Libri censurati

Cenni storici sui libri censurati e gli autori proibiti

Buongiorno a tutti, iniziamo oggi la nuova rubrica sui libri indesiderati, quelli bannati e messi alla berlina nel corso dei secoli in diversi Paesi del mondo e per differenti motivi, quasi sempre però legati al mantenimento di uno status quo a livello politico/sociale/religioso.

Diciamo spesso che la parola è uno strumento prezioso e potente per trasmette un messaggio, un’idea, un pensiero e la parola scritta lo è ancora di più. I libri sono in grado di trasmettere il loro messaggio per tantissimo tempo e toccando diverse persone, strati sociali, luoghi… sono insomma un’arma in grado di “infettare” le menti di quanti li leggono ed ecco perché da sempre chi voleva fermare le idee rivoluzionarie di qualcuno, fermava le sue parole cercando così di impedirne la diffusione.

Nella storia del genere umano, le religioni hanno spesso manifestato la loro insofferenza per la circolazione autonoma delle idee e dei libri che le contengono. In particolare la Chiesa cattolica si è distinta per secoli per un duplice rapporto di amore-odio nei confronti dei libri.

Nei secoli bui del Medio Evo, i monaci delle abbazie si incaricarono delle conservazione di migliaia di volumi e li riproducevano, in un’età in cui la stampa non esisteva ancora, ricopiandoli a mano. Per contro, chiusi nelle biblioteche delle abbazie, difficilmente questi libri potevano essere consultati se non dagli stessi monaci e dalle persone che godevano della loro fiducia.

Il primo atto ufficiale nei confronti della circolazione dei libri, nella storia della Chiesa, fu il decreto di Papa Gelasio I (496 circa) che conteneva una lista di libri, ripartita tra libri raccomandati e libri proibiti. Tuttavia, per il primo indice ufficiale bisognerà attendere più di mille anni l’ascesa al soglio pontificio di Papa Paolo III (1534-1549) e l’Inquisizione Romana.

Quest’ ultima fu istituita inizialmente per combattere il protestantesimo e, in un periodo in cui la Spagna dominava quasi interamente l’Italia del nord, per controbilanciare l’eccessiva severità della Inquisizione spagnola resa tristemente famosa da Tommaso de Torquemada (1483) primo grande inquisitore nonché padre domenicano, il quale mandò al rogo non meno di duemila persone.

Durante il papato di Paolo III, un ambizioso prelato di origine toscana Giovanni Della Casa (1503-1556), autore tra l’altro del celebre Galateo (1553), viene nominato vescovo di Benevento e gli viene affidata la nunziatura pontificia di Venezia. Per cinque anni il Della Casa, che aspira alla porpora cardinalizia, s’adopera in attività inquisitoriali nonostante queste siano in netto contrasto con l’autorità giuridica veneziana, tradizionalmente indipendente in termini di costume e di giustizia. In particolare usa ogni mezzo per portare sul banco degli imputati il vescovo di Capodistra, Pier Paolo Vergerio, che accusa di eresia e coinvolge in un estenuante processo.

Nel frattempo il Della Casa intraprende altre iniziative come la prima proposta di redazione dell’Index librorum prohibitorum. Pubblicato a Venezia nel 1549, questa proposta includeva Il beneficio di Cristo e L’alfabeto cristiano di Juan de Valdés. L’Indice, tuttavia, offre il fianco a una controffensiva del vescovo di Capodistria il quale rimprovera al Della Casa di aver fatto parte, nei suoi trascorsi di gioventù, dell’Accademia dei Vignaiuoli (un gruppo letterario romano che praticava l’allusività oscena).

Nonostante il Della Casa riuscisse alla fine a spuntarla sul Vergerio e a farlo condannare questi si sottrasse alla sentenza, riparando in Svizzera.

Inoltre, alla morte di Paolo III, Giovanni Della Casa perse la protezione dei Farnese e con essa la nunziatura di Venezia. Papa Giulio III (1550-1555), un moderato di impostazione rinascimentale, limitò ulteriormente la giurisdizione del tribunale dell’Inquisizione ai soli fatti che avvenivano all’interno dei confini della Penisola.

Così la prima edizione ufficiale dell’Index librorum prohibitorum fu pubblicata soltanto nel 1559 dalla Santa Congregazione dell’Inquisizione Romana, sotto il papato di Gian Pietro Carafa, ovvero Paolo IV, un papa spietato e sanguinario a cui si deve, tra l’altro, l’istituzione del ghetto ebraico di Roma.

All’interno dell’indice possiamo trovare il Decameron di Giovanni Boccaccio e il Il Principe di Niccolò Machiavelli, ma non mancava neppure Il Novellino di Masuccio Salernitano.

Nel corso dei quattro secoli della sua storia fu aggiornato venti volte per impedire la contaminazione della fede e la corruzione della morale attraverso la lettura di libri teologicamente sbagliati o immorali. Esso conteneva quindi l’elenco dei libri considerati pericolosi dall’autorità ecclesiastica per la fede e la morale dei cattolici.

Fino a tutto il 1966, la legge canonica ha prescritto che ci fossero due forme di controllo sulla letteratura: la censura preventiva sui libri scritti da cattolici in tema di morale e/o di fede, il proverbiale «imprimatur» tuttora in vigore ai giorni nostri, e la condanna di libri giudicati offensivi contro i quali sia chiesto l’intervento dell’autorità ecclesiastica l’Index, appunto, la cui ultima edizione, la ventesima, fu redatta nel 1948.

In essa vi comparivano Balzac, Berkeley, Cartesio, D’Alembert, Darwin, Defoe, Diderot, Dumas (entrambi), Flaubert, Heine, Hobbes, Hugo, Hume, Kant, Lessing, Locke, Malebranche, Stuart Mill, Montaigne, Montesquieu, Pascal, Proudhon, Rousseau, George Sand, Spinoza, Stendhal, Sterne, Voltaire, Zola. E tra gli italiani Aretino, Beccaria, Bruno, Benedetto Croce, D’Annunzio, Fogazzaro, Foscolo, Gentile, Giannone, Gioberti, Guicciardini, Leopardi, Marini, Minghetti, Monti, Ada Negri, Rosmini, Sacchetti, Sarpi, Savonarola, Settembrini, Tommaseo, Pietro Verri e anche il Teatro comico fiorentino; inoltre era all’Indice qualsiasi volume non autorizzato che trattasse di storia della massoneria o dell’Inquisizione e le versioni non cattoliche del Nuovo Testamento. Nel decennio successivo furono aggiunti tra gli altri Simone de Beauvoir, Gide, Sartre, Malaparte e Moravia.

Nel 1908 Pio X, nel corso della riorganizzazione della curia, tracciò una riga sulla parola «inquisizione» e da quel momento la congregazione incaricata di mantenere la purezza della fede cattolica si chiamò «Sant’Uffizio».

Anche le competenze della congregazione preposta all’elaborazione e all’aggiornamento del libri proibiti furono trasferite nel 1917 al Sant’Uffizio, nuovamente rinominato nel 1965 da Papa Paolo VI «Congregazione per la Dottrina della Fede», il cui obiettivo primario è (tutt’ora) di promuovere l’ortodossia cattolica e di difendere i diritti di tutti coloro i quali siano accusati di venir meno a tal riguardo.

Nel 1966 l’Index librorum prohibitorum fu infine definitivamente soppresso.

Alla prossima settimana per scoprire altri libri proibiti… diversi dei quali probabilmente sono nelle nostre librerie.

Libri Censurati, una rubrica a cura di Donatella Maina Gioia su The BookAdvisor.

Redazione

Redazione della pagina web www.thebookadvisor.it

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