Un libro tra le mani

“Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” di Eric-Emmanuel Schmitt, recensione: Un libro tra le mani.

MONSIEUR IBRAHIM E I FIORI DEL CORANO di Eric-Emmanuel Schmitt (Edizioni E/O / 111 pagine)

Parigi anni ’50.
Momo è un ragazzino ebreo (con una situazione familiare problematica, abbandonato dalla madre, trascurato dal padre)
Monsieur Ibrahim è un anziano droghiere arabo (musulmano sufi, saggio e arguto).

Con questi 3 ingredienti e pochissime pagine Schmitt riesce a dare vita ad un racconto come solo lui sa fare: delizioso, capace, nella sua semplicità di linguaggio, di veicolare argomenti tostissimi… come la convivenza tra differenti culture, l’integrazione religiosa, l’amicizia, l’abbandono, la morte.

«Bah, cosa vuol dire per te essere ebreo, Momo?».
«Non lo so. Per mio padre significa stare depresso tutto il giorno. Per me… è solo una cosa che m’impedisce di essere qualcos’altro».

C’è una parte, per me la più bella, in cui Monsieur Ibrahim insegna a Momo a sorridere, facendogli scoprire il grande potere di un piccolissimo gesto.
Il sorriso non è roba da ricchi, per gente felice, come pensava, al contrario… è proprio il sorriso che porta la felicità.

“Monsieur Ibrahim mi ha dotato dell’arma assoluta. Mitraglio il mondo intero con il mio sorriso.
Nessuno mi tratta più come una merda.”

Momo, il sorriso e la tolleranza

E insieme al sorriso Momo impara cosa sia la tolleranza e l’importanza di una spiritualità non condizionata dalle Chiese, non strumentalizzata… la religione come una danza: girare, girare, girare su se stessi per spazzare via i pensieri negativi.
È forte il concetto di religiosità trasversale, interiore, in contrapposizione ad una religione che è solo schieramento e appartenenza.

«Papà, tu credi in Dio?».
«No, non sono mai riuscito a credere in Dio».
«Mai riuscito? Perché, bisogna sforzarsi?».
Guardò la penombra dell’appartamento intorno a lui.
«Per credere che tutto ciò abbia un senso? Sì. Bisogna sforzarsi, e molto».

Ho letto anche altri libri di questo autore (I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto, Oscar e la Dama in rosa, Piccoli crimini coniugali) e ancora non riesco a capire come faccia Schmitt ad essere così “semplice”, così lineare, così leggero (anche quando è duro) senza mai risultare banale o superficiale.
Dietro ogni parola lieve si percepisce il rimando a qualcosa di serio, spesso anche tragico, senza però diventare mai triste.
Non è da tutti.

 

“Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” di Eric-Emmanuel Schmitt, Edizioni E/O. Un libro tra le mani.

 

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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