“Io?” di Peter Flamm: inghiottiti dalla spirale di un delirio post-traumatico

“Io?” di Peter Flamm
(Adelphi edizioni, 143 pagine, Traduzione di Margherita Belardetti)
Mamma mia, che romanzo pazzesco!
Bellissimo e complicato, un romanzo che dice molto più di quanto è scritto, e che, molto probabilmente, neanche ho compreso fino in fondo, ma non importa… mi ha lasciata tramortita, sgomenta, completamente travolta dalla spirale di delirio post-traumatico del protagonista.
Chi? Quale?
Il chirurgo Hans Stern o il fornaio Wilhelm Bettuch?
E chi lo sa…
Ci troviamo di fronte, anzi no, non di fronte, ma DENTRO il racconto di uno shock, nella testa di una persona “danneggiata” dalla guerra, in balia di una narrazione che sfugge a qualsiasi psicologia, che possiede una serratura ma non una chiave.
Eppure quello che ti arriva addosso è potente, spiazzante e significativo.
Non è il solito libro sull’orrore della guerra (qui parliamo della Prima Guerra mondiale), è qualcosa di più.
Immaginate un uomo che torna a casa alla fine della guerra, un uomo convinto di essersi impossessato del passaporto di un altro soldato caduto proprio l’ultimo giorno del conflitto: da quel momento cambia identità, diventa quell’uomo, un medico, vive la sua vita con una moglie, un bambino, una madre, di cui sembra avere deboli ricordi, ma ricorda anche l’altra famiglia, quella in cui era un fornaio con madre e sorella a carico, quella a cui non ha mai fatto ritorno (sono ricordi o solo cose che in qualche modo “conosce”?), in ogni caso tutti sembrano riconoscerlo nelle sue nuove vesti… tutti tranne uno, il cane.
La figura del cane è di sicuro la chiave di tutto, rappresenta la ricerca della verità, colui che sa ciò che il protagonista non riuscirà mai a pronunciare.
Una verità però esiste ed è chiara, ovvero che la guerra “deforma” le identità di chi l’ha vissuta sul campo di battaglia, in trincea; mescola le vite di tutti, proletari e borghesi, in un unico grande inferno, e chi è partito per il fronte nel 1915 non necessariamente sarà la stessa persona tornata nel 1918, a prescindere dal documento presente nella tasca della giacca.
É la guerra che si conficca nella testa, e lì rimane per sempre.
La verità è che per molti uomini “tornare a casa“, tornarci per davvero, è stato impossibile.
[…]”qui giacciono tedeschi e giacciono francesi, niente guerra, qui giacciono esseri umani, non ci sono nemici, non ci sono Stati, non ci sono destini, né differenze, né ufficiali, né ricchi, né operai e gente comune: noi siamo nudi, nudi, noi siamo esseri nudi e mortali.”
É stata una lettura tremendamente coinvolgente e sconvolgente, direi “ipnotica“, onirica e cerebrale allo stesso tempo, capace di disorientare con la sua ambiguità, le metamorfosi, il doppio, le maschere, l’omicidio, la colpa e l’estraneità a se stessi.
Peter Flamm e gli effetti dello “shell shock”
Peter Flamm era lo pseudonimo di Erich Mosse, psichiatra e scrittore berlinese che perse suo fratello Hans a Verdun nel 1916, lui invece non impugnò mai le armi ma pare che visitasse i pazienti affetti da “shell shock” ed è proprio da questa sua esperienza professionale che, probabilmente, nasce questo romanzo tanto bello quanto difficile da decifrare.
Confesso che, senza la nota a fine libro, tante cose non le avrei capite e tante non le ho capite ancora adesso, ma di sicuro ho capito che in casi come questi non serve capire tutto, che forse nessuno ci è riuscito fino in fondo.
É la forza di questo testo, impastato di struggente bellezza, enigma e mistero.
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“Io?” di Peter Flamm, Adelphi edizioni . Un libro tra le mani.