TBA Young 06 - 10 anni

“La scatola dei ricordi di Wilbur” di Alyson McClymont: recensione libro

Ho una grande fiducia in un seme. Convincimi che hai un seme, e sono pronto ad aspettarmi meraviglie. Thoreau ha sempre una buona parola per tutto, una specie di spiegazione alla quale possiamo credere o no. A me piace questa idea di seme da ctivare e in cui sperare mi regala sempre un senso di pace, qualcosa che mi permette in qualche modo di sopravvivere a sto mondo infame.

Si, ho l’animo cioraniano durante e dopo le feste, circa 365 giorni l’anno. Però sono una che spera, che in qualche modo ha una sua fede in qualcosa e quel qualcosa sono i semi nascosti nelle persone.

Domenica sono stata invitata a fare una lettura e un laboratorio a tema Natale, ma come al solito rosico quando mi impongono le cose e allora l’ho ribaltata a modo mio. C’è una specie di buco nero geografico, un luogo che risucchia: Valle Martella. È la periferia di Zagarolo ma ci si arriva prendendo via prenestina e allontanandosi dai paesi. Quindi è a metà fra la periferia romana e i nostri borghi – paesi – cittadine. Tutti si rimollano le responsabilità e alla fine sto posto sprofonda tra l’avanzare dei luoghi tossici e l’inefficienza di qualsiasi cosa. La chiesa vuole mantenere l’egemonia e le associazioni sono lì che sgomitano per togliere più catene possibili. Una ne levi e due te ne mettono.

Dopo questa presentazione di questo luogo ameno ma decisamente umano, vi dico che sono andata lì pronta a leggere.

La scatola dei ricordi di Wilbur. Sono sibito usciti fuori i commenti del “è maschio/femmina” e allora ho tentato in primis di smontare questa convinzione becera che si è femmina solo perché si hanno le ciglia lunghe o perché c’è del rosa. E questi bambini sono entrati in crisi tranne due che subito “siamo tutti liberi di truccarci, se tu non ti trucchi non significa che sei maschio”.

Finita la lettura che puntava a dare importanza alla coltivazione del ricordo nella testa e non tanto alla presenza di un oggetto, con i bambini sopravvissuti a questo affronto fatto da una forestiera, abbiamo preso un bicchierino di carta composta ile, messo del terriccio e messo un seme.

“Se anche non esce la fogliolina, non mollate. Non sempre è il momento giusto. Prendete un altro bicchiere e un altro semino e riprovate”.

Con i genitori e i bambini, invece, ho chiesto di essere coraggiosi e di mettere su carta uno dei loro ricordi più belli. Tutto anonimo, tutto chiuso. Non c’è mai una foto in cui vengo bene, occhi chiusi, bocca aperta pose strane. Poco importa. Il punto è che Wilbur possiamo raccontarlo e spiegarlo ai nostri pulcini ma prima di tutto, signori miei, dobbiamo spiegarlo a noi stessi.

Siamo disposti a lasciare andare le forme materiali dei nostri ricordi?

Ylenia Del Giudice

Classe '89, romana. Libraia per vocazione, leggo scrivo leggo ancora e parlo di libroterapia

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