Libri Illeggibili

Libri misteriosi, alfabeti sconosciuti ed evocazioni di angeli [foto]

Per il terzo appuntamento della nostra rubrica da incubo “i libri illeggibili” parleremo dei libri più enigmatici della storia: quelli che non sono mai stati decifrati. Non sappiamo esattamente cosa trattino, cosa l’autore volesse dirci e che lingua sia quella impiegata per farlo, eppure da secoli, affascinano il mondo intero. Si tratta di manoscritti di cui abbiamo solo informazioni ambigue, poco utili o poco certe, tanto che sempre più spesso divengono oggetto di racconti e leggende, sfruttando l’irresistibile alone di mistero che da secoli li avvolge.

Facendo una rapida ricerca, scoprirete presto che il più rappresentativo di essi è di certo il Manoscritto Voynich definito come “il libro più misterioso del mondo”. Ma in effetti cosa sappiamo di questo manoscritto? Si tratta di un codice illustrato risalente al XV secolo (grazie datazione al radiocarbonio). È stato scritto su pergamena ed in base alle illustrazioni dovrebbe trattare argomenti quali: botanica, astronomia, biologia e farmacologia. 

Manoscritto Voynich (sezione farmacologica)
(2009, Yale University, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

Cosa, invece, non sappiamo di questo oscuro volume? Beh… prima di tutto in che lingua sia stato scritto. L’idioma utilizzato non corrisponde ad alcun sistema linguistico noto, non vi è alcun segno di interpunzione ed anche le immagini delle piante rappresentate sembrano appartenere a vegetali a noi sconosciuti, così come sono enigmatiche le mappe celesti e le strane figure femminili…. il mistero, insomma, non fa che infittirsi. L’unica certezza che si ha, circa il linguaggio, riguarda le frequenti ripetizioni di sillabe, ed è stata osservata la possibilità che venga impiegato un vocabolario limitato e molto basilare. Ciò, però, non è bastato a decifrare il codice, di cui si riconoscono solo tra le 19 e le 28 probabili lettere, che comunque, non hanno alcun legame con gli alfabeti a noi noti. 

Intorno al manoscritto di Voynich, ormai da un secolo, gli studiosi si riuniscono, si confrontano, si scervellano, si spremono le meningi… eppure l’enigma non è ancora stato risolto. Diverse le ipotesi che negli anni hanno trovato più o meno seguito: c’è chi ha parlato di latino camuffato, chi di traslitterazione fonetica del turco antico, chi di ucraino con le vocali rimosse, chi di dialetto estinto con un alfabeto proprio ormai perduto, chi di rumore casuale sotto forma di sillabe, chi di una lingua simile all’hawaiano o di una lingua artificiale, chi ha analizzato ogni singolo carattere con l’ausilio di un microscopio certo di trovare lettere nascoste, chi ha chiamato in causa gli eretici Catari, Leonardo da Vinci, Ildegarda von Bingen, le civiltà perdute, gli alieni, gli Aztechi e praticamente chiunque avesse avuto a che fare con questioni magiche, misteriose o esoteriche. Hanno gettato la spugna anche gli esperti di crittografia della marina statunitense, che con i loro sistemi di decifratura, sono stati in grado di decodificare qualunque testo gli sia stato mai sottoposto… ma non il manoscritto in questione.

Manoscritto Voynich (sezione botanica)
(2009, Yale University, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

D’altronde non é solo la lingua utilizzata a lasciare perplessi gli studiosi, le stesse origini del testo sono assolutamente dubbie. Il manoscritto deve il suo nome a Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari di origini polacche, che lo acquistò dal collegio gesuita di Villa Mondragone, nei pressi di Frascati, nel 1912. L’Ordine aveva bisogno di fondi per restaurare la villa e vendette a Voynich trenta volumi della biblioteca. Tra questi, vi era il famoso manoscritto. Al suo interno, Voynich, rinvenne una lettera del rettore dell’Università di Praga con la quale inviava il libro a Roma perché venisse decifrato. Pare che questi lo avesse ereditato da un amico e che il suo precedente proprietario fosse addirittura l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo. Una delle ipotesi più accreditate negli anni, infatti, riteneva il manoscritto un falso realizzato appositamente da Edward Kelley (noto falsario) per truffare l’imperatore, che, in effetti, lo acquistò per una cifra considerevole. L’dea fu poi scartata grazie alla più precisa datazione d’origine del manoscritto. Nel 2012 dopo un’approfondita ricerca del National Geographic, si iniziò a ritenere il manoscritto, opera del Filarete, a scopo di spionaggio industriale ai danni della Serenissima (alcuni dei disegni nasconderebbero i segreti dei mastri vetrai di Murano, all’epoca gelosamente custoditi). Subito dopo, fu però elaborata una terza ipotesi che considerava Giovanni Fontana l’autore del manoscritto. Fontana fu scienziato e medico quattrocentesco coinvolto in accuse di stregoneria e autore del “Secretum”, un trattato dedicato all’arte mnemonica in cui compaiono testi cifrati. Solo due anni dopo, due ricercatori romani, sostennero, invece, che il manoscritto contenesse indicazioni per praticare cure idroterapiche in determinate condizioni astrali e con l’impiego di determinate erbe. Nel 2019, ancora, dopo una ricerca criticata da numerosi medievalisti, emerse che il manoscritto sarebbe una sorta di enciclopedia illustrata da attribuire a monache domenicane che l’avrebbero realizzata per la regina d’Aragona. La verità è che nessuna di queste ipotesi ha mai trovato conferma ed il manoscritto appare, con il passare del tempo, sempre più criptico ed oscuro.

Al mistero del manoscritto di Voynich, dobbiamo però, certamente riconoscere il merito di aver acceso la fantasia di numerosi scrittori: a partire da Colin Wilson, che ad esso si ispirò per il racconto “Il ritorno dei Lloigor” e per il romanzo “Specie immortale”, fino a Valerio Evangelisti che, nella “Trilogia di Nostradamus” ne fece un testo esoterico, passando per Dan Simmons che richiamò il manoscritto in “Olympos” pur senza mai citarne il nome. E non furono gli unici, anche Michael Cordy (“Il manoscritto di Dio”), Steve Berry (“La tomba di ghiaccio”) e Scarlett Thomas (“PopCo”) si lasceranno ispirare dall’arcano testo. Nel 2012 un giovane sacerdote, sotto lo pseudonimo di Aldo Gritti, scrisse il romanzo “I custodi della biblioteca proibita” in cui accusò proprio Voynich di essere l’artefice di questa elaborata contraffazione, con l’intento di trasmettere messaggi segreti a varie potenze europee… e chi sa che non sia proprio questa la soluzione all’enigma. L’ipotesi, di fatto, non è mai stata del tutto scartata dagli esperti.

Manoscritto Voynich (sezione astronomica)
(2009, Yale University, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

Possibile che nonostante il grande interesse e la bruciante curiosità, l’enigmatico manoscritto con il suo alfabeto sconosciuto, continui a lasciare dietro di sé solo una scia di infruttuosi tentativi di decifrazione? Sembra proprio di sì, e non si tratta di un caso unico nella Storia. Molto simile è infatti la storia del codice Rohonc, per anni, anch’esso, oggetto di studi da parte di linguisti e crittografi.

Ancora una volta siamo di fronte ad un manoscritto dalla storia totalmente ignota. Deve il suo nome alla città ungherese in cui fu trovato nel 1838 e sembra facesse parte della collezione che un conte ungherese donò all’Accademia delle scienze. Immediatamente dopo la sua scoperta, studiosi, paleografi e linguisti si misero a lavoro per cercare di decifrarne i contenuti. Allerta spoiler: non ci riuscirono!

Manoscritto Rohonc
(2011, Klaus Schmeh, CC0 1.0, Wikimedia Commons)

Il codice Rohonc contiene 448 pagine di simboli dal significato sconosciuto, mentre le illustrazioni, sembrano rappresentare passaggi biblici, richiamando sia simboli cristiani che islamici e pagani al contempo. È improbabile che quello utilizzato sia un sistema alfabetico, visto che sono stati riconosciuti quasi 800 caratteri diversi, è possibile, piuttosto, che si tratti di un sillabario che andrebbe letto da destra a sinistra considerato lo spazio lasciato sul margine destro di ogni foglio.

Anche in questo caso, sono state elaborate ipotesi più o meno credibili, ma mai verificabili: sarà scritto in ungherese antico? Si tratta, quindi, di un alfabeto runico? È forse scritto in lingua Daca (l’antica lingua Romena)? oppure in Hindi? Si tratta di un codice cifrato? di una lingua artificiale? o forse di un sistema stenografico? Insomma… ancora tanti dubbi e nessuna conclusione certa.

Manoscritto Rohonc
(2007, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

Nonostante l’ipotesi momentaneamente più accreditata, seppur anch’essa senza prove certe, è quella secondo la quale il manoscritto sia in realtà un falso creato da Sámuel Literáti Nemes (già autore di moltissimi falsi con i quali riuscì ad imbrogliare anche i migliori studiosi del tempo), non sono pochi gli esperti a sostenere che il manoscritto presenti troppa esagerata regolarità per poter essere considerato non originale. Gli studi più recenti ritengono che il codice sia scritto in una lingua artificiale utilizzando un alfabeto in codice, che sia stato scritto intorno al 1593 e che sia una normale opera destinata alla lettura cattolica con parti riguardanti i quattro evangelisti e tutta una lunga narrazione iniziale inerente la passione di Cristo. Ancora una volta, però, siamo di fronte ad ipotesi non verificabili. Ad oggi anche il manoscritto di Rohonc, così come quello di Voynich, è oggetto dei più scrupolosi studi, ma la soluzione per ambedue gli enigmi sembra essere ancora molto lontana.

Tra ipotesi inverosimili, studi inconcludenti, oscuri cifrari, complessi schemi e incomprensibili algoritmi c’è davvero da perderci la testa. Codici del genere possono divenire vere e proprie ossessioni per gli accademici, o almeno così accadde per John Dee quando entrò in possesso del “Libro di Soyga”, un bizzarro grimorio costituito da 36 pagine di lettere dell’alfabeto latino, disposte su 36 righe in 36 colonne, apparentemente senza formare parole di senso compiuto.

Diagramma del Sigillum Dei Aemeth di John Dee
(2008, British Museum, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

Dee, matematico, geografo, alchimista, astrologo e astronomo inglese presso la corte di Elisabetta I, esperto di occultismo, divinazione, materie oscure e filosofia ermetica, accusato più volte di stregoneria, alla fine del 1500 iniziò ad occuparsi di magia e spiritismo con l’obiettivo di penetrare tutti i misteri del cosmo, anche a costo di ricorrere a metodi poco ortodossi. In questa impresa, fu affiancato da un giovane alchimista dalla reputazione discutibile, e a noi già noto come possibile falsario del codice Voynich: Edward Kelley. Questo, si presentò a Dee come un medium in grado di comunicare con entità spirituali invisibili ed in particolare con angeli ed arcangeli.

E cosa chiedere agli angeli se non la soluzione al codice del Soyga? Mediante una seduta spiritica, Dee chiese all’arcangelo Uriel se nel manoscritto ci fosse qualcosa di speciale, e questi rispose, attraverso la voce di Kelley, che il libro era stato donato ad Adamo da alcuni angeli prima della cacciata dall’Eden, ma solo l’Arcangelo Michele aveva il permesso di rivelarne il significato. Dee tentò di mettersi in contatto con Michele, ma senza successo ed in realtà senza neanche troppa convinzione, probabilmente frenato da ciò che Uriel profetizzò: Dee non sarebbe mai riuscito a carpire i segreti del Soyga, poiché era previsto che lui vivesse più di 100 anni, mentre sul manoscritto aleggiava una maledizione, per la quale chiunque lo avesse decifrato sarebbe morto entro due anni e mezzo. 

Dee e Kelly di fronte ad un’apparizione da essi evocata. Illustrazione di Ebenezer Sibly da “Astrology”
(2019, Magenta Green, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

Dopo l’invocazione di Uriel, l’amicizia tra Dee e Kelley giunse al termine. Il testo scomparve per circa due secoli, per poi ricomparire alla British Library, dove è ancora conservato senza essere stato mai del tutto decifrato. L’unica cosa che riuscirono ad ottenere Dee e Kelley dalle loro presunte invocazioni, furono le indicazioni circa una lingua sconosciuta, chiamata da Dee “lingua enochiana”, costituita da un alfabeto di ventuno caratteri che compongono diciannove “chiavi” simili a incantesimi di evocazione dal contenuto misteriosamente apocalittico.

In questo caso, più che il manoscritto, fu lo stesso John Dee ad ispirare scrittori, nonché fumettisti, a partite da H. P. Lovecraft che attribuì a Dee la paternità della traduzione inglese del Necronomicon (un testo di magia nera inventato dallo stesso Lovecraft). Fu anche il protagonista del romanzo “L’angelo della finestra d’Occidente ” di Gustav Meyrink, mentre, nel romanzo di Umberto Eco “Il pendolo di Foucault”, fu al centro di alcuni ipotetici racconti ambientati alla corte della regina Elisabetta I, nei quali gli si attribuivano potenti arti magiche. Ma l’influenza di Dee non sembra essersi mai del tutto esaurita, tanto che fu fonte di ispirazione anche per scrittori come Phil Rickman (“I pilastri di Camelot), Michael Scott (“I segreti di Nicholas Flamel, l’immortale”), Titania Hardie (“Il labirinto della rosa”) e Charlie Fletcher (“Oversight”).

John Dee in un’incisione di F. Cleyn
(2018, Wellcomeimages, CC BY-SA 4.0, Wikimedia Commons)

Nei fumetti di “Martin Mystère” ideati da Alfredo Castelli, a Dee e Kelley sono invece ispirati due personaggi: una coppia di loschi figuri presentati come loro lontani discendenti. Il Dr. John Dee è anche uno degli antagonisti presenti nel fumetto di Neil Gaiman “The Sandman”, nel quale si impossesserà del rubino di Re Sogno, portando morte e disgrazia sull’intero pianeta. Comparirà ancora nel fumetto italiano “Dampyr” e nei fumetti di “Spawn”, come responsabile della nascita del demone sadico e malvagio Violator. 

Ci tocca ammettere, a questo punto, che se l’umana curiosità ci impone di sperare che presto i tre manoscritti vengano decifrati, il piccolo mostro divoratore di libri che vive dentro di noi, spera ci sia da attendere ancora un po’, e che magari, nel frattempo, i misteriosi codici ispirino nuovi viaggi in luoghi tenebrosi, scoperte di testi demoniaci, complessi enigmi, correnti telluriche, potenti magie, terrificanti demoni, splendide incantatrici e oscuri negromanti… insomma, il sogno di ogni amante del genere. E se dovesse avanzarvi del tempo, tra una lettura e l’altra per qualche invocazione, cercate di contattare l’entità giusta per carpire i segreti dei manoscritti e, possibilmente, anche qualche numero vincente.

(2021, Mikhail Nilov, Pexels license)

I libri illeggibili una rubrica a cura di Angela Finelli per The BookAvisor.

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Angela Finelli

Classe 1987. Nata a Napoli, tra i vicoli e l'odore del ragù lasciato a "pappuliare" a fuoco lento già dall'alba. Amante dei libri da sempre, della buona cucina e delle mete insolite. Dipendente dal caffè, dalle risate spontanee e da quella punta di follia che rende la vita imprevedibile. Fiera sostenitrice del potere delle parole e dei sussurri nascosti tra le righe, quelli che lasciano un'impronta nella memoria e i brividi sulla pelle.

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