I libri di Riccardo

“I fantasmi del cappellaio” di Georges Simenon: vittime e carnefici

Vittima/Carnefice

I nostri, ormai, sono tempi di dicotomie.
Verrebbe voglia di aggiungere “nette” e rischiare il pleonasmo.
Tempi di semplificazioni. E semplificare non è buona cosa, il termine “sempliciotto” ne dà ampia testimonianza.

Ecco perché sarebbe utile leggere, o rileggere, Simenon.
Ecco perché, in particolare, sarebbe utile leggere questo romanzo di Simenon per tentare di recuperare una certa complessità di pensiero, magari prima che la complessità di pensiero diventi reato, vittima di carnefice censura o motivo d’esclusione sociale.

La vittima è vittima e il carnefice è carnefice.
Ma, perdoni illustrissimo Signor de La Palice, se il carnefice fosse a sua volta vittima di quel Fato da scrivere con la maiuscola, in quanto artefice di tutte le umane sventure, allora ci ritroveremmo con due vittime e nessun carnefice, o perlomeno nessun carnefice dotato di corporea consistenza. E se poi la vittima fosse stata, a sua volta, carnefice, potremmo assolvere il carnefice?
E, da ultimo, la nostra umana “pietas” in direzione di chi gattonerebbe incerta… della vittima o del carnefice?

Passo al singolare, perché siete partiti in molti, ma, giunti a questo punto, temo che di voi ne sia rimasto uno solo. Quindi, Caro Uno, ti invito a leggere la storia del Signor Labbé, cappellaio in quel de La Rochelle, e del piccolo Kachoudas ( i Kachoudas non sono mai Signori), sarto sempre in quel de La Rochelle.

Simenon è diabolico a rovistare nell’ordinato cervello di Labbé per rimescolare le carte e scompaginare il cervello del lettore, tanto che mi verrebbe da chiederti, Caro Uno, davvero reputi impossibile che il tuo più acerrimo nemico possa trasformarsi nel tuo più caro amico, e il mutamento possa avvenire solo tramite banali saluti di circostanza, e che, all’opposto, i tuoi amici di una vita possano trasformarsi nel tuo incubo ricorrente?

Rimasto nessuno?

Peccato, perché la storia di Labbé e Kachoudas è un romanzo straordinario! Un romanzo che definire giallo è un insulto all’intelligenza del lettore e alle capacità della critica. Un romanzo che ebbe un parto complicato, un mutamento di prospettiva e ben due riscritture; un romanzo che, come Natalia Aspesi, vi farà dire: “Ogni volta che leggo o rileggo una delle opere di Simenon, mi pare sempre la più bella, la più misteriosa, la più drammatica.”

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“I fantasmi del cappellaio” di Georges Simenon, Adelphi Edizioni. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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