Un libro tra le mani

“Storia di mia vita” di Janek Gorczyca, recensione: la voce degli invisibili.

STORIA DI MIA VITA” di Janek Gorczyca

Il racconto della vita per strada direttamente dalla voce di un senzatetto di “stanza” a Roma da più di 30 anni.

Janek Gorczyca è polacco e in Polonia ha lasciato una moglie (con cui non voleva più avere niente a che fare) e un figlio, ripromettendosi di non tornarci mai più. Così è stato.

Oggi ha 62 anni ed una vita da raccontare.

Vita difficile, fatta di lotte continue per ritagliarsi un angolo in cui dormire e costruire una parvenza di quotidianità (edifici occupati, marciapiedi, case di amici), fatta di espedienti, alcol (tanto, troppo), di miseria, di violenza, di galera, di malattia, di corse in ospedale e affetti da proteggere.

Sì perché per strada ci si può anche innamorare, come è successo a lui e Marta, insieme per 25 anni.

In realtà di lei non ci racconta nulla, e di questo mi dispiace molto, avrei voluto sapere di più su di lei, sul come e perché si è ritrovata a vivere per strada, cosa pensava, cosa provava…

Tanti gli amici che hanno condiviso con lui questi anni, molti quelli che non ce l’hanno fatta, schiacciati dal peso dell’ennesima bottiglia scolata.

Per strada si beve per resistere, per addolcire la realtà, spesso per dimenticarla.

Per strada si beve per vivere. E poi si muore perché si beve.

Janek per fortuna ha il lavoro che lo ha sempre tenuto a galla, che gli ha permesso di gestire il suo alcolismo (lui sa di avere una malattia ed ha anche provato a disintossicarsi) con la responsabilità di un mestiere: fa il fabbro, e ogni mattina si alza per andare a guadagnarsi la pagnotta.

Il lavoro e il saper parlare bene la nostra lingua gli hanno permesso di girare tutta Roma, di fare molte conoscenze, di crearsi una rete di amicizie, e questo fa sì che lui non si senta mai veramente solo e abbandonato.

E questo ha fatto sì che la sua storia diventasse un libro, va detto.

Sincero, impietoso, autentico

É un romanzo scritto esattamente nel modo in cui Janek parla, in italiano sì, ma l’italiano imparato per strada, con tutti i suoi errori grammaticali, perché un racconto di questo tipo assume valore e importanza soltanto in relazione alla sua aderenza alla realtà, quindi andava raccontato proprio così, per mantenerne intatta l’autenticità.

Una lingua spudoratamente sincera, impietosa, che non fa sconti a nessuno e meno che mai a se stesso, completamente scevra da ogni forma di vittimismo, una lingua specchio del suo autore, pratica e pragmatica, piena di vigore anche quando deve raccontare il dolore, la sofferenza, i fallimenti.

Però non è un’opera letteraria, questo deve essere detto chiaramente.

É interessante come testimonianza di vita, di sopravvivenza, come cassa di risonanza che dà voce agli “invisibili“, ma non è certo letteratura in senso stretto.

Rico non c’è…

Forse, inconsciamente, ho iniziato a leggere questo libro cercando tra le righe il mio tanto amato “Rico” di Izzo (“Il sole dei morenti”), non fate questo errore…non c’è. Questo non è un romanzo.

Qui c’è molta “azione“, molta “forza maschia” (passatemi il termine), molto “io conosco tutti, io parlo con polizia, io risolvo, io forte come un cavallo, io faccio come voglio, io meno (nel senso di “picchiare”, purtroppo anche la sua amata Marta)…”, ecco, ho trovato un continuo soffermarsi su queste situazioni da “macho” e poco approfondimento delle parti piu sensibili, più emozionali.

Sarà perché la vita per strada indurisce, sarà perché Janek è fatto così…


Vieni a parlare di libri con tutti noi, nel gruppo Facebook The Book Advisor

“Storia di mia vita” di Janek Gorczyca, Sellerio editore . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio