Annullarsi. È forse questo il verbo con cui riassumerei La vegetariana, romanzo della scrittrice premio Nobel per la letteratura 2024 Han Kang. Annullarsi per ribellarsi: alle imposizioni, alle sovrastrutture, alla rigidità, all’incapacità di capire gli altri, all’incapacità di concepire il diverso. Annullarsi per ribellarsi a una società che non ammette voci fuori dal coro, in cui tutto deve esattamente muoversi secondo l’ordine prestabilito, pena l’esclusione dal gruppo, l’emarginazione.
Sono tre i punti di osservazione che offre Han Kang per restituire al lettore alcune modalità con cui la società decifra ciò che ai suoi occhi appare fuori dalla norma: lo sguardo del marito, che fa della moglie un semplice oggetto da riparare nel momento in cui diventa non funzionale a performare secondo il copione istituzionale che le donne devono necessariamente seguire; lo sguardo del cognato, che filtra la realtà con la sua visione fortemente artistico-erotica, alterando, dunque, il significato di ciò che si ritrova davanti a sé; quello della sorella che, benché sia la più vicina a livello emotivo, è forse anche quella che soffre più di tutti l’allontanamento dai ranghi di Yeong-hye, all’interno dei quali, anche inconsapevolmente, cerca di riportare.
La vegetariana è un romanzo decisamente potente e angosciante perché Han Kang, con la sua scrittura vivida e diretta, riesce a tradurre su carta sensazioni, paure, emozioni ma soprattutto la mancanza di emozioni che, probabilmente è forse l’effetto più disturbante della narrazione, affrontando tematiche complesse in maniera delicata e al contempo violenta, come solo una rivoluzione silenziosa può fare.
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“La vegetariana” di Han Kang, edizioni Adelphi. Libri in Pillole.