Un libro tra le mani

“Cantico dell’abisso” di Ariase Barretta, recensione: Un libro tra le mani.

CANTICO DELL’ABISSO è una storia emotivamente scomoda e terribile. A  tratti insostenibile.

                 Tremendamente autentica.

Cantico dell’abisso

Come può essere tremenda la storia di due bambini nati in una famiglia sbagliata fin dall’inizio, formatasi su presupposti indegni, ragazzini cresciuti nella privazione affettiva da una parte (una madre indifferente e disinteressata quando non cattiva) e nell’abuso dall’altra (un padre…un padre???), ma ostinati a cercare del buono in questa vita deviata che è toccato loro di vivere, e a fare finta che andasse sempre tutto bene.

Perché alla fine “l’importante è non vedere, quella è la chiave di tutto. Quando non vedi ti basta immaginare e ogni cosa si risolve”.

È Davide che ci parla, il fratello maggiore, ci racconta dell’estate dei suoi tredici anni, negli anni ’80, un’estate cruciale per la sua esistenza e per quella di Mauro, suo fratello, di tre anni più piccolo.
Davide che adora Madonna e Cindy Lauper, che ascolta nel suo walkman le cassette registrate dalla radio (lo facevo anch’io!), che piange guardando Candy Candy e Mimì Ayuhara e vomita dopo “Profondo rosso” di Dario Argento.

Davide che balla sculettando quando nessuno lo vede, che si trucca le labbra e gli occhi con i pennarelli a spirito, che non ha voglia di studiare e stacca gli adesivi del cubo di Rubik.
Davide e i suoi “Cioè” proibiti, il TV Sorrisi e Canzoni, il Postalmarket della mamma e le canzoni stonate in Chiesa…”tu sei la mia vita, altro io non ho…”(Symbolum 77 è toccato anche a me!)
Davide che non sopporta l’intelligenza superiore del fratellino, ma non può stare senza di lui.

Cantico dell’abisso

Davide che adora suo padre, lo ama visceralmente e morbosamente di quell’amore che sarebbe dovuto appartenere a sua madre, a una moglie, i cui confini dovrebbero essere tracciati dall’adulto, e non si rende conto di amare un mostro, scambiando per affetto gli effetti della perversione di un uomo malato.
Davide che, in tutto questo, assiste al disagio, allo strazio di suo fratello e non lo comprende.
Non si capacita del perché Mauro non voglia suo padre come lo vuole lui, ne è perfino geloso…
Davide che vivrà tutta la vita schiacciato dal senso di colpa.

Eravamo due bambini molto coraggiosi, fratello mio.
Perché all’angoscia che ci tormentava rispondevamo con il silenzio, affinché il nostro dolore non si alimentasse di se stesso riproducendosi all’infinito.
E cosa avrei dato, in certi momenti, per restituirti quegli spazi, quei luoghi in cui avremmo potuto essere felici…”

È difficile trovare le parole per esprimere cosa si prova leggendo questo libro.
Quando ti rendi conto di quello che sta per succedere è già troppo tardi, ci sei dentro fino al collo, hai già il battito accelerato e il cuore a pezzi.

È bellissimo nella sua atrocità, nel suo essere spietatamente lucido.

Barretta è riuscito a raccontarci una storia brutale e scandalosa, mitigata dall’immaginario adolescenziale tipico degli anni ’80, lasciandoci atterriti dalla resistenza psicologica di questi due ragazzi, descrivendoci con un realismo crudo e struggente la violenza in una famiglia disturbata, violenza che assume molte forme… sessuale, fisica, psicologica, verbale, violenza che si nutre del potere di alcuni, delle debolezze di altri, dell’umiliazione, del ricatto, della vergogna, e soprattutto dell’innocenza.

Cantico dell’abisso

Qualcuno si salva e prende consapevolezza della propria identità sessuale, qualcuno invece… cade nell’abisso.

Bellissimo, si è capito?

 

“Cantico dell’abisso” di Ariase Barretta, Arkadia editore. Un libro tra le mani.

 

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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