazione, ritorna a noi con una storia che si muove sul ritratto più spietato del presente.

Tante parole, ma lo avevo dichiarato da subito, per dire che anche questa volta Coe ha fatto centro. Ci sono Londra, la morte della Regina, l’ascesa al potere della destra estrema, il malcelato tentativo di privatizzare la sanità (oh, anche da voi, signor Coe?) dentro “La prova della mia innocenza”, ma ci sono anche Phyl che cerca di tenere insieme la sua vita come ogni neolaurato ha provato a fare, i suoi genitori che amano rimmergersi negli anni più spensierati della loro vita, e tanti altri personaggi che si muovono sulla scena.

Coe con questo libro ci dimostra di saper dominare qualsiasi registro, anche quelli così lontani dal suo stile più asciutto; ci regala pittoreschi paesini inglesi, college oscuri, dimore antiche piene di passaggi segreti, case di provincia.

E, come sempre mi succede dopo aver finito un suo libro, ho bisogno di qualche giorno prima di buttarmi in una nuova storia, perché se lo faccio con ancora le sue parole che mi rimbombano dentro, so che alla fine odierò qualsiasi cosa io provi a prendere in mano, perché non ne sarà all’altezza.

“La prova della mia innocenza” di Jonathan Coe, Feltrinelli editore.

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