un punto, ma nemmeno per idea, dice il recensore, due punti, per carità, non se ne parla proprio, tre di sospensione, ma siete duri d’orecchio o di comprendonio, punto e virgola, superbioso e iracondo punto fermo, no, pavide virgole gesuitiche, di quelle quante ne volete, interrogativi, esclamativi, mica siamo a scuola, col grembiule nero vidimato dai segni del cancellino, e il fiocco blu a infiocchettare la nostra dabbenaggine, sento che avete chiesto se lo faccio apposta, magari per dispetto, magari perché mi sono alzato male, mica è questo il problema, mi alzo sempre male, volevo darvi un’idea della scrittura di Fosse, scrittura che a me e a Krasznahorkai piace molto, e se siete già lì a dire chissenefrega, ditelo per quel che mi compete, perché per quel che compete Krasznahorkai, capace che tra qualche anno vi ritrovate a Nobel pure lui, e non è bello dire chissenefrega di un Nobel, non è bello e punto, ora, o al massimo entro la fine della recensione, deve saltare fuori il provocatore che mi ha costretto a scrivere punto, comunque se siete già a corto di fiato, se i tentacoli dell’apnea già vi stringono, se i vostri polmoni già si sono appiattiti come sogliole, non ne comprendo il motivo, mica dovete leggerla ad alta voce questa recensione, mica dovete declamare a vasto e attento uditorio questo piccolo capolavoro, il libro di Fosse, naturalmente, non la recensione, potete impetrare un’interruzione, di qualsivoglia tipo, non vi sarà data, né che minacciate né che blandiate il recensore, ma il congiuntivo sarà poi blandiate, chi può dirlo, comunque, quale che sia il congiuntivo, la sola cosa che posso darvi è un vaga idea dello stile, tanto per allontanare quellicheascuolamihannodettoche, mi hanno detto che non ci va la “e” dopo il punto, anche perché forse avete intuito che qui di punti non ce ne sono e neppure ce ne saranno, una vaga idea dello stile posso darvi, si diceva, perché mica sono in grado di darvi un’idea della forza poetica di Fosse, della forza poetica di questa novella, prigioniera di un non luogo e di un non tempo, prigioniera tra un’alba e un tramonto, prigioniera tra un’alba e un tramonto, come me, come voi, come Fosse, come Johannes, come Peter, prigionieri di un libro che fluttua evanescente tra la vita e la morte, cullato dalla terribile poesia dei limiti e del valicare i limiti, dello smarrire il tempo in una nebbia che sale vorace dal mare, un vecchio e un bambino, come in un’indimenticabile canzone, ma in ordine inverso, però posso dirvi che amerete la musicalità di queste centocinquantadue pagine, le sue ripetizioni lente e oniriche, lente come la gestualità del pescatore nel riparare le reti, non credo amerete chi ve le ha presentate in modo così approssimativo, così fastidioso, ma vi prego d’indulgere, perché tutti abbiamo bisogno di una buona novella, che ci faccia capire dove siamo, e ci faccia capire dove non siamo, e soprattutto abbiamo bisogno di un’amica o un amico disposto a tagliarci i capelli, anche quando i capelli non crescono più, anche quando i capelli diventano “bellicapelli” da soli, anche i capelli che Si fermarono A una fontana A pettinare gli anni
accontentatevi del rientro, il punto non ve lo metto neppure alla fine, nemmeno se pestate i piedi
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“Mattino e sera” di Jon Fosse, edizioni La Nave di Teseo. I libri di Riccardo