Leggere con Gusto

“La regola di Santa Croce” di Gabriella Genisi: una giovane detective e una gustosa ricetta salentina

La Puglia è un continente.

 (Raffaele Nigro)

Ventre china cerca riposu.

(pancia piena cerca riposo)

In Italia, a differenza dell’estero, fatta eccezione per l’ispettrice Grazia Nigro creata da Carlo Lucarelli nel lontano 1994, a lungo c’è stato un pesante vuoto nella letteratura gialla e noir di figure femminili appartenenti alle Forze dell’Ordine con un ruolo da protagoniste.

A fare da apripista, ci ha pensato dal 2010 la scrittrice Gabriella Genisi con il personaggio seriale di Lolita Lobosco, indipendente e determinata, vice questore in tacco 12 il cui successo, partito dai libri, è poi passato anche in Rai TV che le ha dedicato una fiction uscita a febbraio 2021.

la regola di santa croce di gabriella genisiMa già nel 2019, la Genisi aveva inventato un ulteriore personaggio femminile forte e positivo, Francesca Lopez, detta Chicca, maresciallo dei Carabinieri, comparsa per la prima volta nel libro “Pizzica amara”, pubblicato da Nero Rizzoli. Una giovane donna testarda e impulsiva e per questo poco amata dai superiori, in giubbotto di pelle, anfibi, coda di cavallo, con un’identità gender fluid.

“La regola di Santa Croce” di Gabriella Genisi

Oggi incontreremo Chicca Lopez mentre percorre il Salento sulla sua amata moto Triumph Bonneville, nella sua seconda e recente avventura narrata nel libro “La regola di Santa Croce” di Gabriella Genisi, pubblicato nel 2021 da Nero Rizzoli. Un Salento che per la scrittrice pugliese è “sentimento e magia”, raccontato con amore ma senza derive apologetiche. Con le sue luci: la poesia (ogni capitolo è introdotto da alcuni versi del poeta salentino Girolami Comi), lo splendido mare, la gustosa e saporita gastronomia; ma anche con le sue ombre: i riti orfici della Taranta, la presenza violenta e i crimini della Sacra Corona Unita.

Dopo un periodo di aspettativa seguito alle vicende di “Pizzica amara”, durante le quali ha rischiato la vita, Chicca Lopez viene trasferita dai superiori – a causa del suo sprezzo del pericolo e del carattere che non ama i compromessi – dalla prima linea del Nucleo Operativo alla Tutela dei Beni Culturali e del Paesaggio. In seguito ad una visita, grazie all’invito dell’amico Carmine, ai restauri della Basilica di Santa Croce, emblema del barocco leccese, Chicca scopre su una facciata interna, tra i putti e i motivi floreali, un’incisione nella pietra con tre nomi e dei numeri. All’inizio il maresciallo pensa si tratti di un atto di vandalismo ma ben presto si troverà ad affrontare un cold case risalente agli anni ’80: tre amici per la pelle – due ragazzi e una ragazza, Eva, bellissima e selvaggia – un patto di sangue. E un pomeriggio assolato durante il quale Eva sparirà.

la regola di santa croce di gabriella genisiChicca Lopez avvierà di sua iniziativa un’indagine affinché Eva non rimanga una delle tante donne svanite nel nulla e spesso uccise a causa di un’errata idea dell’amore che conduce invece all’omicidio. Un’indagine non facile perché il passato, intriso di passioni viscerali, di un’amicizia che sfocia in un’ossessiva gelosia, di tradimenti, spesso non vuole essere rivelato: la verità a volte deve vedersela con la paura. Un’indagine che scaverà nei sentimenti non soltanto della donna scomparsa e dei suoi amici ma anche in quelli del maresciallo Lopez che farà una commovente scoperta sulla sua sofferta storia familiare.

Gabriella Genisi anche questa volta – come ha rivelato in alcune interviste – è partita da un fatto di cronaca per “La regola di Santa Croce” di Gabriella Genisi, un noir scritto con penna sicura che ci racconta un territorio, il Salento, non soltanto attraverso la sua bellezza, la poesia, le leggende, la storia del “Lakku Russu (uno spettacolare giacimento di bauxite) ma anche e soprattutto affrontando tematiche scottanti come i crimini e la selvaggia speculazione edilizia da parte della Sacra Corona Unita.

Leggendo questo noir non vi annoierete: vi sembrerà di essere anche voi in Salento insieme a Chicca Lopez e amerete la forza ma anche la sofferenza e i conflitti interiori di questa giovane donna che cerca con determinazione di imporsi e di far sentire la propria voce in un mondo professionale ancora gestito in gran parte dagli uomini.

E, per ultimo, ma non per importanza, potrete addentrarvi nella gustosa cucina salentina anche grazie alla ricetta che vi consiglio. Fatemi sapere se la proverete, aspetto con curiosità i vostri commenti!

La regola di Santa Croce di Gabriella Genisi, nero Rizzoli, 2021, pagine 248, costo 16,00 euro.

La cucina del Salento

La cucina tipica salentina è povera ma gustosa: pasta, grano, verdure, ortaggi, pesce azzurro e tagli di carne non pregiati, in passato erano i protagonisti delle mense di contadini, pastori e pescatori. La pasta ed il pane erano costituiti da cereali poveri: orzo, farro, segale coi quali venivano impastati. Le verdure e gli ortaggi erano preponderanti, così come i legumi e l’olio extravergine di oliva. Annate di scarso raccolto hanno indotto i salentini ad apprezzare le cosiddette “verdure selvatiche“ le quali, in mancanza d’altro, hanno costituito in molti casi un pasto alternativo o una vera e propria sussistenza. Il pesce e le carni, specie quelle pregiate, erano per le mense dei signori, così come il latte e i formaggi.

La prevalenza di piatti tipici della dieta mediterranea in Salento non deve però far pensare che manchino le specialità di mare o quelle con la carne: anche se costituite da pezzi o specie che non venivano consumati nelle mense più altolocate, spesso hanno costituito una nutriente integrazione calorica per i salentini, abituati alla fatica dei lavori in campagna o a quella della pesca nei due mari che contornano la Penisola Salentina.

Tra le numerose ricette tipiche ricordiamo in particolare: la puccia (una sorta di focaccia tonda riempita), il quataru (una zuppa di pesce), la scurdijata (piatto povero a base di legumi), mentre le ricchie (orecchiette) e i minchiareddhri (un fusillo forato spesso e lungo), insieme alle sagne ‘ncannulate sono i formati di pasta più famosi.

Le sagne ‘ncannulate (ritorte) – delle quali troverete la ricetta – sono un primo piatto che rappresenta una sorta di bandiera culinaria del Salento e non possono mancare nel pranzo della domenica. Sono un tipo di pasta fresca (non sono tagliatelle!) che si ottiene con una sfoglia sottile e piatta. L’impasto, per la cui realizzazione sono necessarie maestria e mano leggera, viene tagliato a listarelle e poi piegato su sé stesso in una forma che ricorda una freccia. Una volta si diceva addirittura che se una donna salentina non le sapeva fare a mano… non si sarebbe sposata! Oggi i tempi sono cambiati e le sagne si possono trovare già pronte nei negozi di pasta fresca, mentre chi non vive nel Salento reperire le confezioni di pasta secca nei negozi di gastronomia più forniti o divertirsi a prepararle in casa.

Sagna ncannulate fatte a mano, cucina tipica salentina

Le sagne ‘incannulate con triglie e olive nere: la ricetta

La ricetta classica della domenica prevede le sagne condite con salsa di pomodoro (in estate con aggiunta di basilico) ma tante sono le varianti nel condimento: con le cozze, con i frutti di mare, con sugo e polpette. La ricetta che invece voglio darvi è delle sagne ‘incannulate con triglie e olive nere: un primo piatto delicato e aromatico a base di pesce, con filetti di triglia, senza pomodoro. Il contrasto con il sapore caratteristico delle olive nere è molto particolare. Utilizzate olive di qualità: se le trovate, usate le Leccine del Salento, altrimenti vanno bene le Taggiasche. Questa pasta può essere un equilibrato piatto unico, seguito da un’insalata fresca, oppure un buon primo di apertura in un menu casalingo a base di pesce.

Ingredienti per 4 persone

Per l’impasto delle sagne:

– 300 g farina; 200 g semola; 180 g acqua; 100 g farina di segale

Per il condimento con triglie e olive nere:

8/10 triglie, 1 scalogno, un po’ di prezzemolo, 10/15 olive nere, olio extravergine di oliva, sale, 50 ml di vino bianco secco, pepe nero da macinare al momento.

Procedimento

Per le Sagne:

Impastate tutti gli ingredienti, stendete la pasta e tagliatela per ricavare delle listarelle sottili, quindi arrotolarle su se stesse per ottenere le sagne.

Per il condimento:

Lavate le triglie (che vi avrete già fatto pulire al momento dell’acquisto) e tagliatele a pezzetti di un paio di centimetri di larghezza, facendo attenzione perché le triglie sono delicate.

Spellate lo scalogno e tritatelo finemente; lavate il prezzemolo e tritate le foglie con la mezzaluna su un tagliere. Snocciolate le olive e tagliatele in 2-3 parti. Mettete in un’ampia padella l’olio e lo scalogno, fate dorare sul fuoco a fiamma media.

Aggiungete i pezzetti di triglia e farli uniformemente colorire. Mescolate e aggiungete il sale e le olive. Unite il vino e farlo evaporare a fiamma vivace per 3-4 minuti. Spegnete il fuoco e coprire.

Lessate la pasta in abbondante acqua salata e, poco prima di scolarla, aggiungete mezzo mestolo di acqua di cottura nella padella del condimento. Riaccendete il fuoco e fate saltare la pasta scolata a fiamma vivace nella padella del condimento per qualche minuto, girando di frequente.

Servite subito, aggiungendo un filo d’olio a crudo, una macinata di pepe e di prezzemolo tritato.

Accompagnate questo primo piatto con un Rosato del Salento. Il vino rosato del Salento ha una tradizione molto antica ed è sempre stato considerato il vino migliore, quello destinato all’aristocrazia, oltre che simbolo della produzione vitivinicola salentina e il primo ad essere commercializzato in Italia.

Leggere con Gusto, la rubrica che parla di libri e cibo. 

Michela Scomazzon Galdi

Michela Scomazzon Galdi, giornalista pubblicista iscritta all’Ordine dei Giornalisti del Lazio, mi occupo da oltre 20 anni di comunicazione e organizzazioni eventi nel settore della cultura. In anni più recenti ho scelto di lavorare “per le donne e con le donne” e aiuto le artiste, in particolare quelle emergenti, a promuovere le loro opere e i loro progetti (libri, mostre d’arte, piccoli festival di cinema ecc.) attraverso il supporto di una comunicazione a colori per contribuire insieme a diffondere bellezza nel mondo. Ho lavorato tanti anni per il Dialogo interculturale, anche attraverso un Festival di cinema e cultura ebraica da me ideato e del quale sono stata Direttrice artistica e organizzativa per 10 anni. Pasionaria, salvata dai libri, leggo, scrivo, fotografo (soprattutto la mia amata Roma), adotto meticci e sperimento ricette di cucina. Le mie parole guida nella professione? Cultura, Bellezza, Donne, Diritti, Colori. Il mio mantra professionale e di vita? Mettici più cuore e meno cervello.

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