Libri in pillole

“Con gli occhi chiusi” di Edurne Portela: recensione libro

Ci sono ricordi che non sbiadiscono mai. Sono quei ricordi che rincorrono costantemente il presente per ergervisi davanti, che si appiccicano sulla pelle, sui vestiti, sulle pareti delle case e dei palazzi, sugli alberi e sulle strade, ma soprattutto sugli occhi stanchi di chi ha vissuto tentando di dimenticare, senza riuscirci. Perché ricordare non è sempre una scelta: a volte è l’unica possibilità.

È per questa ragione che Ariadna torna a Pueblo Chico, un piccolo villaggio dell’entroterra spagnolo abitato solo da anziani, ultimi baluardi di una generazione cresciuta in un’epoca apparentemente lontanissima ma che in realtà dista solo qualche decade. Tornare in quel villaggio è quasi un’esigenza per Ariadna, decisa a ricostruire una parte rimasta oscura della vita di suo padre.

Sebbene si presenti come un luogo tranquillo e accogliente, a Pueblo Chico si respira un’aria stanca e rarefatta: si percepisce fin da subito che dietro a quei sentieri, a quelle abitazioni di mattoni e a quei volti logorati dagli anni si celano racconti frammentati di una storia vissuta a metà, perché mica è facile guardare negli occhi la guerra, i suoi orrori, le paure che porta con sé. Ma le cicatrici rimangono, e dimenticare risulta impossibile quando la vita è stata dannatamente dolorosa, costellata da quelle atrocità che marchiano corpi e anime. È la condanna di Pedro, un anziano obbligato a chiudere gli occhi per mantenere viva la memoria di quella realtà che lo ha lacerato, che gli ha strappato l’infanzia e i genitori, insomma, la vita.

“Fin da bambino, quando è cominciato a capitarmi di chiudere gli occhi per molto tempo, ho visto più di quanto abbiano fatto le altre persone. Vedo perfino cosa c’è dietro gli occhi dei morti”.

È un dipinto a tinte scure quello disegnato da Edurne Portela nel romanzo Con gli occhi chiusi, una storia che riporta all’epoca della guerra civile spagnola, vissuta però in un micro contesto dove tutto è amplificato, dove le violenze non sono state mai dimenticate da chi ha convissuto a stretto contatto con il nemico, respirando l’odore della morte, saggiandone il sapore amaro, la ruvida consistenza, rimanendo accecato a vita dal colore rosso porpora del sangue di chi è rimasto risucchiato anzitempo dalla terra.

“La terra tace anche in primavera, stronza di merda che si mangia i vivi e non li restituisce. Mangia chi viene gettato nelle sue viscere, nelle sue cavità profonde, nelle voragini dove la carne marcisce senza che nessuno se ne accorga, a parte i vermi, gli scarafaggi e gli esseri minuscoli, non come quando si lasciano i corpi lì fuori, in superficie, per darli in pasto agli avvoltoi e alle mosche e ai ratti e ai cani e ai gatti perché anche a loro piace mangiare la carne marcia e sguazzare nella merda”.

Con gli occhi chiusi di Edurne Portela è un libro potente, che attraverso un racconto polifonico riporta indietro in un tempo sospeso, dove ricordare, benché faccia male, diventa un atto estremamente necessario, perché solo la memoria può dare sollievo alle sofferenze dei vivi e definitivo riposo a chi fu vittima della violenta e scellerata mano della dittatura.

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“Con gli occhi chiusi” di Edurne Portela, edizioni Voland. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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