Anonima Lettrice Italiana

“Radiomorte” di Gianluca Morozzi: recensione e reading

Dopo Chi non muore ho deciso di fidarmi ancora dei suggerimenti e ho iniziato e finito Radiomorte, di Gianluca Morozzi, anche perché a quanto pare è l’autore di cui possiedo più arretrati in casa. Non sono più troppo sicura della mia scelta, ma andiamo con ordine.

La trama ci presenta Fabio Colla e la sua famiglia, testimonial viventi della felicità e dello stile di vita perfetto che insegnano tramite libri e ospitate televisive; puzzano già di marcio alla prima sillaba, perciò quando vengono invitati all’intervista di una piccola radio sconosciuta avrebbero dovuto già avere dei dubbi, invece ci vanno e comincia il libro.

Il lettore speciale

Il libro di Schrödinger: dentro e fuori dalla storia 

A parte le atmosfere da Enigmista e altri titoli simili, per prima cosa va sottolineato in che cosa questo volume è riuscitissimo, cioè cos’è il consueto punto forte di Morozzi: riesce sempre a illudere il lettore che lui sia speciale in qualche modo, riesce a parlargli così direttamente che si finisce per credere che a quel libro si era destinati, non so se riuscite a capirmi… sapete le centinaia di pur bellissimi libri che affollano le librerie? Li aprite, e dentro – prima o terza persona, protagonista maschile o femminile, storici o attuali – il racconto si snoda davanti a voi. I libri di Morozzi invece “succedono”, non parlano. Di solito.
La seconda cosa che per molti non servirà sottolineare è l’attitudine giocoliera con cui utilizza la sua esperienza duale di scrittore e insegnante di scrittura, che significa essere contemporaneamente nel quadro e fuori dal quadro, per mostrarvi le cose da dentro E da fuori. Gioca con il lettore spingendolo a guardare da più punti di vista, e il libro diventa un prisma da cui guardare la storia, storia che è solo uno dei modi di affrontare un lavoro di Morozzi. In tutto questo, illude il lettore/osservatore di avere il controllo, per poi strapparglielo puntualmente via a venticinque pagine dal finale, poi di nuovo a quindici, poi letteralmente a ogni riga fino ai saluti. Gioca con i cliché, gli anticliché, gli anti-anticliché, idem per i climax e gli inversi.

Tutto bene finché si narra

Purtroppo, come ho detto, la storia è appunto solo uno degli aspetti dei suoi libri. Un altro sono i dialoghi, grandissimo punto di difetto di Radiomorte. Chiamarli banali è ancora molto poco, sia quelli che i personaggi hanno l’uno con l’altro sia i loro monologhi interiori: li ho trovati al livello di un tema, niente a che vedere con L’era del porco, Despero, Chi non muore e un mucchio di altri lavori brillanti.

In generale, poi, dal punto di vista dell’intreccio, l’ho trovato anche un’occasione sprecata di tirar fuori veramente il marcio dalle persone. Se il punto era questo, cioè mostrare la putrescenza morale, in molti momenti del romanzo mi è sembrato di assistere a una pessima telenovela – e anche se Morozzi stesso cerca di autoindulgere a questo difetto, chiamando lui stesso “telenovela” la storia, da dentro la narrazione, insisto che questo aspetto doveva essere suggestivo, non didascalico.

Dirò la cosa peggiore che si possa dire di un romanzo: mi sono annoiata in molti punti, e penso che dimenticherò di averlo letto. Ma dato che altri suoi lavori mi hanno entusiasmata (alcuni addirittura rinvigorita), non credo proprio che io e Morozzi abbiamo chiuso. Oh, no. Dovrà faticare molto più di così per farmi credere che tra noi sia finita.

Radiomorte” di Gianluca Morozzi, Guanda, 2014. Anonima Lettrice Italiana.

Ali

Leggo, scrivo, parlo, ma soprattutto parlo. E poi leggo e scrivo.

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