Editoriali

Il perenne affanno del settore editoriale: non colpevolizziamo i lettori se i libri non si vendono

Leggevo questa mattina il report dell’AIE, in cui si parla di una flessione leggera delle vendite di gennaio-marzo 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023. Il primo pensiero è andato alle librerie, delle quali si parla sempre tanto e spesso ma mai, a mio avviso, in modo risolutivo.

Puntualmente, o ciclicamente se volete, mi capita di leggere il post della libreria X che scrive: “sostenere questa realtà è sempre più difficile”; oppure, “devo chiedervi aiuto perché la libreria non ce la fa più”. E tutte/i, lettrici e lettori, forti e meno forti, che si scapicollano sotto al posto dicendo “mannaggia”, “questo Paese va a rotoli”, “ci penso io!”, “vi aiuto io!”, “sosteniamo la libreria X!”, “nnamo, famo, partimo!” (permettetemi quest’uscita in romano).

Sapete poi che succede? Due cose: 1) che la libreria magari riesce anche a vendere, nella migliore delle ipotesi, un centinaio di libri e a risolvere momentaneamente il problema, ma poi ripiomba nella stessa situazione e si ritrova da capo a dodici 2) scenario peggiore, i commenti non si trasformano in acquisto e dopo il can can nessuno compra libri: risultato, la libreria non risolve proprio nulla.

Libri che non si vendono

Perché in realtà il problema delle librerie, delle vendite, delle case editrici, dei libri che non si vendono etc etc etc non è un problema che possono risolvere le librerie da sole, né le lettrici e i lettori (o meglio sì, ma solo in parte): è un problema strutturale, di un sistema che è in perenne affanno (perenne, sì, perenne), e che continua a trascinarsi da anni come un animale ferito che arranca ma non demorde, malgrado conosca già bene quale sarà la propria fine. Un sistema logoro dalla testa ai piedi, dalle case editrici alle librerie, passando per il “mostro” della distribuzione. Per non parlare di tutte le altre figure professionali che cercano di tirare avanti la carretta impegnandosi nel settore editoriale: uffici stampa, traduttori, editor, correttori di bozze (esistono ancora?), e così via.

Faccio un esempio a mio avviso rappresentativo delle storture editoriali: avete presente la tattica delle fatture emesse dalle case editrici? Detta velocemente: serve per generare “soldi sulla carta” che permettono di stampare millemila libri, che poi magari manco vengono venduti, ma chissenefrega, perché permettono di avere “soldi sulla carta” per continuare stampare a rotta di collo e magari poi si imbrocca il titolo che vende 100mila copie e si rimette, momentaneamente, a posto il bilancio. Listen and repeat: perché l’operazione si ripete all’infinito, ma se non si riesce a trovare poi il titolo giusto l’unico risultato è continuare a indebitarsi sempre di più. (Se volete approfondire la questione dei tanti libri stampati e delle fatture vi consiglio quest’ottimo articolo di Bookblister)

Dunque la tattica diffusa è avanzare con una progettualità a breve termine, applicando la strategia delle “toppe sui buchi”: risolvere parzialmente, vivere alla giornata, e di stenti. E, come se non bastasse, parliamo di un mondo frammentato, diviso, mai coeso: anzi, è un mondo fatto di cerchie, cerchiette e amichette/i, che sapete a quale grandissimo risultato portano? Nessuno. Nes-su-no. Perché tanto prima o poi, a giro, piangono tutti.

Editoria e filastrocche

Dunque, tornando a noi e ai nostri libri che non si vendono: o si decide di intervenire in modo serio rinfrescando questo settore stagnante e stantio con azioni strutturali che possano contribuire a risolvere il problema in un modo alternativo, oppure continueremo a parlare puntualmente, o ciclicamente se volete, di un “settore che soffre”, “librerie che chiudono”, “dati di vendita in flessione”, e tutte le altre tipiche, classiche, ormai risapute filastrocche del fantastico mondo dell’editoria.

Libri che non si vendono: il prezzo di copertina

Anche perché ci sono due aspetti che, a mio avviso, non possono essere trascurati: il primo riguarda il costo dei libri. Tempo fa, quando Amazon poteva vendere liberamente, ci fu una sollevazione popolare per limitare gli sconti proposti da Amazon: si parlò della necessità di limitare Amazon per operare sul mercato in modo competitivo. Tra le altre cose si disse anche che sarebbe stato possibile, una volta limitato Amazon, abbassare il prezzo di copertina dei libri. Amazon è stato limitato, il prezzo di copertina dei libri è stato abbassato? La risposta è, naturalmente, no. E al di là dei classici cliché bisogna anche scendere in strada nelle vie della realtà e capire che se un libro costa 20€ diventa difficile per chi ha uno stipendio medio (1000€/1200€) acquistare più di due/tre libri al mese (in pratica il costo un abbonamento mensile in palestra, per rendere l’idea). E se devo scegliere tra una pizza tra amici e un libro, scuseremo i lettori che magari preferiscono uscire di casa e farsi una bella passeggiata, dunque comprando un libro al mese anziché tre. Li scusiamo, no?

Libri che non si vendono: i booktoker, ma che scherziamo?

Il secondo aspetto è che con la tecnologia che avanza, i telefoni cellulari tuttofare e i social network che hanno oramai conquistato grosse porzioni del nostro tempo, sostituire la lettura con un giochetto sul cellulare è un attimo: il mondo editoriale non è stato al passo coi tempi, e non mi riferisco solo alla tipologia di libri pubblicati, ma soprattutto al modo di parlare dei libri. Faccio un esempio rapido: quando scoppiò il fenomeno dei booktoker (influencer autodidatte/i che parlano di libri su TikTok), la prima reazione è stata “oh, ma guarda un po’ queste/i che non capiscono nulla di libri e fanno migliaia di visualizzazioni”. Tipica reazione di chi comprende poco la società che avanza: perché invece la reazione sarebbe dovuta essere “oh, che bello, giovani ragazze/i che sfruttano un social visivo come Tik Tok per parlare di libri”, uscendo fuori dalla mentalità boomer ed entrando in quella della nuova generazione. No, anzi: è stata la reazione tipica del topino che sa di doversi dividere con troppi altri la stessa fetta di formaggio e prova a dare le spalle a chi vuole tentare di avvicinarsi. Risultato? Nessuno, assolutamente nessuno, se non quello di essere rimasti lì a galleggiare nel mondo editoriale senza aver risolto un bel niente.

Per tornare a noi e ai libri che non si vendono: i lettrici e i lettori, da parte loro, danno già un notevole contributo. Lo fanno ogni qual volta indossano le scarpe, escono di casa e varcano la soglia di una libreria per acquistare un libro. Rinunciando alla comodità di ricevere tutto a casa, col bel corriere che ti consegna l’ordine mentre sorseggi un caffè in ciabatte. Da parte loro, lettrici e lettori il loro contributo lo danno eccome. Ma le questioni strutturali, quelle no, non le possono proprio risolvere. E, sicuramente, non lo possono risolvere neanche le librerie da sole.

Editoriali

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.
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