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“It” di Stephen King: recensione libro

Ma sì, dai, mettiamoci pure a parlare di It di Stephen King, probabilmente il libro più famoso al mondo dopo la Bibbia. Che sarà mai? Solo cercare di approcciare uno dei testi più venerati dalla comunità di lettori, con uno fra gli incipit più memorabili e poetici mai scritti (Il terrore che sarebbe durato per ventotto anni, ma forse di più, ebbe inizio, per quel che mi è dato sapere e narrare, con una barchetta di carta di giornale che scendeva lungo un marciapiede in un rivolo gonfio di pioggia), e con un immaginario popolare così condiviso da giocarsela con pochi altri mondi immaginari, più probabilmente nessuno. Chi non conosce il clown killer di bambini? Chi non conosce Georgie e il suo impermeabile giallo? E i palloncini rossi? D’altronde, qua sotto galleggiano tutti.

Okay, passo indietro. Non proprio tutti hanno letto It, ma tutti lo conoscono. È eccezionale il fatto che tra tutta la gente che conosce It, solo la minima parte ne sia venuta a conoscenza diretta tramite il romanzo del caro vecchio King. Non bisogna aver visto Star Wars per conoscere Star Wars, così come non c’è bisogno di leggere It per conoscere It.

“Ecco, adesso ci conosciamo.”

La storia la sappiamo più o meno tutti. Tramite passaparola, tramite riproposizioni cinematografiche, tramite meme, tramite zerbini barely legal su Etsy, sappiamo che in una cittadina americana negli anni Cinquanta cominciano a sparire un mucchio di bambini, e che altri bambini vedono cose spaventose che gli adulti non vedono, tipo Pennywise il Clown ma anche mummie e ragni giganti e lavandini con un’emorragia, e che questi bambini – quasi tutti emarginati – stringeranno un patto per combattere un mostro così blasfemo da non meritare nemmeno un pronome che sappia di umanità, e che infatti chiameranno It (e peccato per noi che ci perdiamo le associazioni, ma in compenso ci godiamo la traduzione di Tullio Dobner, aka “il divino”). Come poteva immaginare, Stephen da Bangor, che un giorno il clown che sbuca dalle fogne avrebbe invaso internet? E pur di non osare con l’inosabile, saccheggeremo anche la Wiki!

“It è una lunga e sinistra saga corale che si espande tra orrori inquietanti e drammi umani senza speranza, trattando i temi che in seguito diventeranno il simbolo dell’autore: la forza soverchiante della memoria, la profonda incisività dei traumi infantili, il prezzo della violenza occultata dietro una fragile maschera di felicità, la grettezza e la bassezza umana nascosta dietro le apparenze di una ridente e piccola cittadina.”

“Una storia porta a un’altra, e poi a un’altra ancora.”

Qui infatti non stiamo a raccontarvi della narrazione di It, del fatto che la storia copre un arco narrativo che abbraccia l’infanzia e la maturità di un gruppetto di amici chiamato I Perdenti, delle caratteristiche di ognuno, della balbuzie di Bill, del giuramento di Stan e della paura della paura, degli abusi subiti da Beverly, della Munchausen per procura di Eddie e di bullismo, razzismo e violenza nelle piccole comunità USA anni Cinquanta (ci avete fatto caso che intanto ne stiamo proprio parlando? Grazie, zio Steve, per l’imprinting da letto-scrittori), ma proviamo a proporre un altro livello di lettura. Del clown hanno parlato tutti, della blasfemia di un killer di innocenti e della connivenza degli adulti, per non parlare del fatto che solo su Henry Bowers e compagni si potrebbe fare un trattato sull’evoluzione del bullismo, della viltà e della stupidità del male. Infine, se non fosse bastato il poetico adattamento televisivo degli anni Novanta è arrivato il blockbusterone in due parti degli ultimi anni, a distribuire il terrore lì dove non era mai giunto prima – imparagonabile al libro nonostante alcuni azzeccatissimi jumpscare, ma ehi, cosa lo è? E poi vi leggiamo nella mente: wow, ci voleva The BookAdvisor per spiegarci It. Che volete farci, siamo incoscienti. I Perdenti non hanno forse sconfitto la Mangiatrice di Mondi perché erano convinti di poterlo fare? Questo è il nostro proiettile d’argento.

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