Un libro tra le mani

“Bambini nel tempo” di Ricardo Menéndez Salmón, recensione: Un libro tra le mani

“BAMBINI NEL TEMPO è stata una lettura speciale.
Ricardo Menéndez Salmón… che scrittura, che poesia, che cultura!!!
Una prosa che incanta nel suo essere poeticamente essenziale, magnetica, dove il dolore si fa parola, il silenzio assorda e la solitudine diventa palpabile.

Bambini nel tempo e infanzie interrotte 

Il titolo riporta ad altri “bambini nel tempo“, quelli di McEwan, e benché siano due letture molto diverse tra loro, per storia, stile e scrittura, hanno in comune il “dolore“, quello lacerante, insopportabile e schiacciante della perdita di un figlio piccolo: “…un’assenza bianca e assurda, il rumore di fondo insopportabile di un mondo svuotato.”
Ferita, cicatrice e pelle…sono le tre parti del romanzo, apparentemente slegate, in realtà sono fasi, momenti di un’unica storia, di un unico percorso di ricostruzione e rinascita.
Si passa da un’infanzia bruscamente interrotta, ad una mai svelata, per arrivare a quella ancora da vivere.

“L’infanzia dura poco, ma dura per sempre”

Elena e Antares

Bambini nel tempo
Bambini nel tempo

Elena e Antares, dopo 15 anni insieme, si trovano a dover superare l’insuperabile, perché la morte del loro bambino, piccolo, indifeso, innocente, con tutto il suo futuro sconosciuto ancora da vivere, non è tollerabile e, per quanto si cerchi di rimanere ancorati al mondo e alla vita di sempre, la quotidianità perde ogni significato, la mente inizia a cedere alla disperazione e alla follia, e restare insieme, uniti nel silenzio di una casa improvvisamente amputata, diventa sempre più difficile.
Per Elena, impossibile.

“C’era una nuova solitudine dentro la solitudine del dolore. Entrambi piangevano il loro figlio separatamente, come toraci senza testa.
In silenzio si lavavano i denti, in silenzio si spogliano e si coricavano, in silenzio, ciascuno voltato dalla sua parte del letto, prendevano sonno svuotati e intimiditi, come sposi novelli che rimandano notte dopo notte l’atto di perdere la verginità.
Per fortuna non sognavano.”

Bambini nel tempo
Bambini nel tempo

Antares ha la scrittura con cui tenersi a galla (ed Elena lo odierà anche per questo), e come reazione all’infanzia negata di suo figlio, decide di donare, nero su bianco, un’infanzia al Bambino per eccellenza, quell’infanzia di cui nessuno ci ha mai raccontato…
Com’era Gesù da bambino? Quale sarà stata la sua prima parola? Il suo primo gioco? La prima paura? Il primo amore? Il primo dolore?
Un’infanzia qualunque, bambino come tutti i bambini…
Non poteva fargli un dono più grande.

Riconoscersi nel dolore

Scrittura come cura, come medicina, come salvezza.
Ma il dolore, i ricordi, le parole, sono sempre lì, conficcate nella carne anche a distanza di 30 anni, sopravvissuti ad ogni fuga, ad ogni trasloco, capaci di riconoscerlo anche sotto falso nome.
Eppure tutta questa sofferenza troverà pace nell’incontro con un’altra vita contenente vita, che saprà riconoscerlo e riconoscersi nella sua inquietudine.
E il cerchio si chiuderà.
E Antares tornerà ad essere se stesso, per sempre.

P.s.: se tutto il libro avesse avuto il tenore della prima parte (La ferita), ora non sarei qui a parlarvene, mi sarei sbriciolata…

“Bambini nel tempo” di Ricardo Menéndez Salmón, Marcos y Marcos . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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