Un libro tra le mani

“La cronologia dell’acqua” di Lidia Yuknavitch, recensione: Un libro tra le mani

“LA CRONOLOGIA DELL’ACQUA di Lidia Yuknavitch è un libro autentico, disarmante, eccessivo, disturbante, poetico, curativo… è tutto questo e molto di più.

Mentre lo leggevo mi è venuta subito in mente questa frase:
“Ho subìto un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere.” (“Il danno” Josephine Hart)

Chi è danneggiato lo sa, sa già che si può sopravvivere a tutto e non ha più nessun freno, nessun limite, nessuna pietà… per se stesso.
Questo sembra succedere a Lidia Yuknavitch durante la sua caotica vita, una vita che sfida ogni regola, ogni paletto, ogni divieto.
Ma lei fa una cosa pazzesca: rigenera il danno, lo trasforma in qualcosa di altro, di alto, dice al mondo che si può fare, si può rinascere.

Lidia si racconta.

Ci racconta di sé in modo selvaggio, crudo e limpido nel suo essere spietatamente sincero, senza nessuna rete di protezione (per noi eh, siamo noi lettori ad averne bisogno), ci trascina lungo un’esistenza di eccessi, di dipendenze, di morte e rinascita, di autodistruzione e sopravvivenza, di degrado e voli altissimi, un’esistenza in cui l’acqua è salvifica, sempre.

 

“Prima che mio padre fosse mio padre era un bambino.

Soltanto un bambino.

Prima di odiarlo, lo amavo.”

Lidia è figlia di un padre violento e incline agli abusi, di una madre zoppa, depressa e alcolizzata che non è in grado di proteggerla, ha una sorella maggiore che scappa via prestissimo.
E lo farà anche lei, grazie all’acqua in cui nuota velocissima e che le consentirà di avere una borsa di studio e andarsene via dalla sua tossica casa.

Ma è tardi, la sua nuova vita porterà con sé tutto quello che gli è successo nel corpo, lei è già immersa nel suo mare d’infelicità.
E quindi… espulsione dal college, tanta droga, tanto alcol, tanto sesso (donne, uomini, tre aborti prima dei vent’anni), tre matrimoni, una gravidanza finita in tragedia, la prigione, i lavori sociali, il dolore fisico come pratica di conforto da una sofferenza interiore che non trova via d’uscita…
Tutto sembra andare a fondo.

Ma Lidia scrive.
E nuota.
E si salva.

E proprio come fiumi in piena, le parti di questa narrazione si succedono, si intersecano, esondano, prendono velocità, rallentano, ci affogano e ci cullano.
Ma si rimane sempre a galla.
Questo non è semplicemente un racconto autobiografico, all’inizio pensi di trovarti di fronte all’elaborazione di una perdita terribile, poi alle prese con un’infanzia difficile, violata, poi ancora di fronte ad una ricerca selvaggia della propria dimensione, ai mille tentativi di esistere per non soccombere.
Questo libro è in realtà “un orgasmo di rabbia“, l’esplorazione narrativa del danno, il rifiuto di qualsiasi etichetta, la dimostrazione che ogni storia passa attraverso il corpo e attraverso il corpo (e la scrittura) si libera dal dolore, creando nuove possibilità.

Ciò che davvero spiazza in questo libro è il suo essere così viscerale, la caduta di ogni inibizione, la capacità di spogliarsi di tutto, anche della propria dignità, per poi rivestirsi di letteratura.

“SE MAI AVETE FATTO CAZZATE NELLA VOSTRA VITA, O SE IL GRANDE FIUME DELLA TRISTEZZA CHE SCORRE IN TUTTI NOI VI HA MAI LAMBITO, QUESTO LIBRO È PER VOI”

Un libro che frantuma e poi guarisce.
Da non perdere.

“La cronologia dell’acqua” di Lidia Yuknavitch, Nottetempo editore . Un libro tra le mani.

 

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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