“Il sentiero dei nidi di ragno”: la resistenza attraverso gli occhi di un bambino [foto]
Era il 1947, quando apparve nelle librerie italiane il primo romanzo di Italo Calvino: “Il sentiero dei nidi di ragno” che descrive la guerra con gli occhi di Pin, bambino cresciuto per le strade di Sanremo, pestifero, sboccato, ma anche tanto coraggioso. Profondamente ispirato dal primo romanzo sulla resistenza, “Uomini e no” di Vittorini, Calvino decise di narrare attraverso questa sua opera la lotta partigiana tra i monti liguri, per rendere omaggio ai tanti uomini e donne, che come lui, si erano uniti ai gruppi antifascisti.
Pin, protagonista del romanzo, è orfano e la sua famiglia è composta solo dalla sorella, che si prostituisce per guadagnarsi da vivere. La storia entra nel vivo quando viene chiesto al giovane di rubare la pistola del marinaio nazista che sempre più spesso fa visita alla sorella. Pin porterà a termine questo compito, considerandolo in parte un gioco ed in parte una sfida, ma quando sarà pronto per consegnare l’arma agli adulti, si renderà conto, che questi, avranno già perso ogni interesse per il modello ormai obsoleto. “I grandi sono una razza ambigua e traditrice, non hanno quella serietà terribile nei giochi propria dei ragazzi”.
Il bambino decide, dunque, di nascondere la pistola in un posto da lui chiamato il “sentiero dei nidi di ragno”, un luogo remoto tra le montagne che ritiene essere l’unico al mondo in cui i ragni fanno il nido. Accusato del furto, però, il giovane protagonista viene arrestato, evento che cambierà radicalmente l’intero corso della sua vita. È infatti in prigione, che incontra Lupo Rosso, un partigiano sedicenne che lo aiuterà ad evadere, portandolo con sé in un mondo del tutto nuovo e nel quale avrà modo di conoscere un’umanità multiforme e sacrificata, nascosta sui monti per combattere gli invasori.
Più per desiderio di inclusione, che per ragioni politiche, Pin deciderà di unirsi a questo gruppo di persone, che hanno già scelto da che parte schierarsi nella lotta tra fascismo e libertà. Uomini e donne comuni, mai descritti come eroi, vengono delineati dalla penna dell’autore, che attinge direttamente dalla sua esperienza personale ai tempi della guerra. “Per questo facciamo i partigiani, per tornare a fare lo stagnino, e che ci sia il vino e le uova a buon prezzo e che non ci arrestino più e non sia più l’allarme. E poi anche vogliamo il comunismo. […] Il comunismo è che se entri in una casa e mangiano della minestra, ti diano della minestra”.
Nessun prode condottiero e poco idealismo, dunque, tra questi uomini semplici, disperati e mai completamente privi di dubbi, che agiscono per “un’elementare spinta di riscatto umano”, fino a diventare “forze storiche attive”, come scrisse Calvino nella prefazione al libro aggiunta nel 1964. Solo attraverso la bocca di Kim, giovane studente di medicina con “un desiderio enorme di logica, di sicurezza sulle cause e gli effetti”, l’autore si propone di chiarire il significato di questa lotta in tutta la sua onestà intellettuale, affermando di riconoscere che i partigiani e i fascisti sono animati dalla stessa collera, provocata dalle difficoltà della vita che schiacciano, che umiliano e condannano a “dover essere cattivi”. “Basta un nulla, un passo falso, un impennamento dell’anima e ci si ritrova dall’altra parte”, racconta Kim, salvo poi aggiungere: “C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi”.
Un romanzo innovativo, necessario e bellissimo, in cui la guerra viene descritta per mezzo di occhi infantili, quasi come un elemento fantastico, partendo, però, da avvenimenti che Calvino ha conosciuto dal vero: la lotta partigiana, le staffette, la presenza straniera che si fa nemica e potenzialmente mortale. Proprio questo punto di vista originale offrirà spunti per riflessioni diverse, soprattutto tenendo conto che Pin, come tutti i bambini, spesso non capisce gli adulti e cerca protezione da alcuni di essi, essendo, per altro, stato privato di ogni forma di affetto durante la sua infanzia. Un romanzo di crescita, quindi, di riflessione, neorealismo e soprattutto difesa, di un movimento in tutta la sua interezza ed in ogni sua più umana sfaccettatura. Intento che verrà, poi, ulteriormente chiarito dall’autore, nella potentissima prefazione, in cui scrive: “Non rappresenterò i migliori partigiani, ma i peggiori possibili […] Ebbene? Cosa cambia? Anche in chi si è gettato nella lotta senza un chiaro perché […] ha agito una spinta che li ha resi centomila volte migliori di voi, che li ha fatti diventare forze storiche attive quali voi non potrete mai sognarvi di essere!”
“Tutti abbiamo una ferita per riscattare la quale combattiamo”
The BookAvisor dedica una intera sezione al centenario di Italo Calvino, dove saranno raccolti materiali, recensioni, spunti, approfondimenti e idee relative all’autore italocubano: Centenario Italo Calvino.
Articolo a cura di Angela Finelli.
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