Interviste

La scommessa della Polidoro Editore: intervista ad Alessandro Polidoro e Adriano Corbi

Compito dell’editoria è trovare qualcosa che sia accattivante; e per accattivante intendo non qualcosa che segua le tendenze ma che sia in grado di smuovere il lettore. Lo dice Adriano Corbi, direttore editoriale della Alessandro Polidoro editore, nel corso dell’intervista che la Casa Editrice ha rilasciato a The BookAdvisor.

Una chiacchierata densa e colma di spunti di riflessione, che si inserisce nel viaggio dell’editoria che abbiamo scelto di fare in occasione del prossimo Premio Strega.
A dirci come si crea realmente una letteratura accattivante sono le due voci più autorevoli della casa editrice: il patron Alessandro Polidoro e il suo direttore editoriale.
Come racconta proprio il suo fondatore, la Polidoro editore nasce nel 2013 da una delle occasioni che capitano spesso nella vita. Io faccio il consulente aziendale, ho una esperienza imprenditoriale e mai pensavo di approdare all’apertura di una casa editrice. La mia attività è partita con un’agenzia di marketing e comunicazione e le grandi case editrici ci chiamavano per fare da relatori nelle presentazioni dei loro libri o da uffici stampa, dieci anni fa ho incontrato un consulente di una delle grandi catene nazionali dell’editoria che mi ha riconosciuto qualità che a lui sembravano adatte per un’avventura di questo tipo. Mi ha proprio chiesto come mai non avessi pensato di aprire una casa editrice mia e io, che ho sempre amato lanciarmi nei progetti, l’ho fatto.

La Polidoro editore prende vita così, con un progetto fortemente radicato sul territorio napoletano che, con il passare degli anni, è riuscito a ricavarsi uno spazio importante nel panorama dell’editoria nazionale. A fare la differenza, per Polidoro, è stata la scelta di puntare sulla credibilità e sulla qualità, dando importanza a ogni singolo progetto, anche più piccolo.
Disciplina, contenuti e struttura: questi tre elementi hanno fortemente costituito l’identità della Polidoro Editore – sottolinea Alessandro Polidoro – Tre anni fa, poi, c’è stato un completo cambiamento, o meglio radicamento dell’identità. Abbiamo perfettamente strutturato la nostra offerta, qualificato e specializzato le nostre competenze con il nostro ufficio stampa Cecilio Laringe e ampliato e strutturato la nostra rete commerciale con Beatrice Morra. Siamo arrivati anche nelle librerie indipendenti in tutta Italia.
Il fondatore della Polidoro editore racconta della sua Casa Editrice facendo fatica a definirla piccola. Al di là del dato tecnico, – dice in riferimento allo stato giuridico di piccola realtà rispetto ai grandi colossi dell’editoria – io considero la Polidoro una grande casa editrice perché ha grandi doti, grandi qualità e grande riconoscimento.

Parlare con Alessandro Polidoro è occasione perfetta per scoprire i meccanismi dell’editoria italiana anche da un punto di vista strettamente imprenditoriale.

Fare impresa nel settore libri, infatti, non è affatto semplice, risulta anzi essere una vera e propria sfida. Il mondo dell’editoria è particolarmente complicato ed è articolato su più livelli che non sono fra di loro strutturati. – ci racconta l’editore – Innanzitutto va detto che il settore editoria è oramai caratterizzato dal monopolio delle grandi case editrici nazionali. Loro di fatto controllano il mercato e noi, che facciamo un prodotto di nicchia, dobbiamo un po’ sgomitare con le altre realtà indipendenti per guadagnarci il nostro scaffale. In secondo luogo va considerato che quello del libro è un mercato caratterizzato da una perversione dei concetti tipici del mercato liberalistico. Siamo condizionati dal conto vendita: la libreria, che teoricamente dovrebbe essere il nostro cliente, per noi è solo un intermediario per arrivare al consumatore finale. Questo rende la nostra opera molto difficile anche perché fra produttore e consumatore finale non c’è rapporto diretto, ma c’è un rapporto che deve saltare più livelli.

Redditività bassa, competitività e logistica complicata rendono il fare l’editore un lavoro non sempre semplice. Le difficoltà, però, si affrontano scommettendo sulla pura letteratura, di cui ci ha raccontato ogni singolo dettaglio Adriano Corbi, il direttore editoriale cui Alessandro Polidoro ha affidato la cura dei testi pubblicati.

Con lui siamo partiti da Distopia Pop di Francesca Guercio, libro finito nella lista dei primi ottanta candidati al premio Strega. Proposto da Angelo Piero Cappello, Distopia Pop non è entrato nella famosa dozzina che concorrerà per il premio, nonostante si tratti di un testo che, come sottolinea Corbi, è molto affascinante e accattivante e tocca molte sensibilità. In questo romanzo Francesca Guercio, consulente filosofica e traduttrice, gioca con la parola “distopia” pur non scrivendo un libro distopico. La distopia è data dai temi politici e sociali toccati all’interno del testo e che, pur reali, sono presentati come distopici. Il genere con cui gioca un po’ di più la trama è quello della fantascienza: nel libro c’è questo comitato interspaziale, che compare a capitoli alterni ed è costituito da una razza aliena, che giudica le forme di vita intelligenti a partire dalla loro produzione musicale. Giudicano le canzoni e in particolare le canzoni pop, con riferimento ai grandi classici del genere, che la terra ha prodotto. Il focus del romanzo è però il racconto della sua protagonista, Clotilde, che affronta le sue crisi professionali e la precarietà: è una storica dell’arte freelance, quindi un lavoro difficile ai giorni nostri, e questo probabilmente tocca anche un po’ le storie biografiche dell’autrice. La figura degli alieni consente alla scrittrice di scherzare sulla musica pop e di raccontare la nostra società. Questo è un libro sicuramente in linea con quello che è stato il nostro progetto in questi anni, in cui abbiamo sviluppato il nostro gusto nei confronti della narrativa contemporanea. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di raccontare il nostro tempo attraverso le forme della narrativa.

Se è semplice, per Adriano Corbi, dirci come abbia fatto questo testo a finire nella famosa lista degli ottanta, più complicato risulta comprendere il motivo dell’esclusione dalla dozzina. Quando si parla del premio Strega è sempre difficile sapere quali sono le dinamiche che ci sono dietro. Sicuramente questo libro ha una forte dimensione sperimentale perché Francesca Guercio oltre a toccare grandi tematiche, fa una grossa ricerca linguistica, ha una capacità anche musicale di portare avanti il testo e ha questa vena ironica che permea sempre i suoi romanzi. Bisogna poi dire che sui libri si lavora e si cerca di proporli a quanta più gente possibile. Questo ha incontrato il gusto di Cappello che se ne è innamorato da lettore. Sul perché non è entrato in dozzina non saprei. É  un libro che a me piace molto. Mi piace la dozzina dello strega? Non sempre.

Ma allora è vero che il Premio Strega risulta ancora lontano dalle logiche delle case editrici più piccole e indipendenti, soprattutto quelle che tentano sempre di proporre qualcosa di nuovo sia a livello di nomi che di letteratura?

Noi di Polidoro, partendo dall’idea che il mercato oggi tende ad un appiattimento della proposta, ci siamo posti un po’ in conflitto con questa sorta di strategia che sembra dominare in campo editoriale, cioè quella di inseguire nomi noti che si cerca di spolpare per la loro capacità di vendita. – spiega Adriano Corbi – Se c’è una crisi dell’editoria, se ci si lamenta tanto del fatto che i lettori sono pigri o stanchi a me viene da pensare che è la proposta a non essere accattivante. Un libro per me oggi è un tipo di media che difficilmente può fare concorrenza ai media visivi di cui siamo bombardati. La forza del libro sta anche nel presentare una difficoltà in più, perchè si tratta di un media attivo: si basa sul rapporto lettore-testo e si deve lavorare per fare in modo che la letteratura abbia ancora un fascino come media di svago, ma uno svago con una forma di funzione attiva. D’altro lato ci sono strutture come alcuni premi letterari, non solo lo Strega, che riescono ad avere una forza commerciale e in questi premi ci sono delle logiche che sono penalizzanti per un certo tipo di letteratura. Tuttavia qualche volta riesce a emergere qualche testo di valore, quindi mi verrebbe da dire che questi premi vanno difesi, però facendo in modo che siano il luogo dove combattere anche l’appiattimento.

In un mercato del libro colmo di proposte Corbi sottolinea, quindi, l’importanza di fare dei premi occasioni anche per intercettare il lettore che segue maggiormente la letteratura mainstream.
Ai premi, ci spiega il direttore editoriale, si arriva ponendo particolare attenzione a una serie di fattori come il tipo di giuria, la tematica del libro e la vocazione del premio stesso. La casa editrice lavora molto sui suoi libri, sebbene a volte capiti di puntare su testi che non vengono presi in considerazione a discapito di altri, inaspettati e vincitori. Rapporti e fortuna fanno, indubbiamente, la loro buona parte.

Constatato che i premi abbiamo indubbia utilità, viene da chiedersi quanto gli stessi riescano, anche con la spettacolarizzazione dei momenti letterari – vedi la finale del premio Strega in prima serata -, ad avvicinare i non lettori o i lettori deboli.

Adriano Corbi è fermamente convinto che lavorare su chi legge poco è un’attività molto utile e queste prime serate possono avere un impatto. Si lavora maggiormente sul grande lettore chiaramente, perché loro sono quelli che seguono di più. Lavorare sul non lettore è un’operazione che va fatta, ma secondo me non esiste una formula per farlo. Il non lettore può essere affascinato solo se l’oggetto libro diventa qualcosa di culto. Però anche lì io credo che fin quando il libro perde energia perché si somigliano un po’ tutti o perché una certa letteratura non viene più fatta si perde un po’ quella ricerca della vita che facciamo tutti quando apriamo un libro, cercare noi stessi diventa difficile. Io credo che quando in un libro un lettore riesce a identificarsi e quando il libro lavora sulla crescita del lettore allora in quei casi magari arriva anche al non lettore.

A proposito di modi per arrivare al lettore e di mode del momento, è del 31 marzo un articolo apparso su Il Foglio in cui si sottolinea la tendenza di oggi ad una letteratura focalizzata su traumi e dolori personali. Il riferimento diretto è alla dozzina dello Strega, in cui sembrano prevalere storie complicate e dolorose. La Mancuso, che firma l’articolo, dice che le scrittrici finite in dozzina fanno il surf tra dolori personali o epocali. Questo ormai va. Questo si vende.

 É davvero questa l’attuale tendenza della letteratura italiana? Secondo Adriano Corbi in Italia c’è molto la scrittura del dolore, un dolore trattato in maniera molto intima, spesso si scontra con l’autobiografico. La proposta è enorme. Possiamo dire che è quello che vuole il lettore? Di fatto gli viene un po’ imposto, si imbatte molto in libri di questo tipo che a volte comunque sono buoni e piacciono. Il lettore non è che si abitua ma se 100 libri su 101 sono così non c’è alternativa.

Pensando invece alle proposte della Polidoro editore, molto spesso lontane dalle mode e dalle tendenze, Corbi sottolinea che sicuramente il nostro progetto non va a caccia di best seller, di quel libro che può funzionare. Noi cerchiamo di costruire un catalogo in cui il lettore si può stupire libro per libro anche trovando una grossa diversità di proposte. Credo che sia quello che conta di più per noi. Non a caso noi ci teniamo sempre su un numero basso di pubblicazioni, perché quello che cerchiamo di fare è avere l’assoluta libertà di scegliere esclusivamente quello che ci sembra avere un livello letterario alto. Al di là delle trame e dei contenuti modaioli, quello che conta è sempre la scrittura e il modo in cui lo scrittore decide di trasmettere certe tematiche e il modo in cui sceglie di interagire con il lettore. La sperimentalità nel senso di incontro con il lettore e non di ostilità è per noi un valore fondamentale e cerchiamo di mantenere questa pulizia all’interno del catalogo.

Coinvolgere il lettore direttamente con il libro è quindi per la Polidoro una priorità, cui si unisce anche una voglia di fare rete e dare valore a tutto ciò che il libro può creare. In questo contesto si inserisce, indubbiamente, Napoli Città Libro. La fiera del libro napoletana, ideata e condotta proprio dalla Polidoro editore e giunta alla sua quarta edizione. Dell’iniziativa, e dell’edizione di quest’anno in programma dal 13 al 16 aprile, ci parla direttamente Alessandro Polidoro.
Noi come Polidoro siamo orgogliosi di essere, con Rosario Bianco della Roggiosi editore, i patron di Napoli Città Libro. È una fiera che è partita e continua a partire dal basso ma con grande successo, siamo arrivati a una quarta edizione in cui sostanzialmente abbiamo avuto grandi conferme dagli editori partecipanti. Quest’anno parteciperanno circa cento etichette editoriali da tutta Italia che ringraziamo di cuore perchè continuano a darci fiducia. Per noi NCL è una bandiera, la sventoliamo e difendiamo ogni giorno ed è un baluardo che continuiamo a perseguire con tenacia e coraggio, combattendo con realtà più grandi ma questo non ci scoraggia, anzi è di stimolo per noi per acquisire nuove competenze ed essere sempre più bravi.

Napoli Città Libro, infatti, sta diventando un punto di riferimento per gli amanti del libro soprattutto dell’Italia meridionale.
Credo questa sia un’edizione importante e meravigliosa, – ha sottolineato Polidoro – ci abbiamo messo tutta la qualità di cui disponiamo e siamo pronti. Ci ha lavorato uno staff di circa 60 persone e ora aspettiamo la risposta della città di Napoli, che fino ad oggi non ci ha mai traditi. Le prime edizioni sono state importanti ma su questa puntiamo particolarmente.

Bonus track dell’intervista.
Il consiglio dell’editore: Nel rumore del fiume di Franca Cavagnoli. Edito Polidoro Editore, fa parte della collana Interzona.

Interviste

Francesca Romana Cicolella

Giornalista. Nata con una sola passione, cresciuta - per fortuna - a pane e giornalismo. Leggo tanto, scrivo il giusto. Non sono logorroica, ma se scrivo roba lunga vuol dire che ho voglia di parlarne.

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