Sussurri tra le pagine

“La stanza di Giovanni” di James Baldwin: recensione libro

James Arthur Baldwin, non è certo un autore che necessita di presentazioni. Nato ad Harlem, attivista per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti d’America per tutti gli anni ’60 e ’70, combatté strenuamente contro le discriminazioni sessuali e razziali. “La stanza di Giovanni” fu pubblicato a metà degli anni ’50 e scosse le menti di un ampio pubblico di lettori, con argomenti al tempo tabù come l’omosessualità. 

Murale a James Baldwin (New York) (2022, Kathy Drasky, CC BY 2.0, flickr)

Siamo in Francia. Hella è andata via e Giovanni sta per morire. Lei che doveva essere il porto sicuro, il fondo a cui ancorarsi per restare saldi alla realtà, eppure “nessuno, purtroppo, può inventare i propri ormeggi, gli amanti e gli amici, più di quanto possa inventarsi i genitori.” 

Poi c’è Joy, cancellato dalla mente, perché indegno anche solo di un ricordo, come un’orribile macchia su di un abito candido. I battiti del cuore, i silenzi, i sussurri, i vuoti lasciati dalle parole non dette, tutto cancellato, con un colpo di spugna che lava via il sudiciume. 

James Baldwin (1969, Allan warren, GNU Free Documentation License, Wikimedia Commons)

Osserviamo spesso il mondo dall’esterno, come se il nostro corpo non ci appartenesse, scrutiamo le emozioni, le scandagliamo, passiamo al setaccio parole e sospiri, scopriamo orrori, abomini, scempi. Ma mai dovremmo riconoscerne in noi stessi, mai un essere umano dovrebbe trovarsi nella condizione di dover rifiutare la propria identità a favore di una più comoda, più gradita, più “giusta”. Si può fingere, certo, si può nascondere, eludere, occultare, ma sempre a rischio di smarrire sé stessi, salvo poi ritrovarsi annientati ma identici, all’altro capo del mondo. “Avevo deciso di non lasciare spazio nell’universo per qualcosa che mi faceva vergognare e mi spaventava. Ci riuscii molto bene, non guardando l’universo, non guardando me stesso, rimanendo, in realtà, in costante movimento.” 

Sarà l’incontro con Giovanni a condurre David, fino ad allora ben celato dietro una coltre di immacolata virilità, verso la scoperta di sé stesso. Un’ammissione necessaria che fino ad allora aveva sempre schivato. “Finché non morirò ci saranno momenti, momenti che sembreranno levarsi dalla terra come le streghe di Macbeth, quando mi vedrò davanti il suo viso, quel viso con tutti i suoi cambiamenti, momenti il cui il timbro esatto della sua voce e il suo modo di parlare quasi mi scoppieranno nelle orecchie, quando il suo odore mi penetrerà nelle narici.” 

James Baldwin, Marlon Brando e Charlton Heston alla marcia per i diritti civili di Washington (1963, U.S. National Archives and Records Administration, CC0 Public Domain, Wikimedia Commons)

Così la stanza di Giovanni assumerà le sembianze di un piccolo universo in cui i sentimenti non hanno colpe, in cui ognuno fa le proprie scelte e convive con le proprie paure, senza un giudice o una giuria, senza un verdetto e neppure un delitto. L’amore sarà esattamente così come dovrebbe essere, mai ragione di empietà, piuttosto di gioia, di sorrisi e di vita. Eppure, l’autopsia di questo sentimento ormai in frantumi si presenterà con immagini dolorose e disperate, tra aspettative deluse, sentimenti annullati, parole mai dette, solitudine, disperazione, lacrime, sorrisi affilati come coltelli e morte. “Singhiozzava come se gli si stesse per spezzare il cuore. Ma sentii che era il mio cuore a essersi spezzato.” 

Perché anche David, a suo modo, sta morendo, non gli resta che rievocare ogni attimo per capire quando questo decadimento sia iniziato, quando amare sia diventato troppo e quanto amore avrebbe dovuto tenere nascosto tra le pieghe del cuore per potersi definire ancora tristemente vivo. Ora che la stanza di Giovanni, è ormai vuota, adesso che vi restano solo gli aloni di quell’amore senza dignità e di quei sentimenti sovrapposti, quando sotto la gioia si udiva l’eco delle paure, velate a loro volta dallo stupore. “Tuo padre o il mio, ci avrebbero dovuto dire che non sono stati in molti a morire per amore. Ma milioni di persone sono morte e stanno morendo un’ora dopo l’altra – e nei luoghi più strani – per mancanza d’amore.” 

(2019, Alex Jackman, Unsplash License)

Ma questa non è la storia di Giovanni, di David o di milioni di altri ragazzi di ieri, di oggi o di domani. Questo libro, raccontato in maniera magistrale, con una prosa profonda, scorrevole e seducente, ed una musicalità che ricorda il blues, non è la storia di un’epoca, o dell’omosessualità, non è il racconto del mondo o delle discriminazioni di genere. “La stanza di Giovanni”, un testo scomodo più che trasgressivo, è la storia di un amore, è una favola incastrata nella splendida cornice di Parigi, semplice e magnifica, come ogni sentimento autentico, reso difficile solo dalla limitatezza umana, capace di nutrirsi delle radici di un amore rigurgitandone il disprezzo “Ogni singola parte di me urlava no!, ma il tutto di me disse a bassa voce sì”

E in quella stanza piccola e buia, in cui David trascorrerà pochi mesi, ci vivrà in realtà una vita intera, fatta di dubbi e certezze, di acque torbide e limpidi desideri, separata dal resto del mondo, solo da un uscio, che se solo fosse riuscito a lasciar fuori anche la paura, probabilmente ora non sarebbe a guardia di uno spazio tanto vacuo. Forse Giovanni sarebbe ancora vivo, magari David starebbe ancora vivendo la vita che ognuno merita di vivere, il sesso non sarebbe diventato un vano tentativo di fuga ed un marcio ricettacolo di odio. Con ogni probabilità avremmo voltato l’ultima pagina senza tanta amarezza, avremmo sorriso al trionfo di un amore e avemmo potuto credere in un mondo migliore. 

“Amalo” disse Jacques con veemenza, “amalo e lascia che ti ami. Pensi davvero che ci sia qualcos’altro che conti sotto questo cielo?”

“La stanza di Giovanni” di James Baldwin, edizione Fandango Libri.

Sussurri tra le pagine per The BookAvisor.

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Angela Finelli

Classe 1987. Nata a Napoli, tra i vicoli e l'odore del ragù lasciato a "pappuliare" a fuoco lento già dall'alba. Amante dei libri da sempre, della buona cucina e delle mete insolite. Dipendente dal caffè, dalle risate spontanee e da quella punta di follia che rende la vita imprevedibile. Fiera sostenitrice del potere delle parole e dei sussurri nascosti tra le righe, quelli che lasciano un'impronta nella memoria e i brividi sulla pelle.

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