Un libro tra le mani

“Stanza 411” di Simona Vinci, recensione: Un libro tra le mani.

Entriamo in questa stanza 411, vediamo dove ci porta…

“Se non avessi conosciuto questo amore, e dunque te, sarei più libera, oppure lo sarei meno?
Forse semplicemente continuerei a non sapere niente dell’amore.
E invece, qualcosa la so.
So che passa. So che finisce. Che delude. Illude. Corrode. Che evapora. Che è una pozzanghera d’acqua limpida, e poi sporca. Che è un liquido fatto di umori corporei. Che è cattiveria. Dolcezza. Che credi sia finito e poi torna. Che è indistruttibile. Anche se si sfibra ogni secondo che passa.
So che è imprendibile. E che non si può dire.”

La storia di un amore?
La storia dell’impossibilità di un amore? Del suo ineluttabile destino?
Una storia che è storia di tutti, pur non appartenendoci.
Ma per narrare l’universale bisogna analizzare il particolare, il privato.

La nostra stanza 411

Stanza 411

Abbiamo avuto tutti una stanza 411, una stanza in cui spogliarsi di tutto, in cui avere paura, in cui darsi e ricevere in preda ad una fame cieca, una stanza che poi rimane vuota, ripulita, inconsapevole del nostro passaggio, le cui pareti però hanno visto e sentito tutto, e trattengono all’interno dei loro muri, per sempre, una parte di noi.
Quella parte che il tempo che viviamo si porterà via, perché l’amore è imprendibile, inafferrabile, rimane solo lì, dove non può essere raggiunto.

Pagine scomode, piene di bugie e di verità.
Perché l’amore si traveste, confonde, ti convince di essere altro e poi si reinventa.
Perché amiamo sempre qualcuno che non esiste, “l’altro che tutti aspettiamo da sempre e che non può arrivare”.

“Perché proprio lei – o lui – , quale gesto, sguardo, movimento, quale parola, quale assonanza, eco?
Forse, mi sono innamorata di te perché sono io ad averti inventato.”

Solitamente i libri che parlano d’amore sono definiti “rosa“… questo, ve lo assicuro, è nero, e fa male, irrita, disturba.

Duro e poetico

Con una voce scarnificata, poetica, dura ma anche morbida, una voce intera e poi spezzata, la Vinci attraversa il viaggio sentimentale di una donna che ci prova e fallisce, ma continua a crederci.
E continua a guardarsi nuda nello specchio di quella stanza, anche quando ad attenderla fuori non ci sarà più nessuno, ma ci sono ancora i suoi seni, la sua pancia, le caviglie, le costole, i muscoli, i tendini, tutto il suo corpo così amato e così odiato, in attesa di essere messo in salvo.
Ancora.

È proprio vero che “dei bambini non si sa niente“, ma non si sa granché neanche degli adulti, soprattutto quelli di cui ci innamoriamo.

 

 

 

“Stanza 411” di Simona Vinci, Einaudi editore. Un libro tra le mani.

 

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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