“Caldo” di Victor Jestin, recensione: Un libro tra le mani

CALDO, di Victor Jestin.
Quanto mi piacciono i libri così, fulminei, che t’inchiodano lì e ti mettono addosso un senso d’inquietudine non ben identificato, che persiste anche a libro finito!
Non si tratta di giallo, né thriller, né noir, niente di tutto questo,
Abbiamo un campeggio borghese nelle Landes, con le sue tende, le piazzole, le famiglie, i ragazzi, la spiaggia, la musica, l’animazione…
Abbiamo Léo, un diciassettenne timido e annoiato che non riesce a vivere la vita con la leggerezza propria dei suoi anni, che assiste ad un evento terribile di fronte al quale si paralizzerà (non esattamente per lo shock, più per un’apatia che mi ha fatto pensare al Meursault di Camus) e che gli farà compiere azioni apparentemente insensate, ma che saranno lo specchio del suo disagio esistenziale, del suo volersi nascondere al mondo, sotterrare.
Caos interiore e sensi di colpa
Il lato oscuro di Léo e i divertimenti “imposti” che ruotano intorno a lui nel campeggio iniziano a camminare per mano, creando una dicotomia che destabilizza tanto il protagonista quanto il lettore, dando vita ad una tensione che non si scioglierà fino all’ultima pagina (e neanche dopo).
Ed ecco che quest’atmosfera di forte inquietudine interiore, insieme all’afa presente nel romanzo e a quella reale dei giorni d’Agosto in cui l’ho letto, hanno reso la lettura di questo piccolo libro, intensa e ipnotica.
Per certi aspetti, bruciante.
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“Caldo” di Victor Jestin, e/o edizioni . Un libro tra le mani.