CAFÉ ROYAL, l’ultimo libro di Marco Balzano appena pubblicato da Einaudi, soddisfa un’esigenza primaria: quella di spiare la gente. Che sia primaria lo sa bene chi scrive, perché per farlo spessissimo ruba storie. Lo sa bene chi legge, perché nei libri vuole ritrovare se stesso, riconoscersi nei personaggi narrati, anche per differenza.
Via Marghera, Milano
A Milano in Via Marghera il Café Royal non c’è. Marco Balzano lo ha inventato ispirandosi ai tanti bar meneghini, e non solo, crocevia dove fermarsi per bere un caffè, incontrarsi, riposarsi, pensare. Per confidarsi con estranei, perché no, che non essendo legati da vincoli di sangue o fratellanza, inducono maggiormente al dialogo e alle confessioni. O, più semplicemente, per respirare. Qui prima o poi inciampano tutti i protagonisti di questo romanzo corale, diversissimi tra loro ma che inconsapevolmente formano una comunità, accomunati dal fatto di essere affacciati su una soglia, di stare lì in bilico perché in crisi o in attesa di una qualche svolta esistenziale, tutti sull’orlo di un cambiamento.
Una commedia umana
I diciotto racconti di cinque o sei pagine ciascuno compongono così una commedia umana nella quale i personaggi talvolta scappano letteralmente dalle righe del proprio racconto per fare incursione negli altri, e tutti insieme portano in superficie le ferite sottopelle avvertite in quell’anno sospeso che è stato il lockdown, dal suo inizio al “liberi tutti”, e che è il periodo temporale della narrazione.
La pandemia è trattata in modo leggero, fa da sfondo, riconoscendole il ruolo che ha avuto per la vita di noi tutti (tralasciando le situazioni più drammatiche, ovviamente): quello di imporre uno stop forzato che ha dato il La alla riconsiderazione delle proprie vite. E che è pertanto funzionale per questo romanzo. Anche in questo sta la sua genialità.
Si scrive per avere un occhio sulla realtà
Si scrive per avere un occhio sulla realtà. Café Royal soddisfa pienamente questo assioma: lo sguardo di Balzano è attento e curioso, origlia, come un attore si immedesima ed educa il lettore all’immedesimazione, lo fa spiare con lui, senza chiudere il cerchio delle storie narrate, rimanendo anch’egli in sospensione sulla soglia. Insegna altresì a considerare gli altri punti di vista, a rispettare il pensiero altrui e il vivere in un altro modo quello che vivremmo diversamente, senza giudizio alcuno.
Un bar inventato diventa allora concreto perché tutti noi ci siamo seduti ai suoi tavolini, con le nostre storie, i nostri sogni infranti, i nostri slanci verso il futuro.
«Non capisco come sia potuto accadere ciò che sto per confessarti: mi sono innamorata di un altro. L’ho conosciuto un paio di settimane fa in un bar, non ricordo nemmeno quale. Era una giornata orrenda, io e te appena svegli avevamo litigato e il mal di testa mi tormentava più di oggi, così all’una sono uscita dalla banca, non ce la facevo più a restare lì dentro, e mi sono seduta al tavolo di questo Café qualcosa.»
C’è un post scriptum: fino al 2020, e per ben vent’anni, Via Marghera ha ospitato una libreria Mondadori, casa per molti lettori e non solo, con i suoi divanetti. Balzano l’ha omaggiata localizzando il suo Café Royal proprio in quella strada.
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“Café Royal” di Marco Balzano, Einaudi editore. A Garamond Type.