Un libro tra le mani

“Neve, cane, piede” di Claudio Morandini, recensione: Un libro tra le mani.

NEVE, CANE, PIEDE di Claudio Morandini, è un piccolo libro perfetto. Non una parola di troppo, non una di meno in questo breve, ma bellissimo racconto.

 

Aspro.

… come Adelmo Farandola, vecchio montanaro eremita, scorbutico, in odore di misantropia, ma anche di Alzheimer, che ha smesso di lavarsi da anni, che ha quasi dimenticato come si parla, che ha sicuramente dimenticato come si ama, e come si vive.

Duro.

…come le pietre del vallone alpino in cui vive Adelmo. Pietre, pietre e solo pietre attorno a lui, un luogo che respinge la vita, a cui anche la natura ha voltato le spalle.

Pieno di solitudine.

…dove per solitudine s’intende proprio un’assenza totale di contatto con il mondo e la realtà, un rinchiudersi all’interno dei propri pensieri al punto da confonderli, smarrirli, ritrovarli e poi riperderli, fino a non saper più distinguere ciò che è vero da ciò che è solo immaginato.

Fatto di un silenzio rumoroso e assordante.

… perché lassù, d’inverno, la neve parla, scricchiola, ricopre interamente la baita, la inghiotte e la digerisce, le lastre di ghiaccio si schiantano, la natura grida, lo stomaco vuoto gorgoglia, la testa rimugina.
C’è da diventar matti.

Caustico.

… come i dialoghi tra Adelmo e il cane, unico essere vivente che gli si è avvicinato e che ha accettato di avere intorno, e che risveglia in lui antichi ricordi di ciò che potrebbe definirsi “un legame”.
Voce ironica che fa da contraltare all’assoluta mancanza di leggerezza di Adelmo.

Amaro.

…come quelle storie a cui vorresti cambiare il finale, perché hai finito per amarle.

Io, che sono una persona di mare, che vivo sul mare e lo amo smisuratamente, io che non sopporto la neve neanche quando la vedo in televisione, io che non conosco niente della montagna, né la sua voce né il suo linguaggio, ebbene proprio io, che ignoro il concetto di solitudine estrema ed estrema sopravvivenza, mi sono sentita rapita da questa storia… ho sentito freddo, fame, mi sono disgustata e mi sono commossa, ma soprattutto ho percepito l’inquietudine per qualcosa che non sapevo neanche io cosa fosse, ma che sentivo incombere minacciosa.

“In quell’inverno lungo, lì sotto la neve, lungo fino a sfiorare una specie di eternità, nelle giornate immobili che diventano notti senza che lo si sappia, Adelmo Farandola lascia che la veglia e il sonno si confondano.
I personaggi che si intromettono nei suoi sogni finiscono per rimanere accanto a lui anche durante il giorno.”

Cinque anni ho aspettato prima di decidermi a leggere questo romanzo, non fate come me, non rinviate oltre.

 

 

“Neve, cane, piede” di Claudio Morandini, Èxorma edizioni . Un libro tra le mani.

 

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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