Un libro tra le mani

“Il lamento del Tigri” di Emilienne Malfatto, recensione: Un libro tra le mani

IL LAMENTO DEL TIGRI di Emilienne Malfatto.

Mentre leggi queste pagine hai l’impressione di leggere un libro ambientato in un passato molto remoto, qualcosa che non ci appartiene più, che continua a esistere solo sottoforma di racconto… ed invece siamo ai nostri giorni, in Iraq, in un paesino rurale sulle rive del Tigri, ed è un qualcosa che accade davvero, continuamente.

Continuamente.

Sei una ragazzina, sei innamorata.

Cedi alle richieste del tuo ragazzo e fai l’amore con lui. Una volta. Una volta soltanto (e non è stato neanche bello!).

Lui muore sotto le armi poco dopo, e tu scopri di essere incinta.

Ma sei in Iraq, e quindi hai appena scoperto anche la data della tua morte.

Avverrà per mano di tuo fratello, il primogenito, perché non potrà fare altrimenti, neanche tua madre proverà a difenderti, neanche l’altro tuo fratello, quello “moderno“, quello “contro la tradizione” ma solo nella sua testa…

Il tuo nome sarà cancellato, nessuno dovrà più pronunciarlo, non sarai mai esistita.

“L’onore è più importante della vita. Da noi, è meglio una ragazza morta che una ragazza-madre.”

Un racconto corale, dove ognuno spiega la propria posizione, dove si assiste inermi ad un mondo fatto per gli uomini, dove anche il corpo delle donne é di loro proprietà (dei padri, dei fratelli, dei mariti)… e dove la volontà del singolo non ha alcun valore di fronte ad un regime secolare di dominio maschile.

Il fratello assassino:

“Più tardi ucciderò e penserò di non avere scelta. La sua vita o tutto il nostro onore. Non sono io che ucciderò, ma la strada, il quartiere, la città. Il Paese.”

Il fidanzato:

“Sono morto e la mia morte ne produrrà altre. La donna che ho voluto per il mio piacere. Mio figlio che non nascerà. Il mio godimento è stato la loro punizione. In questo paese di sabbia e di scorpioni, le donne pagano per gli uomini.”

La madre:

“Sono la madre. La donna prematuramente invecchiata, il corpo informe sotto i veli neri, la bocca sdentata per i troppi figli, i capelli sempre nascosti, anche dietro le porte chiuse. Sono una forma vaga e consunta, zoppico come una vecchia e non ho neanche cinquant’anni.

La mia vita è dietro di me e non so più cosa ho vissuto. Ho superato gioie e dolori accettando la mia sorte, ho sposato l’uomo che mi è stato destinato, ho attraversato guerre. A ogni figlio, a ogni guerra, a ogni umiliazione quotidiana in questo mondo fatto per gli uomini, mi sono incurvata un po’ di più, ripiegata sotto i miei veli neri. È tanto tempo che non rido più.”

L’altro fratello:

“Sono l’altro fratello. Quello moderno, moderato. Quello che non ucciderà. Quello che vorrebbe fermare tutto ma che non fermerà l’assassino.

Sono il pavido, quello che disapprova in silenzio. Sono la maggioranza irresoluta, sono l’uomo qualunque scontento di esserlo. Sono il fratello di una sorella che amo e che capisco. Sono il fratello di un fratello che rispetta l’autorità del primogenito. Sono quello che condanna le regole ma non le combatte. Sono il complice per debolezza.”

E poi c’è lei, giovanissima e “impura“, che vorrebbe solo continuare a vivere… ma pagherà col sangue la colpa di aver amato.

(P.s.: c’è anche la voce, maestosa e antica, del Tigri, che scorre da Nord a Sud dell’Iraq ed assiste a tutto, triste testimone dei drammi del Paese e della follia degli uomini.)

Piccolo libro, semplice ma incisivo.

Grande la rabbia, la tristezza e la sensazione d’impotenza.

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“Il lamento del Tigri” di Emilienne Malfatto, Sellerio editore . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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