Da bambini ci insegnano che i conflitti si risolvono parlandone e mai ricorrendo alla violenza. “Giochi di mani giochi di villani” ci ripetevano sempre, quasi come se solo la violenza potesse ferire davvero, come se le parole, effimere e leggiadre, liberatesi nell’aria, non portassero con sè valanghe di dolore. Come se ogni singola lettera non avesse il potere di avvinghiarsi all’anima o di affondare i suoi lunghi artigli nella carne nuda. Impariamo a nostre spese, quanto una parola sbagliata abbia il potere di calarci nei piú profondi abissi delle nostre paure, e che, più di ogni altra cosa, sono proprio le parole ad incatenarci ai muri dei ricordi. Subdole. Urticanti. Parole maledette, con il bagaglio di ricordi, odori, sapori, essenze, che trascinano con sè. Piccole perle, sagge, corrette, esemplari. Cattive. Risuonano nella mente… e no… nessuno ce lo dice, che a volte, avrebbe fatto meno male uno schiaffo. “Ormai sa con certezza che le storie non sono innocenti […] C’è qualcosa nelle parole che, di per sé, comporta un rischio, una minaccia, e non è vero che il vento se le porta via facilmente come dicono. Non è vero.” Protagoniste assolute di “Pioggia sottile”, le parole, saranno cause e vittime di una storia familiare non più
complessa di tante altre, e probabilmente é tutta qui la straordinaria riuscita di questo potente romanzo. Luis Landero non racconta tragedie, eventi catastrofici o terribili disgrazie, piuttosto, attraverso una prosa tremendamente arguta e situazioni talvolta grottesche, obbliga il lettore ad una sincera riflessione e ad un’indagine circa il proprio passato, trattando temi spinosi nei quali è difficile non restare impigliati. “E, con la mano sul cuore, Aurora, lascia che ti chieda una cosa: i sogni infiniti, chi li può rifiutare? Non rispondermi però! So fin troppo bene che le domande sono sempre un intralcio.”
Luis Landero apre il vaso di Pandora, ed é allora che vacillano anche le certezze più assolute, portando alla luce dinamiche riconoscibilissime. Mille domande, che riemergendo dai resti putrescenti di un passato ormai sbiadito, si insinuano nella mente del lettore, fino a renderlo vittima dei suoi stessi dubbi. L’autore mette subito in chiaro il primo pilastro della memoria: la ménte mènte. I ricordi mancano totalmente di simmetria, evolvono inevitabilmente attraversando le pieghe della memoria, modellati dalle percezioni soggettive e avvelenati dai rancori, che in un paradosso, si alimentano degli stessi ricordi bugiardi. “Tutti gli episodi dell’infanzia, ragionava, sono quasi sempre una costruzione fatta sulla base di ricordi successivi, con ritocchi, dettagli soppressi o aggiunti, inserti immaginari e perfino onirici, interessi illegittimi e segreti, finché alla fine l’adulto sigilla il racconto definitivo del bambino che è stato, e quell’ultima versione diventa d’un tratto vera, emotivamente vera, come se fosse un’evidenza irrefutabile.” E se non esiste un ricordo collettivo, allora, del passato riemergono, solo i brandelli, perduti nell’oblio e ricostruiti da una falsa memoria: le molteplici facce di una stessa realtà poliedrica. Le voci mendicanti, custodi di tali segreti impostori, sussurreranno, poi, all’unico orecchio che saprà ascoltarle, mentre le bocche chiederanno pietà per liberare il cuore dal peso, o forse perché una storia ha bisogno di essere raccontata per risultare più vera. Tutto, quindi, fluirà in Aurora, una donna-recipiente pronta ad assorbire silenziosamente i racconti propri e quelli altrui, in ogni loro possibile declinazione, fedele confidente di una famiglia acquisita, con un cuore traboccante, di cui nessuno si è mai preoccupato di controllare gli argini. “La cosa peggiore è che gli incubi passati continuano a essere incubi per sempre. Non ci sveglieremo mai per liberarcene”. Si delineano, così, le figure di una madre arida negli affetti e di tre figli vittime di sè stessi, sempre pronti a pesarsi i dolori a vicenda per stilare la classifica di chi ha sofferto di più e di chi non lo ha fatto abbastanza. La giostra della vita che ruota intorno ad un’unica domanda: sono i peccati dei genitori a riversarsi sui figli o sono le frustrazioni dei figli a trovare un alibi nei genitori? I sentimenti, i risentimenti, le paure, i dolori, le ferite, il risultato di un passato che riemerge di continuo e rimanervi attaccati forse è più malattia che necessità. “Perché mettersi adesso a frugare nel passato? Le acque del passato sono sempre torbide e, peggio ancora, intorbidiscono anche quelle del presente”.Probabilmente non sono brava abbastanza a spiegare quante sensazioni ho provato leggendo questo libro: il turbamento, la negazione, il senso di oppressione, il perchè per ben due volte, all’inizio e poi, di nuovo, alla fine, mi ha lasciata senza fiato. Quante porte si sono aperte nella mia mente e quante ancore ne ho sentite sbattere. Vi auguro di leggere questo libro, vi auguro di trovare estranea ogni dinamica mentale che Landero così abilmente descrive, vi auguro di non sentirvi parte di questa storia di menzogne, rabbia e distanze autoimposte, e semmai dovesse accadervi, sappiate che non siete i soli. La ho sentite le parole. Sulla pelle. Nelle ossa. Nei polmoni. Le ho inalate, mi hanno intossicata. Le ho vomitare, ci ho pianto su. Le ho stracciate, ricomposte, distrutte, disarmate, private di ogni mio pensiero. Le ho sentite tutte. E hanno continuato a fare male.
Quasi tutti amano con baci bugiardi. La gente è stupida, e la stupidità non è mai ingenua. E tu? Sei felice?
“Pioggia sottile” di Luis Landero edizione Fazi editore.
Sussurri tra le pagine per The BookAvisor.
Vieni a parlare di libri con tutti noi nel gruppo Facebook The BookAdvisor.