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“Il secondo piano” di Ritanna Armeni: recensione libro

Da un curioso interesse per la figura delle suore, a una collaborazione per una rivista, fino ad approdare al desiderio forte di raccontare la storia, a molti sconosciuta, del prezioso aiuto che tante suore offrirono, durante la seconda guerra mondiale, agli ebrei perseguitati.

È così che nasce “Il secondo piano”, il romanzo che Ritanna Armeni ha scritto per dare il giusto posto nella Storia alla figura di quelle donne che, a rischio anche della propria vita, hanno protetto numerosi ebrei durante la guerra. Donne che, in nome dell’amore e della carità, affidandosi alla fede, e a un non comune senso pratico, hanno coraggiosamente salvato la vita a tante persone.

Siamo nella periferia di Roma, anno 1944.

In un convento di suore francescane, suor Ignazia e le sue sorelle si trovano a vivere una situazione particolarissima, a tratti assurda. Al secondo piano del loro convento, le monache accolgono alcuni ebrei che sono riusciti a sfuggire al rastrellamento del Ghetto. Al piano terra, invece, si insedia un’infermeria tedesca.

La convivenza non è facile. Il pericolo striscia silenzioso lungo le pareti, l’invadente curiosità del sacrestano Remo si fa sempre più pressante. I momenti di tensione caricano di angoscia le suore le quali, però, mai vacillano, mai si tirano indietro.

Grazie alla preghiera, e a un coraggio tutto femminile, il convento riuscirà a proteggere la vita di persone innocenti tenendo a bada la spavalderia e la crudeltà dei nazisti.

Il convento di suor Ignazia diventa, così, rifugio accogliente, offrendo non solo cibo e letti in cui dormire, ma anche calorosa protezione e disponibilità totale, senza curarsi della differenza di religione. Un luogo di amore e di fede, reso forte e stabile dalla presenza austera ma allo stesso tempo lieve della superiora.

Madre Ignazia appariva quello che era: una pacata combinazione di severità e indulgenza. Di equilibrio interiore sempre in costruzione e, tuttavia, saldo e benevolo.

La vita in città

Gli alleati stanno per giungere a Roma ma i romani non vogliono aspettare, dando vita a una serie di atti di ribellione che costeranno la vita a molte persone. La fame la fa da padrona, i tedeschi sono più agguerriti che mai, gli ebrei e i rivoltosi perseguitati, catturati, uccisi senza pietà.

La maestosità della città eterna era avvolta nell’angoscia, sopraffatta dalla prevaricazione. Roma sembrava rassegnata al sopruso. Silenziosa, impotente.

Questa la descrizione che l’autrice fa della città. Ma, subito dopo, agli occhi di suor Lina appare Castel Sant’Angelo. E lo vede maestoso, fermo nella sua grandezza, indifferente a tutto ciò che avviene intorno a sé. Anche San Pietro, con la sua cupola imponente e solenne, sembra voler rassicurare i suoi fedeli. Non sarà la guerra, né la spietata cattiveria dei tedeschi, a offuscarne la bellezza. Roma è provata, addolorata, affamata. Ma non ha perso il suo splendore.

Affidandosi a una narrazione asciutta e scorrevole che, a volte, mi è apparsa poco coinvolgente ma mai priva di dettagli e di un fascio di luce pronto a illuminare, soprattutto, il coraggio delle suore, Ritanna Armeni ci offre una storia piena di vita, di forza e di grande amore.

Una storia di libertà, di sorellanza, di carità.

Là dove gli uomini hanno ucciso, violentato, conquistato con la forza, le donne hanno protetto, ricostruito, amato e portato alla salvezza.

Ritanna Armeni è giornalista e scrittrice. Ha lavorato a Rinascita, Il Manifesto, l’Unità, Liberazione. Insieme a Giuliano Ferrara ha condotto, per quattro anni, “Otto e mezzo”. Ha pubblicato “Di questo amore non si deve sapere” (2015), “Una donna può tutto” (2018), “Mara. Una donna del Novecento” (2020), “Per strada è la felicità” (2021).

 

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