Indimenticati

“Non tutti i bastardi sono di Vienna” di Andrea Molesini (Sellerio, 2010)

Tempo di Campiello outsider, tempo di ricordi.

Correva l’anno 2011, la pandemia era ancora lontana, l’Italia si avvicina al saluto finale a Berlusconi per accogliere Monti, il fate presto sarebbe di lì a breve apparso sulla prima pagina del Sole24ore. Una Caporetto, diceva qualcuno: località diventata simbolo, diventata sintesi, diventata “parola autonoma” di grande e immediato significato.

In quei mesi, nella consueta eleganza della pubblicazione Sellerio, Andrea Molesini dava alle stampe “Non tutti i bastardi sono di Vienna“, opera vincitrice – appunto – quell’anno del Campiello. E opera che – appunto, bis – partiva e parlava di quella Caporetto originale che aveva dato il via, poi, alla ridenominazione collettiva di ogni sciagura nazionale e non. Romanzo storico, nel vero e pieno senso del termine, nuovamente passato di moda dopo un flebile revival qualche anno fa, ambientato durante l’occupazione austroungarica-tedesca del Veneto dopo – appunto, e tre – la disfatta di Caporetto. “Le vittorie hanno ben poco da dire, è la sconfitta che insegna“: la citazione, riportata dalla voce su carta di uno dei protagonisti, è di per sè la sintesi del messaggio e del taglio morale che Molesini, scrittore adulto (già ai tempi), sconosciuto al grande pubblico (e specializzato altrove, tra i ragazzi/e) ma già bravo nel sapergli parlare, vuole dare con la sua opera. Che sono guai, in poche parole, se si dimenticano le mazzate prese.

La storia copre un arco temporale breve ma intenso, dal novembre del 1917 all’ottobre del 1918, e lo spazio è anch’esso ridotto ma denso: la riva del Piave, sintetizzata nel paesino di Refrontolo. Narrazione cruda, grondante sangue: fame nera, umiliazioni, morte, disperazione, requisizioni, stupri, saccheggi, violenza. Se la Storia è maestra, nella realtà come nel romanzo, la severità appare un eufemismo: il piano narrativo è molto più alto e cattivo. La storia ce la racconta un diciassettenne, in prima persona: Paolo, orfano di genitori e residente nella villa di famiglia (Spada) insieme ai nonni, casa che diventa il centro delle vicende e di quel “piccolo” mondo narrato. Una famiglia altolocata e splendente nel tempo che fu, con servitù e un focolare dove girano tutti: contadini, politici, preti e, ovviamente, occupanti stranieri. E, in mezzo a tutto ciò, le incongruenze e i sotterfugi tipici di una famiglia italiana, di ieri e di oggi, che diventano storia di una nazione: una nazione sospesa tra inganni e piede in due scarpe, esterofilia e orgoglio locale, fame e dignità, fango e oro.

Ci troviamo periodicamente a ricercare romanzi che sappiano raccontarci il paese, cercando nella sfera privata di un racconto la sintesi di un popolo. A volte questi romanzi li incrociamo, ma tematiche strettamente settoriali (come quelle storiche, qui) ci fanno allontanare dopo la fascinazione contestuale iniziale. È un peccato, perchè perdiamo le tracce delle cose buone e ci avviciniamo invece, per fascinazioni diverse, a prodotti letterari minori: ma tant’è, se non tutti i bastardi sono di Vienna figurasi se ci permettiamo generalizzazioni altrove.

Molesini è stato bravo, il romanzo scivola via egregiamente ma senza quella velocità che contraddistingue “il facile”: ci sono passaggi piacevolmente complessi, dove è giusto fermarsi un attimo di più e capire, contestualizzare, collegare. Un romanzo che può ridare al lettore il piacere della lettura priva di quel “stacco-la-testa-e-mi-butto-sul-divano-a-leggere” troppe volte ricercata.

Il sito web dell’autore: https://www.andreamolesini.it/

la scheda del libro sul sito Sellerio: https://sellerio.it/it/catalogo/Non-Tutti-Bastardi-Sono-Vienna/Molesini/945

Ernesto Valerio

Ernesto Valerio, nato in Abruzzo (Lanciano) nel 1983, risiede a Mantova. Laureato in Sociologia, lavora da sempre come consulente commerciale, anche nel campo editoriale. Collabora con diverse realtà editoriali italiane nella redazione di opere narrative, per lo più "riscoperte". Leggere è la sua prima passione e unico vero vizio.

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